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CACCIA

Fa bene, ché ti trovi bene, se fai male, avrai male 

C’era una volta una buona signora, la quale ogni settimana preparava del pane per i monaci del convento che si elevava a qualche miglio dal paese. Questo uso durava da parecchio tempo, ed i monaci ormai sicuri di trovare presso la loro benefattrice la quantità di pane che loro bisognava, si dispensavano dall'andare alla questua presso le altre famiglie, ed erano divenuti dei veri poltroni gaudenti.

Di questo si addolorò la benefattrice, la quale per liberarsi da tale seccatura ebbe un'idea diabolica: decise d'avvelenare il pane, per fare che quei petulanti non la seccassero più. Così fece.

I monaci andarono a ritirare le pagnotte usuali, e come il solito ringraziarono sentitamente la caritatevole donna. Siccome rimaneva una certa quantità di pane della settimana precedente, vollero consumare prima quello, e conservarono il fresco.

Avvenne che il figlio della detta signora un giorno cacciando fu colto da una tempesta, e a mala pena poté riparare nel convento. I monaci conoscendolo per figlio della loro benefattrice, si affaccendarono ad asciugargli gli abiti, a ristorarlo, e gli prepararono un pranzetto; per riguardo a lui vollero dargli il pane meno stantio che era appunto quello che loro aveva regalato la madre, mentre loro mangiarono il pane duro.

Il giovane lo mangiò molto volentieri essendo roba sua, ma sul più bello sentì dei disturbi alla pancia e dopo dei dolori atroci; i poveri monaci cercarono di lenire i suoi tormenti, corsero a chiamare il medico, il quale disse che si trattava di avvelenamento. Usò tutti i rimedi che la scienza gli consigliava, ma fu inutile, perché poche ore dopo il povero giovane morì fra indicibili strazi. I monaci fecero esaminare il pane che lo sventurato giovane aveva mangiato, e si trovò che era avvelenato. Allora capirono l'inganno, e ringraziarono Dio, che li aveva preservati da sicura morte. La donna, che in un momento di strana esaltazione aveva pensato di avvelenare i suoi beneficati, pianse amaramente la morte del figlio, ed espiò nel lutto e nel dolore la sua diabolica colpa. 

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solidale

Vale più la bontà che la ricchezza 

In un paese viveva un signore molto ricco, che era un vero egoista. Non aveva pietà di nessuno, e pensava soltanto a sé. Possedeva una fabbrica di mattoni, e maltrattava gli operai. Se uno la mattina arrivava con un poco di ritardo, lo insultava con parolacce, o gli affibbiava delle multe. Le mercedi più basse le pagava lui, e voleva che gli operai lavorassero dodici ore al giorno per sfruttarli di più. Quando un infelice gli cercava l'elemosina, egli non gli dava mai un soldo; se una povera vedova gli chiedeva un prestito, egli diceva che non voleva seccature da nessuno. Aveva proprio un cuor di cane, ed era odiato da tutti.

Allorché fu per morire, il paese esultò di gioia, e pregava Dio che se lo chiamasse. E quando morì nessuno gli disse un requiem.

Dietro alla bara andarono quattro servi con le candele spente, e dovunque passava, ognuno esclamava: "E' meglio che sia morto; era un santo che non faceva grazie. Pensava solo a succhiare il sangue della povera gente. Era un briccone". E dicevano molt'altre parolacce. Invece un operaio dello stesso paese, che non aveva né case, né fabbricati, e viveva a giornata, era l'amico di tutti.

Chiunque gli cercava un favore, era sicuro d'ottenerlo. Aiutava i pezzenti, dava buoni consigli agli orfani, trovava posti ai disoccupati, sbrigava gli affari altrui, quando erano imbrogliati, prestava quattrini a chi non ne aveva, divideva il suo pane con chi ne mancava. Tutti lo amavano come un fratello, e ricchi e poveri lo giudicavano un vero galantuomo.

Una volta soffrì una pericolosa malattia, e la sua casa era, il luogo di pellegrinaggio di tutta la gente che voleva visitarlo, e fargli auguri di pronta guarigione. Le donne andavano in chiesa a pregare la Madonna, perché lo facesse stare bene, e nelle case accendevano lampade ai Santi Medici, sperando che lo salvassero da ogni pericolo.

La Madonna compì il miracolo, ed egli continuò a fare il bene al prossimo. Era l'angelo consolatore dei poveri, e si sentiva contento allorché dava agli altri tutto ciò che possedeva.

Quando s'invecchiò e morì, fu un grande lutto per il paese.

Tutti lo piangevano e lo raccomandavano al Signore, affinché lo avesse alla sua destra. La bara era seguita da uomini e donne, grandi e piccoli, che portavano candele e fiori, e gli rivolgevano mille benedizioni per il bene che aveva fatto. Ognuno diceva: "Abbiamo perduto il nostro padre! Ora chi ci aiuterà?" Dove troveremo un uomo così onesto e amico dei poveri? Non poteva Gesù Cristo farlo vivere ancora?"

Ecco come fu ricompensata la sua opera! Dispensò il bene agli altri e fu benedetto da tutti. Non era ricco, ed ebbe più onori e rimpianto che non avesse meritato il signore avaro ed egoista. 

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BANDIT

LA STORIA DI NICOLA MORRA 

Questo era un sarto e stava il padre a una masseria che faceva da guardiano, poi si ammalò e se ne morì. Il padrone affezionato del padre disse: «Ora chiamo lui, ché mi dispiace, il padre è stato tanti anni qua, questo terrà lo stesso pensiero». Comunque lo chiama, dice: «Tu devi accettare la guardiania», «Va bene». Si chiamava Nicola questo qua e cominciò a prendere servizio. Vicino stava un 'malamente', un certo Mazzocca che era uno con un cagnone grosso che valeva più il cane che lui, che alla guardia se era 'dritto' era dritto per merito del cane, ma lui non era buono. Aveva invidia perché questo qua, Nicola Morra, era attento... ognuno: «Nicola vorrei che mi guardassi... (mi facessi la guardia...)» e lui decideva... come guardia, come terreno, estensione. Allora poi che fece questo Mazzocca? Teneva una quantità di pecore, disse: «è io mi devo mettere in urto con questo... Ora mando le pecore là a pascolare, in modo... voglio fare a lite proprio, voglio levarlo davanti» disse questo Mazzocca. Un giorno allora questo qua disse al ragazzo: «Tu devi andare a pascolare alla Terra Macese», «E se viene il guardiano?» disse il ragazzo, «Tu non ci pensare, dici che 'Mi ha mandato Mazzocca'». Allora il ragazzo andò là. «Ragazzo chi ti ha detto di venire a pascolare qua con le pecore?!», dice «Mazzocca», «Bè senti a me. Ora prendi le pecore e volta. E non ci venire più! E dillo a Mazzocca che io non voglio avere fastidi». Questo ragazzo prende le pecore e torna indietro. E' andato là: «Bè?», «Il guardiano, Nicola Morra così così così e ha detto di non andare più», «Domani mattina devi andare un'altra volta!» disse a quello. La mattina quindi va il ragazzo a prima mattina con le pecore avanti e va un'altra volta. Nicola Morra piglia e lo vide un'altra volta: «Bè e che ti ho detto ieri?! Bè va bene. Raccogli le pecore portale alla masseria». Sequestrò tutte le pecore e il ragazzo pure. Allora fece notte. Il ragazzo non si ritirò né con le pecore e nemmeno lui. Cominciò ad andare in giro. . Andò là (e bussò tre volte). «Chi è», dice: «Sono il guardiano Mazzocca», «Scendi scendi», «No non scendo vicino a questi uomini così..» - non ricordo bene la parola che disse - «Allora ora esco io» disse quello da dentro. Allora stava incominciando che questo Nicola Morra diventò un altro uomo, non era più sarto, diventò un altro uomo. Uscì là fuori. «Bè, perché mi hai sequestrato le pecore?», «E perché tu vieni nella guardia mia?» e sotto e sopra. «Bè va bene. Ora le pecore te le mando e io sto a soddisfazione tua», «Ah sì?». «Però a un patto e condizione. Che il cane lo devi tenere attaccato. Ci dobbiamo 'sfessare' noi due», «Ba bene. Quando?», «Domani sera», «Dove?», «Al tale posto», «Daccordo». Prese le pecore e gliele dette tutte quante - senza dire niente al padrone, a nessuno. Allora questo qua si presenta all'appuntamento, Nicola Morra arrivò prima e questo niente. Sopra la cavalcatura, piglia e poi lo vede venire, solo, senza cane. Disse: «Bè, io sono Nicola Morra e tu sei Mazzocca. Io nasco da figlio di guardiano, ma prima ero figlio di guardiano, ora - era giovane - o mi uccidi o ti uccido!», «Va bene». Tirarono fuori le baionette incominciarono totòn totòn, sopra ai cavalli. A Nicola Morra si spezza la baionetta e quello lì più... Allora Nicola Morra mentre combatteva con quella baionetta sfasciata disse: «Madonna di Ripalta che tengo in petto/ fammi trovà na piccola baionetta/ quando faccio cadè la capa di Mazzocca come na sacchetta! Mentre combatteva con la mano dentro là. (sotto la camicia, sull'immaginetta della Madonna), riesce a innestare l'altra baionetta, come vede che ce l'aveva bamm! l'uccide a Mazzocca. E allora guardò e si dette a latitanza. Diventò un delinquente, ma no delinquente che faceva male ai padroni o come sia, no: delinquente 'benessere', che vedeva una famiglia e cercava pure di aiutarli. Solo su questo punto di vista qua. E allora mentre lui si dava in giro che non si faceva prendere più dai carabinieri incontrò un certo Buchicchio, il primo tiratore di pistola. Si fecero amici, non più Nicola Morra solo ora, abbinato con questo qua dove andava questo andava questo. Ecco che si dividevano i soldi questi e trovarono un padrone, «Quand'è domani sera tu mi devi portare tanti soldi. Te li restituisco, ma se non me li porti tu passi i guai» e figurati quello. Piglia e la mattina l'aspetta al posto, con la carrozza, andò: «Don Nicolì, ti ho servito», «Grazie disse - fra dieci giorni tu avrai i soldi». Non glieli portarono. Siccome una vecchierella andava a fare sempre cicorie, cicorie cicorie e la vedeva... quello disse: «Madonna, a quell'età sempre con la faccia sulla terra, quella». Disse: «Bella vecchia che vai facendo?», «Bè non mi vedi don Nicolì? Facendo le cicorie. Tengo una figlia non sposata. Con le cicorie guadagno qualche cosa e faccio le robe alla ragazza che si deve sposare», «Bè - disse - senti a me. Tieni, questa è una borsa di monete e non ci venire più a fare le cicorie! Fai le robe a tua figlia, sposala e tutte le cose». Quella non la voleva accettare, paura paura. «Non aver paura - disse quello - che sono soldi. Non ci venire più». Questa fessa di vecchia va alla casa, senza dire niente alla figlia. Va da un prete - il nome non lo so - e disse il fatto com'era. (E il prete) dice: «Portali a me, figlia mia, che ti faccio vedere che quelli sono soldi scomunicati», «Ma quello me li ha dati per far sposare mia...», «No no fammeli vedere a me». Come andò: «Figlia mia! Questi non li puoi tenere tu», «E perché?» disse la vecchia, «Quelli sono scomunicati! Ce li porto io al demonio, ce li porto io». Il giorno dopo la vecchia un'altra volta con il sacco addosso a fare le cicorie un'altra volta. (Nicola Morra): «Bè?!», «Eh, i soldi non sono bastati», «Niente di meno - disse quello - tutti quei soldi...». "Devo vedere - disse nel pensiero - come va a finire qua", «Tieni. Questa è un'altra (borsa di danaro) e non ci venire più.! Che se no io ti uccido!». La mise in paura. Andò un'altra volta dal prete: «E' venuto un'altra volta quell'uomo. Mi ha dato un'altra borsa di monete», «E dove sta?», Sta a casa», «E valla a prendere, vai», disse "Ho trovato la fessa mia". E insomma va alla casa a prendere sta borsa di monete e dice: «Vedi», «Madonna! queste sono peggio di quelle! - disse il prete - Madonna mia sono più peggio di quelle!», «E come dobbiamo fare ora? Quello mi ha detto che se io vado un'altra volta a fare le cicorie mi uccide», «Macché non aver paura. Queste sono scomunicate. Vai a fare sempre cicorie, tu non ti preoccupare». E la vecchia andò a fare le cicorie un'altra volta. «Un'altra volta - disse quello - e che è il fatto?! Oh! E' possibile che tanti soldi ti ho dato e queste robe non si pagano? A momenti ti ho dato tutte le robe che tengo io!». In conclusione prese la vecchia: «Oh, tu mi devi dire il fatto com'è», «Né, don Nicola, vuoi sapere il fatto? Il fatto è questo: io sono andata dal prete e il prete mi ha detto che sono soldi scomunicati e si è pigliata la prima. Un'altra borsa che mi hai dato pure lo stesso "sono soldi scomunicati" e si è preso la seconda», «E chi è sto prete?», «E' Tizio e Caio», «E dove abita?», «Vicino all'Assunta», «Che numero?», «... al numero dieci», «Va bene. Senti a me: dì le cose che vuoi - disse alla vecchia - che ci penso io e col prete ci penso io». Va lui, che ordinò un abito da monaco con un coso appeso, (e bussa) dove abita il prete: «Chi è?», «Sono il monaco Tizio e Caio», «Sì sì favorite favorite. Da dove viene?», «Da Roma per un'ambasciata», «Favorisci favorisci favorisci», sale sopra dove stava una sala d'aspetto, si sedette e così colà cominciarono a discutere questo e quest'altro, disse: «Zi pre', io non sono monaco, io sono Nicola Morra. Tu ora qua quante te ne sei prese: due borse di monete? Ne devi dare quattro» si levò l'abito di dosso, con un paio di stivaloni il pantalone al ginocchio, era alto. Quando (il prete) lo vide si spaventò! «Ma io tengo solo poche di quelle e qualche altro...», «Tu devi tirar fuori il doppio se no sei morto! Qua, ora. Tirò fuori il doppio, piglia e se li conservò, Nicola Morra. Dopo poi che pigliò i soldi gli attaccò le mani e col collo vicino a una parte, un bel bastone dietro le spalle e zon zon zon «Aaah!!!», «E che tu gridi... te lo devi ricordare fin quando muori!». Lo lasciò e se ne andò e con quei soldi andò ad accontentare ora quello che glieli dette. Quello come passò op e fermò la carrozza, quello prese paura, disse: «Chi è?», «Tieni, questi sono i soldi». 

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NEVE

I due mendicanti 

Un giorno d'inverno due mendicati andavano cercando l'elemosina per le anime del Purgatorio. Quando fu notte, s'incontrarono e vollero vedere che cosa avessero raccattato; uno aveva le tasche piene di pezzi di pane, l'altro un fascettino di legna. Quello che aveva il pane disse: "Fa un freddo da lupi!" Il compagno rispose: "Ho una fame che muoio!" Ma essendo invidiosi l'uno dell'altro, invece di mettere insieme le provviste che ciascuno aveva accattato, per godere l'uno di quelle dell'altro, ognuno si tenne le sue.

Indi andarono alle loro case.

Durante la notte il freddo fu assai intenso; colui che aveva le legna, accese il fuoco, e poté resistere al gelo, mentre l'altro che aveva il pane, morì assiderato. 

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CasacampO 

COMPARE FRANCESCO

Tanti e tanti anni fa, in una grande masseria, viveva, in compagnia dei suoi animali, un massaro, ricco e felice una volta ma tanto disgraziato al tempo della nostra storia.

Infatti, poco lontano dalle sue terre, vivevano dei briganti senza scrupoli che, spesso e volentieri, irrompevano nelle stalle del nostro massaio e facevano razzia d'ogni animale. Il bestiame si assottigliava a vista d'occhio e lo spettro della rovina incombeva su quella masseria. Il padrone era disperato e non sapeva più a quale santo votarsi perché si allontanasse da lui quel flagello.

Un giorno se ne andava fischiettando, allegro per quei campi assolati, un povero calzolaio, di nome Francesco, al quale, si diceva, la miseria aveva aguzzato oltremodo l'ingegno.

Girava, come era consuetudine a quei tempi, per le case dei contadini sperdute nella campagna, in cerca di scarpe da risanare in modo da poter mettere insieme quel tanto necessario per non morir proprio di fame. Giunse, quindi, fischiettando presso l'aia della masseria e qui cominciò a dar voce per segnalare la sua presenza. La casa gli sembrò piuttosto triste e squallida. Pochi animali se ne stavano pigri, abbandonati al sole senza guida, ed alcune misere galline caracollavano starnazzando in cerca di cibo che non c'era.

- Ehi, voi di casa! Avete scarpe da aggiustare?... Ehi... di casa!... - gridò ripetutamente.

Stava per convincersi che non doveva esserci nessuno, quando vide aprirsi, cigolando, una porta e nel suo vano oscuro comparire la sagoma di un uomo stanco e precocemente invecchiato.

- Buon uomo, - gridò il ciabattino - avete scarpe da aggiustare? Ve le faccio in giornata e a buon prezzo. Vedrete... Verranno nuove fiammanti!... Ma... che avete?... Perché non rispondete?

E l'uomo, lemme lemme, avanzò nella luce, verso l'aia, e si fermò a distanza, sospettoso; poi, quando ebbe scrutato ben bene l'inaspettato visitatore, così malandato in arnese, ritenendolo un povero diavolo, più povero di quanto non fosse lui stesso, si decise ad aprir bocca:

- Chiunque tu sia, a vederti, mi sembri disgraziato proprio quanto me! Non posseggo più nemmeno il becco di un quattrino e farmi risuolare le scarpe sarebbe un lusso per me, quanto per te farle! Se fossi venuto in altro tempo, avresti trovato qui l'abbondanza, la ricchezza e tanto lavoro! Ma oggi non c'è che miseria e disperazione! E Dio voglia che le cose non vadano ancora peggio, se consideri che sono mesi che i briganti assaltano quasi ogni giorno i miei campi e fanno razzia di tutto! Senti a me... allontanati da questo luogo!... Vattene, prima che sia troppo tardi!

Così concluse amareggiato quell'uomo e tacque. E lentamente prese a tornare indietro, pronto a scomparire, così come era apparso, nell'antro buio della porta.

- Compare! - lo fermò di botto il calzolaio - e voi non fate nulla per cacciarli via? Come potete tollerare di vedere andare in malora ogni ricchezza senza muovere dito, aspettando rassegnato la vostra fine?... Beh... guardate... queste son cose che io non posso sopportare! Anzi, sapete cosa faccio? Stasera resterò qui con voi e li affronterò io i briganti! Datemi solo della ricotta ed un fucile e poi chiudetevi in casa!

Il massaio, per la verità, non fu molto incoraggiato da questa offerta d'aiuto, anche perché, a ben guardarlo, compare Francesco, così magro, sembrava come perso nelle sue brache! Ma, giacché la posta da perdere era solo qualche chilo di ricotta, accettò senza molto entusiasmo. Diede a compare Francesco ciò che aveva chiesto e si rintanò in casa, rassegnato al prossimo furto.

Era una notte di luna piena. L'aia e le mura della masseria, illuminate dal chiarore argenteo, erano acquattate come bestiole spaventate nel silenzio della notte. Solo il ciabattino, sicuro del fatto suo, era all'erta, sul cornicione della casa, col fucile imbracciato, puntato sull'aia, e tanti massi di pietra accanto.

Massi di pietra?!

Sembravano di pietra, ma in realtà erano palle informi di ricotta mescolata a terriccio.

E se ne stava lì, immobile e pur vigile, in attesa dell'arrivo dei briganti. Ogni fruscio gli faceva rizzare le orecchie, ogni verso di uccello notturno, che si levava isolato nel silenzio della campagna, lo metteva sull'attenti, con l'indice pronto a premere il grilletto.

Quando tutto ormai sembrava quieto nel cuore della notte, dei piccoli rumori, simili allo scalpiccio cauto di più persone che si fanno strada fra i cespugli, dapprima lo insospettirono, poi lo resero certo che stava per scoccare la grande ora.

Dalle piante, curvi e circospetti, sbucarono i briganti. Questi, quando videro l'aia libera, si rizzarono sulla schiena e, sicuri di sé, cominciarono a correre, come a colpo sicuro, verso le stalle. Ma...

- Alto là! - intimò imperioso compare Francesco e... beng... beng... beng... fece subito seguire una scarica di fucile sul selciato dell'aia.

I briganti si arrestarono come pietrificati a quei colpi secchi e inaspettati.

- Alto là, o vi spappolo come spappolo queste pietre! - E, così dicendo, ridusse in minutissime particelle i massi che teneva accanto.

I briganti, che già erano atterriti, nel vedere gocciolare le pietre, furono terrificati, senza il coraggio né la forza di continuare l'assalto.

- Potrei schiacciarvi come insetti! - gridò il ciabattino - ma vi lascio andare, purché non mettiate più piede in queste terre! E, se a qualcuno non è ancora passata la voglia... beh!... ritornate qui domani mattina col vostro capo che ci batteremo!

Come ritornati a nuova vita, i ladroni girarono il posteriore e batterono in ritirata a folle velocità.

- Sono scappati! Sono scappati! - corse gridando e brandendo in aria il fucile, in segno di vittoria.

- Sono scappati! Siete salvo! - gridava al massaio mentre lo scuoteva energicamente dal sonno.

Questi balzò a sedere sul letto, in dubbio se gridare per il terrore o per la gioia. Quando tornò nella dimensione terrestre, in preda alla felicità, corse in cucina pronto a festeggiare l'avvenimento con robusti e tenaci morsi.

E giunse il mattino ed i briganti si presentarono sull'aia pronti a misurare la loro forza con quella di compare Francesco.

- Beh!... siamo venuti!... - gridarono più baldanzosi della notte precedente.

- Sentite! - disse il nostro uomo con tono che non dava adito a repliche. - Sentite! Perché nessuno di voi abbia dei dubbi sulla mia forza, io propongo di cimentarci tutti in questa prova. Guardate quegli alberi, là in fondo? Ebbene, il più grosso sarà per me! Noi partiremo di qua, e di corsa cercheremo di infilare le dita della mano nel tronco di un albero. Se vincerò, sarò io il vostro capo, e dovrete obbedirmi tacendo; se perderò... beh!... se perderò lascio a voi decidere cosa fare di me!

La proposta fu accolta da tutti, sicuri che dal cimento non sarebbe venuto fuori nessun vincitore.

Il massaio avrebbe dovuto dare il segnale della partenza e fare da arbitro tra i contendenti.

Si allinearono e... via!...

Al secco segnale tutti corsero con la mano tesa in avanti e tenacemente irrigidita per l'occasione.

Ma... all'impatto col tronco nodoso e solido furono simultanei lo scricchiolare delle dita, il rumore secco di ossa mandate in frantumi e le grida terrificanti di dolore. Mentre i briganti saltellavano presso gli alberi, stringendosi la mano polifratturata sul petto, con le lacrime agli occhi e la bocca aperta a modulazioni dolorose, il nostro ciabattino dominava tronfio la situazione, ritto, con le cinque dita della mano infilate nel grosso tronco dell'albero. Sì... proprio così... avete capito bene, miei cari! Con le cinque dita della mano infilate nel tronco dell'albero!

Fatevi più vicini a me e vi dirò in un orecchio come aveva fatto il nostro simpatico campione!

Prima che albeggiasse, quella mattina, si era recato nel campo, aveva scelto l'albero più grosso e annoso, vi aveva praticato cinque fori in corrispondenza delle dita della mano e li aveva poi coperti con il miscuglio di ricotta e terriccio.

Eccovi quindi spiegato l'arcano!

I briganti, naturalmente, molto lontani da ogni sospetto, quando in una pausa di riossigenazione dei loro poveri polmoni s'accorsero che compare Francesco era lì, trionfante, con le dita nel tronco che sgocciolava, rimasero come di stucco, mentre le loro grida si spegnevano gorgogliando nel gargarozzo.

La paura ed il terrore si impadronirono nuovamente di loro e scomparve in essi ogni segno di baldanza.

- Bene, bene, bene...! - disse il nostro ciabattino. - Qualcuno ha nulla da dire?... D'ora innanzi sarò io il vostro capo e guai a chi si ribella!

E nessuno si ribellò.

Così compare Francesco, dopo aver salutato il massaio, si allontanò seguito dai briganti. Si diressero nel loro covo e qui decise di metterli a lavorare sodo da mattina a sera.

Sotto i suoi comandi imperiosi vedevate quei galeotti, brutti ceffi, obbedire mansueti come tanti cuccioli.

Tagliavano la legna, accendevano il fuoco, facevano il pane...

Sì, sì... facevano il pane! E fu proprio un giorno in cui avevano bisogno di acqua e di legna per il pane che Francesco sentì mugugnare:

- Che bello! Noi lavoriamo e lui se ne sta lì, sdraiato da mattina a sera! Perché non va lui a prendere l'acqua e la legna?

-Ah... sì?! Così è?! - gridò il nostro capo. - Allora vado io e, poiché nessuno creda che sia per indolenza o debolezza, vi porterò qui tutto il fiume e tutti gli alberi del bosco!

- Oddio, per carità, no! Nooo! - gridarono all'unisono i briganti terrificati, e fecero appena in tempo a prenderlo, giacché, mentre loro lo tenevano fermo per la cintola dei pantaloni, Francesco ancora correva, fendendo l'aria con i suoi calci. Solo quando riuscirono a convincerlo a starsene buono buono, si sentirono liberati dal peso di una grossa sciagura e, quatti quatti, senza fiatare, ripresero ad obbedire e a lavorare.

Questo episodio, comunque, mise compare Francesco sull'attenti. Era segno che tra i briganti cominciava a serpeggiare il malcontento e, quindi, da un momento all'altro, poteva accadere di tutto.

Continuò a godersi il suo ozio e a comandare a bacchetta, ma le orecchie furono sempre più tese a captare perfino i sospiri repressi, e gli occhi, più vigili, controllavano e dominavano tutto, muovendosi agili e rapidi nelle grandi orbite.

Fu così che una notte riuscì a intercettare un piano segretissimo dei briganti, intenzionati a toglierlo completamente di mezzo. Essi sarebbero penetrati nella tenda di compare Francesco, nel cuore della notte. Lo avrebbero assalito e lo avrebbero finito con una gragnola di pugnalate. Solo così avrebbero potuto liberarsi definitivamente di quell'uomo dalla forza diabolica.

E così fu.

La notte stabilita per l'esecuzione, i briganti irruppero nella tenda del capo e cominciarono a sfogare la loro rabbia a colpi di pugnalate sul corpo del ciabattino immerso nel sonno. Alla fine, sazi del misfatto compiuto, si riversarono fuori e, brandendo bottiglie di vino e bevendo, cominciarono a festeggiare, schiamazzando e sghignazzando, l'inizio della loro vita democratica.

Ma, sul più bello della cagnara, una voce imperiosa mozzò loro il respiro. Si volsero atterriti e... dinanzi alla tenda, scorsero, a gambe divaricate e con le mani ai fianchi, la figura spettrale di compare Francesco.

- Brutte canaglie, volete tacere? Cosa vi è preso a quest'ora? Tra voi e le pulci che mi hanno assalito stanotte, non ho potuto chiudere occhio! Tacete e andate subito a dormire!

Si guardarono l'un l'altro negli occhi, allibiti con l'aria di chi ha visto Satana, e mogi mogi, se ne andarono a nanna.

Cos'era successo?! Ma... come...?! Non avete capito?

Il nostro brav'uomo, che aveva intercettato tutto il piano criminoso, quella notte si era nascosto e, nel letto, aveva posto un fantoccio che, naturalmente, dopo essere stato ridotto a colabrodo, aveva fatto abilmente sparire.

Ma compare Francesco ormai cominciava a non essere più al sicuro tra quella masnada di gente, per cui, un giorno, li convocò tutti e così parlò:

- Sono stufo di stare con voi, vili e brutti scagnozzi! La mia forza qui è sprecata! Tirate fuori un bel malloppo e un asino ed io me ne andrò senza farmi vedere!

Questo sì che si poteva dir ragionare! I briganti tirarono un profondo sospiro di sollievo.

Finalmente vedevano risolto ogni loro problema!

Il denaro?!

Ma gli avrebbero dato tutte le loro ricchezze, in cambio della libertà!

Così, senza battere ciglio, spinti solo dall'ansia di vederlo sparire per sempre, deposero ai suoi piedi tante monete d'oro, d'argento e pietre preziose, tante da riempire due grossi sacchi. Gli portarono l'asino col basto, vi sistemarono il prezioso carico e, sfregandosi le mani soddisfatti, videro l'asino, l'oro e compare Francesco scomparire per sempre all'orizzonte.

E compare Francesco scomparve!

Seguì subito un'esplosione di gioia! I briganti, gridando e saltando, tirarono fuori le provviste alimentari e si diedero a dar fondo ad ogni cosa.

Quando furono sazi e ubriachi, si abbandonarono stanchi ad un sonno pesante.

Li svegliò il sole forte e cocente dell'indomani.

Sbadigliando, intontiti, si guardarono intorno e, a mente più lucida e libera, constatarono con terrore che, oltre ad aver consumato ogni provvista, non rimaneva loro neppure più il becco di un quattrino.

Come fare?!

Erano o non erano briganti?

Diamine!

Non rimaneva che mettersi sulle tracce di compare Francesco, assalirlo all'improvviso e rubargli tutto il tesoro. E, con i coltelli alla mano, si inoltrarono nel bosco, seguendo le tracce lasciate dall'asino.

Cammina, cammina... alla fine si fermarono sotto un grosso albero dove terminavano appunto le orme dell'animale. Presero a guardarsi intorno cauti e circospetti, quando, dall'alto, cominciarono a venir giù alcune monete, ed una voce, a loro tanto nota, così intimò:

- Allontanatevi, brutte canaglie, se non volete morire schiacciati sotto il peso del mio asino! Gli ho sferrato un calcio così potente che è sparito tra le nuvole! Ma, giacché le monete cominciano a scendere, anch'esso non tarderà molto a farsi vivo!

Ammazza che forza!

I briganti non se lo fecero ripetere e, questa volta, definitivamente terrorizzati da una forza così diabolica, se la diedero a gambe e... figuratevi!... ancora stanno scappando!

Volete sapere cosa aveva congegnato quest'altra volta il nostro astuto compare?

Per la verità egli era quasi certo che i briganti, passata l'euforia del momento, si sarebbero messi sulle sue tracce per riprendersi ciò che sconsideratamente gli avevano ceduto; perciò quando sentì lo scalpiccio, in lontananza, dei briganti che si avvicinavano, abbandonò la strada e corse subito a nascondere l'asino con l'oro in una grotta. Dopo essersi riempite le tasche di monete, ritornò indietro, verso la strada, cancellando, man mano, tutte le piste fin sotto la quercia. Qui giunto, salì sull'albero, si nascose nella sua chioma e dall'alto cominciò a far cadere le monete sui briganti che scrutavano le orme.

Ancora una volta se l'era cavata con l'astuzia!

Quando finalmente rimase solo, sicuro che ormai non lo avrebbero più infastidito, andò a riprendere l'asino e l'oro e continuò il suo cammino.

Cammina, cammina... le tenebre cominciarono a calare e lui ed il suo animale non ne potevano proprio più! Arrancarono a fatica... ansimavano e... un altro po'... sicuramente avrebbero ceduto sotto il peso della stanchezza.

Ma, quando meno se lo aspettava, in lontananza, scorsero un lumicino. Raccolse tutte le sue forze e si incamminò verso quella direzione.

Era... guardate un po' la fortuna!... proprio una locanda!

Bussò alla porta con la lingua ciondoloni e, alla donna, che era andata ad aprirgli, ebbe appena la forza di chiedere ospitalità per quella notte.

L'ostessa lo trascinò di peso in una stanza e lo rovesciò, come un mucchio di stracci, sul letto, poi scese giù per condurre l'asino nella stalla.

Qui fece per liberarlo dal carico e togliergli il basto ma, per quante volte spingesse con tutte le forze dal basso in alto le bisacce per staccarle e deporle per terra, non riuscì a smuoverle neppure di tanto. Incuriosita, volle vedere cosa mai contenessero e... oh meraviglia delle meraviglie!... Il luccichio dell'oro le abbagliò la vista e la mente. In preda ad una febbre che non aveva mai conosciuto, prese l'asino con il prezioso carico, lo trascinò in uno scantinato, chiuse la porta con un robusto chiavistello e poi se ne tornò soddisfatta nella locanda.

L'indomani compare Francesco, dopo essersi svegliato più arzillo e ristorato, scese giù a chiedere all'ostessa del suo asino.

- L'asino?! - ripeté la donna come cascando di tra le nubi - non ho assolutamente visto un asino con voi! Anzi, giacché dovete andar via, eccovi qua il conto!

- Tirate fuori il mio asino o corro a denunziarvi! In quanto al conto, non ho nessuna intenzione di pagarlo!

- Non avete intenzione di pagarlo?! - proruppe l'ostessa. - Vedremo... vedremo! Prendete tutto ciò che è vostro e andiamo a regolare i nostri fatti in pretura!

- Bene!... Proprio bene! - aggiunse compare Francesco. - Ma, prima datemi una giacca di vostro marito, perché sento freddo, e poi partiamo!

Così, senza neppure rivolgersi una parola, camminando in cagnesco l'uno accanto all'altro, giunsero finalmente in pretura.

Qui la donna assalì il giudice con una cascata di parole impetuose, con le quali intendeva farsi ragione e affrettare il corso della giustizia.

Quando alla fine ebbe scaricato tutto e tacque con sollievo suo e degli altri, il giudice si rivolse al calzolaio, che fino allora era rimasto a bocca chiusa, e gli chiese se avesse nulla da dire.

- Ma, signor giudice - insinuò il nostro con aria meravigliata. - Come?!... Non conoscete questa donna?... Tutto ciò che ha detto è una invenzione! Figuratevi che sarebbe capace di affermare che questa giacca che porto è di suo marito!

- Sì, sì! - scattò la donna. - E' di mio marito! E' proprio di mio marito! Gliel'ho data io!

Il giudice, dinanzi ad una prova tanto evidente sull'innocenza dell'uomo, rivolto a lui, con aria preoccupata concluse:

- Se è come dite, e come mi sembra, bisognerà che firmiate una denunzia contro questa qui, e vi assicuro che nessuno potrà toglierle il carcere per simulazione di reato!

L'ostessa ascoltava come fuori di sé, con l'aria di chi ha perso completamente terreno.

- Ascoltate, signor giudice, - intervenne compare Francesco; - se la donna mi dice dove ha nascosto il mio asino con le due bisacce, e mi consegna tutto com'era, prometto di non denunziarla, così potrà tornarsene libera. Diversamente sono costretto a firmare la denunzia di simulazione, spedendola dritta dritta in carcere!

- Oh, no! Vi prego... abbiate pietà di me! Vi darò tutto! Venite con me e vi porterò dal vostro asino! - gridò atterrita l'ostessa.

Così compare Francesco riebbe il suo asino e il suo oro e se ne tornò a casa, ricco sfondato, dopo tanto sudore. 

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