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Cane sfamatoUccello
COMPARE CANE E COMPARE UCCELLO

n giorno un uccello incontrò un cane, suo compare, tutto magro e rognoso, e gli disse: "Perché ti vedo così afflitto e malinconico?" "Cosa deve essere! - rispose il cane - sto digiuno con questa rogna, e son cacciato da tutte le parti". "sta zitto, compare cane - soggiunse l'uccello - ti libererò dalla rogna e dalla fame, e dopo ti farò fare una gran risata". "Va bene" - rispose il cane - "fa tu; quello che fai, sta ben fatto, e mi sottometto al tuo volere". Rispose l'uccello: "allora aspetta a questo punto, ché passerà un ragazzo con la minestra; io gli andrò avanti, e non mi farò acchiappare; quello per correre dietro a me, porrà a terra la scodella, e s'allontanerà; allora straccia il fazzoletto e mangia la minestra". Così successe; passò il fanciullo, e compar uccello incominciò a saltellargli davanti.

Il ragazzo per acchiapparlo lasciò la minestra e si diè ad inseguirlo. Giunto ad un punto si ricordò della scodella, ed abbandonato l'uccello pensò di andare a prendere la minestra. Ma quando arrivò al posto, dove l'aveva lasciata, trovò il tegame vuoto, perché il cane aveva fatto quanto gli aveva consigliato il compagno. Egli si mise a piangere e se ne tornò a casa. Compar uccello andò a raggiungere il cane e gli disse: "Che ti pare, compare, come andiamo?" "Ah compare mio, mi son fatto tondo tondo, ho mangiato tutto: carne, pane, maccheroni, e tante altre cose".

"Va bene" soggiunse l'uccello "ora penserò in che modo debba liberarti dalla rogna. Aspettami alla tale strada, ché deve passare un traino con una botte d'olio; io mi poserò su di essa; il conduttore mi darà un colpo di frusta, e invece di colpire me, colpirà la botte, la quale si romperà, e l'olio cadrà a terra. Tu mettiti sotto, ungiti bene, e vedrai che la rogna ti passerà". Così successe.

Passò un traino, e l'uccello si collocò sopra; il conduttore gli menò un colpo, la botte si ruppe, e il cane si unse tutto d'olio. L'uccello andò a trovarlo e gli domandò "Come ti senti?" "Oh" rispose il cane "mi sento proprio rinfrescare le carni". "Ne sono contento; ora che hai mangiato e non hai più la rogna, ti voglio far fare una grande risata; aspetta all'angolo, e vedi che succederà".

Passò un gruppo di preti che andavano a passeggio; l'uccello si posò sul cappello di uno di essi; un compagno vedendo che l'uccello era carino, col paracqua gli assestò un colpo; ma invece di colpirlo, ruppe la testa al malcapitato amico. Il cane a quella scena rise a crepapelle, specialmente quando sentì i lamenti e le imprecazioni del prete. L'uccello gli domandò: "Compare, sei contento?" "Andiamo bene! - rispose - Che possa star sempre bene, uccello caro, per il bene che m'hai fatto". Ciò dicendo si salutarono ed ognuno andò per i fatti suoi.

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LA FORMICUZZA

C'era una volta una formicuzza molto povera.

Un giorno, mentre mozzicava le fave, trovò un centesimo. Lo girò e rigirò tra le mani e si chiedeva:

- Cosa potrò comprare con questo soldino? Se compro un'arancia, dovrò buttar via la buccia; se compro la mela, dovrò buttar via il torsolo; se compro una pesca, dovrò buttar via il nocciolo! Ecco... compro dei nastri, me li metto in testa e mi affaccio alla finestra!

E così fece. Comprò tanti nastrini colorati, se li mise in testa e si affacciò alla finestra. Passò di lì compare cane e le chiese:

- Comare formicuzza, cosa fai alla finestra?

- Mi voglio maritare!

- E vuoi me?

- Fammi sentire la tua voce!

- Bau, bau, bau, bau! - Ed il cane abbaiò.

- No, no Vattene! Non mi piaci, mi guasti il sonno la notte!

Passò di lì compare asino e le chiese:

- Comare formicuzza, cosa fai alla finestra?

- Mi voglio maritare!

- E vuoi me?

- Fammi sentire la tua voce!

- Ihoo! Ihoo! Ihoo! - E compare asino ragliò.

- No, no Vattene! Mi rovini il sonno la notte!

Passò di lì compare agnello:

- Comare formicuzza, vuoi sposare me?

- Fammi sentire la tua voce!

- Behee! Behee! Behee! - E compare agnello belò.

- No, no, non mi piaci! Mi turbi il sonno la notte!

Passò l'uccellino e fece: cip, cip, cip! E cinguettò.

- No, no, non mi piaci!

Passò il gallo e fece: chichirichì! chichirichì! E cantò.

Passò il maiale e fece: gruu, gruu! E grugnì.

E il gatto: miao, miaoo! E miagolò.

E il cavallo: ihh, ihh! E nitrì.

E la rana: gra, gra! E gracidò.

E l'oca: str, str! E starnazzò.

E la mucca: muu, muu! E muggì.

E il colombo: tuu, tuu! E tubò.

Infine passò di lì compare topo e chiese:

- Comare formicuzza, cosa fai alla finestra?

- Mi voglio maritare!

- Vuoi me?

- Mi fai sentire la tua voce?

- Squit! Squit! - E squittì.

- Sì, sì che mi piaci! Sali!

Così la formicuzza e il topolino si sposarono.

Una domenica la formica, prima di andare a messa, disse al topolino:

- Mi raccomando al sugo! Io vado a messa! Cerca di girarlo ogni tanto perché non si attacchi!

E così andò a messa.

Di tanto in tanto il topino andava a girare il sugo ed ogni volta, preso dall'ingordigia, tirava su un pezzo di carne e lo mangiava.

Ormai nella pentola era rimasto solo un ultimo pezzettino! Come fare per prenderlo? Si affacciò sul tegame, allungò tanto lo zampino che... allunga allunga, perse l'equilibrio e "plaff", cadde nel sugo.

Quando comare formicuzza tornò dalla messa, cominciò a chiamare il topino:

- Topino, topino mio, dove sei?

Ma nessuno rispondeva.

- Topino, topino mio!

Cominciò a cercare dappertutto, ma nulla!

Decise allora di prepararsi da mangiare. Mise l'acqua sul fuoco, vi versò la pasta, la lessò, la scolò, la scodellò. Ma del topino ancora nulla!

Quando fece per versare il sugo sul piatto di pasta, vide il topino stracotto!

Disperata, con la testa tra le mani, gridò e pianse:

- O topolino, topolino mio, cucinato nel pentolino! La carne ti mangiasti e a me non ne lasciasti! O topolino, topolino mio, cucinato nel pentolino! La carne ti mangiasti e a me non ne lasciasti! Ero così felice e contenta e non ho avuto proprio niente!

E pianse, pianse tanto che ancora sta singhiozzando.

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Cane lupoUN LUPO E UNA VOLPEVolpe

C’era una volta un lupo e una volpe. Il primo disse alla compagna: "Vogliamo seminare in società il grano?" Essa acconsentì. Giunto il tempo della semina, la volpe disse al socio: "Semina tu, perché non mi sento bene". Egli ubbidì. Quando fu il mese d'aprile, il lupo tornò alla volpe, per dirle che bisognava sarchiare il grano. Essa rispose: " Sono tormentata da un forte dolore di testa, sarchialo tu". E lui andò a sarchiare.
Il mese di giugno, quando si doveva mietere, si ripresentò alla compagna, che gli disse: " Fa' tu, ché dopo divideremo il raccolto". Esso tornò al campo ed eseguì l'ultimo lavoro.
Quando finì, rivide la volpe, e le disse: "Dividiamo il grano". La furba lo divise, e disse allo sciocco: "A te do la paglia, e io mi prendo il grano!"

                                 

FORMICAFINESTRA2

LA COMARA FORMICHETTA

C'era una volta una comare formichetta; scopò e scopò, e trovò un soldo; scopò e scopò e trovò due soldi; scopò e scopò, e trovò una lira. "Che mi compro? Mi compro della copeta? No, se no mi chiamano golosa. E allora che mi compro? Compro le nocelle? No, perché sporcano la casa. E che devo comprare? Mi compro una fettuccia? - Sì, sì così mi rendo bella".

Si apparecchiò, e si mise alla finestra. Ecco che passa il compare asino.

"Ehi, comare formichetta, perché ti sei così acconciata?" - "Perché mi devo maritare!" "Vuoi me per marito?" "E come canti la notte?" "Ih! oh! Ih! oh!" "Non ti voglio, perché mi fai paura".

Ecco che passa il compare cane: "Ohi, comare formichetta, perché ti sei acconciata così?" - "Eh! mi voglio maritare!" "Vuoi me per marito?" - "E come canti la notte?" -"Bau, bau, bau!" -"No no, ché non mi fai dormire!"

Ecco che passa il compare topolino: "Ohi! comare formichetta, perché ti sei così acconciata?" - "Eh! mi debbo maritare!" -Vuoi me per marito?" "E tu come fai la notte?" "Zziù, zziù zziù!" "Vieni su, ché mi piaci!"

La mattina la comare formichetta andò a messa e disse: "Compare sorgio, bada a cucinare il brodo, ché al mio ritorno mangeremo".

Quando tornò, non vedendo più il compare topolino disse: "Ora mangio, ché poi se ne parla". Tolse dal fuoco la piccola pignatta, ma quando stava per scodellare la minestra, ecco che cadde compar topolino nel piatto! La comare formichetta lo prese, lo avvolse in una pezzuola, lo pose sopra le tegole della soffitta, poi si sedette accanto e piangeva dicendo: "Topolino mio, topolino mio, cotto nella piccola pignatta, avvolto nella pezzuola, e messo sull'embrice della soffitta!"

                       

Pecora CefaloIL RACCONTO DELLE DUE PECOREPecora Palombo

C'era una volta una volpe. La volpe, dopo aver rubato due pecore, se ne tornava con le pecore che si chiamavano una Cefalo e l'altra Palombo. Le aveva legate al suo trainello per meglio badare alla guida del mezzo. Strada facendo chi t'incontra? Proprio il lupo, che le disse: "Comare volpe, quanto sono stanco. Non ce la faccio più! Mi fai poggiare una zampa sul tuo carretto?". La volpe, con tanto di falso dispiacere, gli rispose: "Non sarebbe possibile: si corre il rischio che si spezzi l'asse: il peso è parecchio... magari un'altra volta...". "Fallo per carità, non mi fido più di camminare" insisté il lupo, mettendo in evidenza - con molta simulata umiltà - i suoi denti. La volpe finì per fargli poggiare la zampa.

Dopo un poco il lupo: "Ah, come mi pesa l'altra zampa" e mise anche l'altra zampa sul carretto. E ancora: "Non sopporto il movimento del carretto mentre muovo le altre due zampe!" e il lupo salì sul carretto e poi, finalmente, si sdraiò tutto sul trainello. 

La volpe, che spiava i movimenti del lupo, fece di tutto per far scendere il lupo: prendeva tutti i fossi, faceva movimenti bruschi..., insomma tutto quello che poteva servire a disturbare l'animale che, manco per sogno, se ne stava sdraiato a sonnecchiare sul trainello. Tutto il da fare della volpe, però, portò a far rompere l'asse del trainello. A questo punto era necessario che il lupo scendesse.  Infatti scese e la volpe lo pregò di andare nel vicino campo  a prendere un pezzo di legno, il più dritto che c'era, per metterlo al posto dell'asse. Il lupo andò e,  per dispetto, ne scelse uno storto, per cui dovette andare la volpe per trovarne uno più adatto. Quando il lupo si vide solo, mangiò le pecore e poi bevve anche il loro sangue. Al ritorno la volpe vide quella strage, e dove' zittire per prudenza. 

Zitto tu, zitto io... ripresero il viaggio. Giunsero ad uno stagno pieno d'acqua. Si fermarono, e la volpe faceva notare al lupo i tanti pesci che vi nuotavano. Ad un certo punto, la volpe disse: "Se vuoi scendi nello stagno e acchiappa tutti i pesci! Io ti aspetto." L'ingordo lupo non se lo fece ripetere due volte e accettò l'invito facendosi legare ad una corda per non correre il rischio di annegare. La volpe, che in caso di pericolo doveva tirare la corda e portare in salvo il lupo, appena il lupo fu in un punto abbastanza profondo, allentò la corda e stava riprendendo il viaggio. "Non lasciarmi! Non so nuotare! Andrò a fondo!" Gridò il lupo quando si accorse del movimento.

La volpe, con in mano le redini e lo sguardo commiserevole, disse: "T'è piaciuto il sangue di Cefalo e di Palombo? Bene! Ora vai a saggiare l'acqua del fondo!".

Così si prese la rivincita sull'ingordo lupo.


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