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ADDIO

Il calabrese ingannatore

C’era una volta una donna che aveva due figlie, di cui una bella, e l'altra brutta.

Un giorno si presentò da lei un calabrese, il quale disse: "Mi vuoi dare per isposa la tua figlia bella, ché dopo nove mesi vengo a rilevarla?" La donna rispose: "Sì". E dopo nove mesi egli ritornò. La madre aveva nascosta la più bella, e fece trovare l'altra; egli lo notò e non disse nulla, e sposatala, la mise su di un mulo e se ne andò. Arrivato vicino ad un fiume le tagliò i capelli, e giunto vicino al mare la gettò in esso.

Recatosi al paese egli non rispondeva mai ai suoi paesani, i quali gli domandavano dove fosse la sua sposa.

Dopo quattro mesi tornò dalla suocera, e quando ella gli domandò come stesse la figlia, rispose: "Gode buona sulute, le ho dato un telaio grande quanto il mare, e vuol vedere la sorella". La donna disse: "Va, figlia mia, con tuo cognato, e consideralo come tuo fratello". La ragazza rispose: "No, mamma, i calabresi sono ingannatori"; ma pure andò con lui.

Arrivata al punto dove il cognato aveva tagliato i capelli alla orella, s'accorse di tutto.

Quando furono in mezzo al mare, vedendo galleggiare il corpo della sorella disse ad un uccello che passava in quel mentre: "Bell'uccello che vai per l'aria, porta una lettera alla mamma mia; dille: una sta in fondo al mare, l'altra sta in punto di morte".

L'uccello la portò, e la madre dopo averla letta, morì dal dolore.

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MOORTE

I due fratelli

Vivevano una volta due fratelli, di cui uno era povero, l'altro ricco. Il primo un giorno per disperazione se ne andò lontano dal paese, e giunto in aperta campagna esclamò: "Morte, morte, vieni prendermi!" e ripeté tale grido tre volte.

Apparve una donna, che era la morte, la quale gli domandò: "Che cerchi?" Egli le espose la sua miseria, e quella gli rispose: "Vattene a casa, e vedi che tra breve tua moglie partorirà: scegli me per compare, e t'aiuterò". A sentire questo egli provò grande gioia, e tornò contento a casa. Arrivato, raccontò ogni cosa alla moglie.

Dopo sette e otto giorni riapparve la morte, la quale gli spiegò che cosa doveva fare per divenire ricco; gli consigliò d'esercitare la professione di medico.

Il poveraccio indossato un bell'abito da dottore, andò a guarire il Re di Spagna, il quale gli dette una somma di moneta e un tesoro, con cui poteva vivere contento e felice. Il fratello gli domandò come avesse fatto a diventare ricco, ed egli glielo disse; allora volle imitarne l'esempio. Ma invece della morte uscì il diavolo che si impadronì dell'anima sua. Il fratello quando morì, andò in paradiso; egli invece all'inferno.

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AQUILA

L'acqua della «babilonia sperta»

C’era una volta un Re che aveva tre figli. Un giorno ebbe un raffreddore tanto forte che divenne cieco. Il medico gli disse che l'unico rimedio per far guarire gli occhi era l'acqua della "babilonia sperta".

Il padre ordinò al suo primogenito di mettersi in una barca per andare in cerca di tale acqua. Prima di accingersi al viaggio il giovane chiese la santa benedizione, e offrì al padre un orologio per ricordo, avvertendolo che, se esso cessava di camminare, era segno che egli era morto.

Si mise in viaggio, e dopo un lungo cammino scorse da lontano dei grossi scogli; si avvicinò e vide che era un rifugio di marinai, dove abitava anche il boia del mare. Entrò nella caverna, e scorse tanti marinai e donne che erano in festa. Come lo videro, gli domandarono che cercasse. Egli espose la ragione del suo viaggio, e quelli lo invitarono a restare con loro a menare vita gaia e spensierata.

Dopo un certo tempo il Re, che era in ansiosa attesa pel ritorno del figlio, s'accorse che l'orologio s'era fermato. Allora ricordò quanto gli aveva detto nel partire, e sapendolo morto, lo pianse disperatamente.

Il secondo genito vedendo tanto addolorato il vecchio padre, si offrì di andare lui in cerca dell'acqua prodigiosa, e gli dette per ricordo un pugnale d'argento, avvertendolo che quando esso si fosse sporcato, non avrebbe dovuto aver più speranza del suo ritorno. Il padre pianse, gli dette la santa benedizione, e prese il pugnale. Il giovane percorse la stessa via, e si trovò al punto dove stava il fratello maggiore: si unì con quella compagnia, e divenne sciagurato come lui.

Allorquando il sovrano seppe che il pugnale appariva sporco di sangue, capì quale sorte fosse toccata all'altro figlio, e ne pianse la triste fine.

Il minore dei figli sì offrì di andare lui in cerca dell'acqua miracolosa, e non ostante l'opposizione del padre, partì. Dopo lungo viaggio arrivò allo stesso punto, dove si erano fermati i fratelli; quivi gli abitanti tentarono la medesima magia usata a quelli, ma non vi riuscirono. Di notte, mentre tutti dormivano, egli fuggì non per via di mare, ma per terra.

Camminò per lungo tempo, e finalmente giunse ad una capanna dove abitava un monaco; bussò alla porta, ed il monaco prima di aprire disse: "Se sei cristiano, fatti il segno della croce". Il giovanotto si fece il segno della croce e quegli aprì, e gli domandò che cercasse. Egli rispose: "Sapete, per piacere, dove si trova l'acqua della "babilonia sperta?" Il monaco rispose: "Povero giovane, son qui da un secolo, e non ho sentito mai nominare quest'acqua! Ma, intanto, va più avanti, ché t'imbatterai in un altro monaco, il quale potrà dirti qualche cosa al riguardo".

Il giovinotto ringraziò il vecchio, e si mise nuovamente in cammino. Arrivò ad un'altra casupola, dove viveva un altro monaco che disse: "Se sei cristiano, fatti il segno della croce". Il giovanotto si fece il segno della croce, e il monaco alla sua domanda rispose: "Son qui da due secoli, e non ho sentito mai nominare quest'acqua. Continua il cammino, ed incontrerai un altro monaco, che potrà dartene notizia, essendo colà da tre secoli".

Il giovinotto lo ringraziò e se ne andò. Giunse ad un eremitaggio, dove risiedeva un altro monaco che aveva tante specie di animali. Bussò; quegli aprì, e gli chiese che cosa volesse. Egli rispose che era figlio di Re, e veniva da lontano per trovare l'acqua della "babilonia sperta" ordinata dal medico per guarire gli occhi del padre. Il monaco gli disse: "Entra, figlio mio, io sto da tre secoli, e non ho mai sentito nominare quest'acqua. Aspetta, fammi domandare a tutti gli animali se ne sanno qualche cosa". Quindi rinchiuse il giovinotto nell'armadio, e volle domandare dell'acqua ai diversi animali. In quel frattempo entrò il vento che disse: "Che odore di carne umana"!

Il monaco rispose che non c'era nessun estraneo, e continuò ad interrogare i diversi animali. Poi si recò dal giovanotto, e gli disse che nessuno sapeva notizie di quest'acqua; bisognava però aspettare l'arrivo dell'aquila. In quel momento questa entrò, e disse che sentiva un odore di carne umana. Il monaco l'assicurò che non c'era alcuno in casa, e dopo averle dato del cibo, le domandò se sapeva dove fosse l'acqua della "babilonia sperta". L'aquila rispose di si; ed allora il padrone le narrò il fatto, e la pregò di portare sulle spalle il ragazzo senza fargli del male. Essa accettò; il monaco liberò dalla prigione il giovinotto, e lo collocò sull'aquila, poi gli consegnò due sacchi dicendo: "Uno è pieno d'acqua e l'altro di carne; quando l'aquila ti chiede la carne, devi darle l'acqua; quando ti chiede l'acqua, devi darle la carne, altrimenti essa ti butterà a terra". Egli così fece, ma durante il viaggio la carne finì, e l'aquila ne voleva dell'altra; per paura di essere buttato a terra, col coltello che aveva, si tagliò il polpaccio della gamba e glielo diede: solo allora essa non richiese più acqua (cioè carne).

Lungo il cammino gli disse che nel luogo dove stavano per giungere, le persone si addormentavano per sei mesi. Essa lo avrebbe condotto alla figlia di un re che dormiva fasciata da sette veli; egli doveva alzare i sette veli, e sotto al cuscino avrebbe trovata una chiave, con la quale doveva aprire il coperchio che sovrastava ad un pozzo, e di là doveva empire una bottiglia d'acqua.

Quando giunsero al luogo indicato, il giovinotto eseguì quanto gli era stato consigliato dall'aquila, e nel rimettere sotto il cuscino la chiave, vi aggiunse anche il suo ritratto.

L'aquila notò che egli aveva la gamba insanguinata; capi tutto, e vomitata la carne gliela rimise a posto. Al ritornò lo portò fino al luogo dove stavano i fratelli e passando dai punti ove erano i monaci, che gli avevano indicata la via, li ringraziava.

Quando liberò i fratelli, questi gli domandarono: "Hai trovato l'acqua?" "Si" rispose, e la mostrò loro. Essi decisero di rubargliela di notte; ebbero l'astuzia di cambiare l'acqua, e vollero portarla al padre per avere un premio. Ma il piccolo arrivò prima di loro, e credendo che nella bottiglia ci fosse l'acqua miracolosa la dette al padre. Costui invece di guarire si sentì bruciare gli occhi.

Pochi giorni dopo arrivò il maggiore che portò l'acqua tolta dalla bottiglia del fratello, e con questa fece tornare la vista al padre.

Il giovinotto fu messo in carcere, e dopo un certo tempo doveva essere condannato a morte.

Intanto in quel paese, ove egli aveva attinto l'acqua. il popolo si era ribellato, ed aveva liberato tutti i prigionieri, tra cui la principessa, che aveva trovato sotto al cuscino il ritratto del giovinotto. Ella volle sapere a chi appartenesse, e si mise in viaggio. Ogni tanto lo mostrava a qualcuno, e domandava se lo conoscessero finalmente s'imbatté in un signore, il quale lo riconobbe per il figlio del re, che fra breve doveva essere condannato a morte.

Ella corse dal sovrano e disse: "Vedete questo ritratto? E' di colui che vi ha ridato la vista".

Il re rimase meravigliato, e avuta la spiegazione di tutto l'accaduto, condannò a morte i due figli cattivi, e levatasi la corona dal capo, la diede al figlio minore; dopo offrì la corona della regina alla fanciulla, che l'aveva salvato.

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GATTI

Due fratelli invidiosi l'uno dell'altro

C’erano una volta due fratelli; uno era ricco, e l'altro povero. Costui disse al primo: "In che modo ti sei arricchito?" Egli rispose:"Un giorno andai a Torremaggiore, e mi misi a fare il ciabattino; per ogni punto che cucivo, guadagnavo una lira, e così mi arricchii".

Il fratello sentito ciò, decise di fare anch'egli la stessa cosa. Cammina e cammina, fino a che vide una casetta e disse: "Ora vado là a chiedere un po' di fuoco per arrostire un pezzo di carne".

Mentre l'arrostiva, s'avvicinò una gatta, che fece sentire il suo "gnàu" Egli le disse: "Resta qua". Dopo un po' di tempo si accostò un'altra gatta, e fece lo stesso "gnàu". Poi si presentarono sette gatte, e quando la carne fu cotta, egli dette un boccone a ciascuna; così esse se ne andarono contente dopo avergli lanciato un dono, per il quale poteva cacciar denari dalla bocca.

Quando arrivò a Torremaggiore, appena gridava: chi vuol farsi accomodare le scarpe?", dalla bocca emetteva marenghi. Visto ciò, se ne tornò a casa e divenne ricco. L'altro fratello rimasto povero, andò da lui e gli domandò: Come hai fatto ad arricchire?" Quegli rispose: "Ho eseguito ciò che mi consigliasti, ed in tal modo mi sono arricchito".

Allora volle imitare il suo esempio, e messosi in cammino giunse a quella casetta; ma mentre arrostiva la carne, s'avvicinò un gatto e fece "gnau". Egli afferrò la scarpa e gliela buttò addosso facendola rimanere zoppa. Gli si accostarono le altre sette gatte, e le azzoppì tutte quante. Le gatte per dispetto lo fecero divenir gobbo. Accortosi di ciò, egli ritornò a casa, e rimase più povero di prima.

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CODA

I tre fratelli

C’erano una volta un padre, una madre e tre figli. Il primo genito chiese la benedizione dal padre e se ne andò in cerca di fortuna. Lo attesero invano per molto tempo, e vedendo che non tornava, il secondo genito decise di andare in cerca di lui. Ma nemmeno di costui si seppe più nulla.

L'ultimo figlio, desideroso di rintracciare i fratelli, chiese la santa benedizione dai genitori. La madre piangendo gli disse: "No, figlio, non devi allontanarti da noi, se no rimarremo soli". Ma egli volle partire, e dopo aver camminato molto giunse ad una piscina, presso la quale, vinto dal sonno, si pose a dormine. Quando si svegliò, vide un uccello che gli fece cadere vicino un anello affatato, e gli disse: "Se vuoi qualche cosa ordinala all'anello". Il giovane lo prese e continuò a camminare. Finalmente giunse in una città, dove s'incontrò col fratello maggiore, al quale narrò quanto gli era capitato, e gli offrì l'anello; così il fratello si fece ricco, ed egli rimase povero.

Un giorno il giovanetto, spinto dal bisogno, andò a chiedere un pezzo di pane dal fratello beneficato; questi lo accolse malamente, e lo fece precipitare dalle scale. Egli, addolorato di tanta ingratitudine, s'avviò per la campagna e si nutrì di erba.

Camminando giunse alla piscina, dove aveva incontrato l'uccello, il quale saputo che s'era fatto truffare l'anello, gli regalò una lanterna fatata; da essa poteva avere tutto quanto gli piacesse. Egli lieto della nuova fortuna, s'avviò per la capitale, dove s'imbatté nel fratello mezzano, a cui narrò le sue avventure; ed ingannato dalle moine e dalle promesse di lui, gli regalò la lanterna.

Quegli le ordinò di far sorgere un gran palazzo, ricco di ogni ben di Dio, e subito il suo desiderio fu appagato. Insuperbito di tanta ricchezza, si vergognò di avere un fratello povero, e lo cacciò via.

Lo sciocco allora s'accorse d'aver commesso un nuovo errore, e si pentì d'aver fatto tanto bene ai fratelli, che si erano mostrati ingrati. Allora tornò in campagna, e passando per un fondo, notò che c'erano tanti alberi di fichi, alcuni di color bianco, altri nero. Salì su di un albero di fichi bianchi, e se ne fece una scorpacciata; nello scendere s'accorse che attorcigliata al tronco c'era una lunga coda, e com'egli mise il piede a terra, scomparve. Colse una cesta di frutta da ciascun albero, e l'andò a vendere alla capitale.

Una serva del re, vedendo quei bei fichi, ne dié notizia al sovrano, che volle comprare le cesta dei fichi bianchi; ma quando lui e la famiglia l'ebbero mangiati, si trovarono d'avere una lunga coda. Non sapendosi spiegare questo strano fenomeno, il re mandò un bando, con cui prometteva una borsa di monete d'oro a chi avesse la capacità di liberare lui ed i principi da quel malanno.

Molti medici si provarono, ma non riuscirono a nulla. Il giovanotto si fece prestare un vestito da un medico, e si presentò al palazzo reale; diede a mangiare al re, alla regina ed ai principi i fichi neri, e presto essi furono guariti. Solo alla principessa disse che l'avrebbe liberata dalla coda, purché avesse promesso di sposarlo. Ella accettò, e dopo aver mangiato molti fichi neri fu salva. Raccontò la cosa al padre, il quale intuendo che quel giovane dovesse essere fatato, permise che sposasse la figlia; e così essi vissero contenti e felici.

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