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CONTA

Il suocero e la nuora

C’era una volta una famiglia composta dal marito, dalla moglie e dal suocero di lei. La donna, essendo di cuore duro e di temperamento nervoso, mal sopportava il povero vecchio malandato e bisognoso di tutte le cure necessarie alla sua tarda età. Avvenivano tutti i giorni dissidi in casa, accesi dalla cattiva donna che il marito non aveva la forza di dominare, e tutti i giorni si passavano amaramente.

Per farla finita il buon uomo, istigato sempre più dalla moglie intollerabile, decise di portare il povero padre all'ospedale. Grande dolore era per lui il dover quasi scacciare di casa colui che gli aveva dato la vita e che lo aveva allevato e educato durante la giovinezza spensierata. Suo padre aveva fatto tanto per lui, ed ora era questa la gratitudine che gli serbava! Ma egli non aveva più la forza di contrastare con la moglie, di cui era divenuto schiavo.

Un giorno si mise sulle spalle il corpo tremante e gracile del vecchio, e si incamminò verso l'ospedale.

Dopo un certo cammino, stanco, si fermò vicino ad un masso di pietra, che era situato lungo la via. Non appena fu seduto, il vecchio scoppiò in dirotto pianto. Il figlio meravigliato e commosso gli domandò perché fosse tanto sconfortato, e quegli rispose: "Vent'anni fa anch'io mi fermai a questo sasso col corpo di mio padre sopra le spalle; anch'io fui costretto da mia moglie ad allontanarlo di casa e a portarlo all'ospedale". Non disse altro, e continuò a piangere amaramente.

Il figlio meditò un poco sulle parole del padre, e poi risolutamente postolo sulle spalle, lo riportò a casa, pronto ad affrontare qualunque litigio con la moglie pur di non compiere un'azione che ripugnava al suo cuore.

Quando la donna vide tornare i due, fu presa dalle furie, e non risparmiò grida, improperi e scenate al marito; ma questi sopportò tutto con pazienza e rassegnazione, lieto in cuor suo di non essersi macchiato della colpa d'ingratitudine.

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quercia

Il figlio uccide il padre

C’era una volta una famiglia composta dal padre, dalla madre e da un figlioletto di tre anni. Il genitore, desideroso di sapere la fortuna che sarebbe toccata a questo infante, si rivolse ad un indovino il quale gli disse che il figlio, quando fosse giunto all'età di sedici anni, lo avrebbe ucciso.

Sgomentato da tale profezia decise di uccidere il bambino. Alla madre doleva di privarsi del figlio, e avendo pregato e scongiurato inutilmente il marito, prese in braccio il bimbo, e se ne andò in campagna, dove viveva girando per i boschi e nutrendosi di frutta selvatiche e di erbe.

Un giorno, dopo aver tanto camminato, scorsero di lontano una cascina, e si avviarono verso di essa; quando vi furono vicino, videro che in quella casa rustica c'erano degli uomini, ai quali domandarono ospitalità.

Erano una banda di briganti, i quali vedendo i due in uno stato miserando li accolsero benevolmente, e li tennero con loro. La madre preparava il pranzo ai briganti, ed il figlio andava procurando la legna per il fuoco. Il fanciullo divenuto giovanotto si unì coi briganti, ed era temuto per la sua forza ed il coraggio, tanto che fu nominato capo della comitiva; andava armato di tutto punto, e commetteva ruberie e omicidi.

Passarono così alcuni anni, quando un giorno il padre snaturato, il quale nulla sapeva della vita della moglie e del figlio, che anzi credeva già morti, andando ad una fiera si trovò a passare per le vicinanze del bosco, dove abitavano i masnadieri. Questi volendo depredarlo gli ordinarono di fermare il biroccio che egli guidava; egli ebbe paura e cercò di fuggire sferzando il cavallo; ma il figlio, che non lo conosceva, gli tirò una fucilata, e lo fece stramazzare al suolo. Corse a spogliarlo del portafogli e delle robe che portava, e lo seppellì sotto una quercia.

Allorché la comitiva tornò alla casa, e raccontò la prodezza fatta, la donna nel vedere la camicia del morto riconobbe le iniziali del nome e cognome del marito, che ella aveva ricamate molti anni prima.

Ebbe un tuffo al cuore, ed il pensiero le disse che l'ucciso doveva essere il marito. Espose tale sospetto al figlio, e per accertarsene volle vedere il cadavere. Andarono a disseppellirlo dal posto dove giaceva, e con orrore ella constatò che era proprio il marito.

Allora esclamò: "S'è verificato quello che l'indovino predisse! Figlio mio, tu non hai colpa d'aver ucciso tuo padre, ma è stato il destino, che così ha voluto".

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CAPPIO

Marito e moglie

C’erano una volta un marito ed una moglie. Egli per provare la fedeltà e la prudenza della consorte, una sera tornato da campagna si mostrò tutto agitato, e le disse che venuto a lite con un compagno l'aveva ucciso senza essere visto da alcuno; quindi la pregò di non dire niente a nessuno. La donna a tale nuova ebbe un sussulto di spavento, e giurò di non parlare con anima viva.

Il marito finse di coricarsi, e la moglie si fermò sull'uscio di casa. Appena vide passare la sua vicina, le fece cenno di avvicinarsi, e le disse a bassa voce: "Non sai che è successo? Ti raccomando di non dirlo a nessuno. Mio marito ha ucciso un uomo". L'altra rabbrividì, e si fece il segno della croce. Come si allontanò da quella casa, riferì il caso ad un'amica, la quale subito lo raccontò ad un'altra, ed in breve tempo tutti lo seppero.

Informatane la giustizia, trasse in arresto il creduto omicida, che stette in carcere vari giorni; fattasi la causa fu condannato a morte. Il giorno in cui doveva salire il patibolo, disse ai carnefici: "Sono innocente; è falso quello che dissi a mia moglie; volli sperimentare la sua segretezza. La persona che dissi essere stata da me uccisa, è viva e sana, e vi consiglio di andare a constatarlo".

Allora lo fecero scendere dal patibolo, e l'accompagnarono alla casina, in cui doveva trovarsi la persona che si credeva assassinata. La videro fresca e vegeta, che banchettava come un crapulone. Allora la giustizia riscontrò l'innocenza del voluto omicida, e lo liberò.

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canterin

La madrigna ed i figliastri

C’era una volta un padre, che rimase vedovo con due bambini, una chiamata Maria, e l'altro Filippo. Quest'uomo non potendo sostenere la croce della casa, si riammogliò con una donna, che per quanto amava il marito, per tanto odiava i figliastri, specialmente Filippo.

Il padre che era contadino, un giorno se ne andò in campagna senza portarsi il mangiare, e disse alla moglie di mandargli una pietanza di maccheroni con la carne. Quando egli se ne fu andato, la donna disse alla figliastra: "Come posso preparare il desinare, se tuo padre non ha lasciato danaro per la spesa?" Pensò un poco e poi disse: " Maria, uccidiamo Filippo!"

La fanciulla, a tali parole, scoppiò a piangere, e disse: "No, mamma, non uccidere il mio fratellino, che è peccato!" Ma la malvagia matrigna chiuse la ragazza in una camera, e afferrato il bimbo lo uccise. Lo fece a pezzi, e lo mise a cuocere; poi aprì la porta della camera dov'era rinchiusa la bambina, e le disse:

"Ti raccomando di non dire niente a tuo padre, perché se egli saprà il fatto, ti ucciderò".

La bimba tutta afflitta, seguì la matrigna, e arrivarono in campagna; si sedettero insieme col padre, e cominciarono a mangiare. Maria non voleva toccare cibo.

Il padre, vedendola afflitta, le domandò: "Che ti senti? Perché non mangi?" La fanciulla soffriva, e per paura della matrigna disse: "Mi duole il dente". Il padre domandò dov'era Filippo, e la moglie gli rispose: "Si è stancato di camminare, e per non perdere tempo l'abbiamo lasciato indietro, poiché viene lentamente". Quando finirono di desinare, la madre disse a Maria: "Va a buttare le ossa sotto all'albero che è nell'attiguo podere dell'avvocato!" E la piccina col cuore straziato, dovette ubbidire.

La sera tornarono in città; il padre domandò di nuovo notizie del figlio, e la cattiva donna rispose: "Forse ha incontrato qualche zingaro che l'ha condotto seco". Il padre si persuase, e di Filippo non se ne parlò più. Intanto le sue ossa, che erano sotto l'albero, si trasformarono in passerotto, che andava cantando:

"Brutta madre che mi ha ucciso,

Brutto padre che mi ha mangiato,

Buona sorella che mi ha buttato,

Sott'albero dell'avvocato".

Un giorno questo uccello passò da un punto dove lavoravano alcuni muratori, i quali a sentire quelle strane parole, dissero:

"Canta, canta, ché vogliamo comprendere quello che dici". L'uccello disse: "Se voi mi date un po' di polvere di tufo, io canterò". I muratori gliela dettero, ed egli cantò il solito ritornello.

Poi passò per la masseria dov'era la matrigna, la quale a sentire quel dolce canto, lo pregò di ripeterlo. L'uccello le disse: "Se mi dai una borsa di monete, io canterò". Ella gliela donò, e fu soddisfatta. Un canto così nuovo e bello le piacque molto, e fu vaga di sentirlo ripetere. Il passerotto rispose: "Chiama tuo marito, e canterò in presenza di tutt'e due."

Ella andò da lui e gli disse che un raro uccello cantava in maniera meravigliosa. Giunti sotto l'albero, dove era appollaiato il passero, lo pregarono di far sentire le sue melodie, ma quello invece di cantare, buttò la polvere di tufo che aveva sotto le ali, sui loro occhi, e li fece accecare. Dopo passò alla casina dove si trovava la sorella e ripeté il solito ritornello. Ella ne rimase incantata, e lo pregò di cantare un'altra volta. Il passerotto le disse di aprire il grembiule, e quand'ella lo spiegò, buttò in esso la borsa di monete, che aveva avuta dalla madrigna.

Stupefatta di tal cosa e vedendo che era un uccello fatato, volle acchiapparlo. Esso non oppose resistenza, e fu subito preso. La sorella lo accarezzò, lo baciò, gli dette tante cosine, e lo tenne con se.

Dopo vari giorni, il passerotto si trasformò in bambino, e fattosi conoscere si recò alla giustizia a denunziare il delitto compiuto dalla madrigna. Questa fu arrestata e morì in carcere.

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spazio

Non ti fidare di nessuno

Viveva in un paese un proprietario con la moglie, e si struggevano dal desiderio di avere un figlio. Il marito fece voto a Sant'Antonio di offrirgli un orologio d'oro, purché accontentasse il suo desiderio, e la moglie giurò di andare in pellegrinaggio alla Madonna dell'Incoronata, se fosse divenuta madre. Ma ogni loro preghiera fu inutile.

Tramontata ogni speranza decisero di adottare per figlio un trovatello, e lo fecero cresimare da un amico gendarme. Passarono vari anni, ed un giorno il buon uomo, volendo mettere alla prova la fedeltà della moglie, del figlio adottivo e del compare, inventò una bugia; disse alla donna che, essendo andato alla sua masseria, ed avendo trovato del disordine, aveva litigato col massaio, ed in un momento d'ira lo aveva ucciso. Quindi la pregò di non palesare ad alcuno il misfatto per evitargli la galera.

La moglie, pur comprendendo la gravità della situazione del marito. non seppe tenere la lingua a posto, ed il giorno dopo, appena fu sola, raccontò l'accaduto ad una vicina, raccomandandole di non riferire nulla ad alcuno. Costei, che era pettegola, pur avendo giurato di mantenere il silenzio, ben presto comunicò il segreto ad un'altra, e questa ad una terza, sicché di bocca in bocca la notizia dell'omicidio arrivò all'orecchio del gendarme. Questi non ostante l'intima amicizia che lo legava al voluto omicida, lo arrestò, e lo chiuse in prigione.

Fattasi la causa, il proprietario, denunziato dalla moglie e tradito dal compare, fu condannato a morte. Ma prima di morire chiese ai giudici la grazia di essere impiccato nella sua masseria; tale desiderio fu accolto. Poiché al momento dell'esecuzione nessuno voleva tirargli i piedi, il giudice promise un lauto compenso a chi si fosse prestato alla bisogna; allora il figlio adottivo del creduto omicida si offrì di fare da boia per guadagnare il premio promesso.

Il condannato chiese un'ultima grazia, cioè quella di rivolgere l'estrema preghiera alla statua della Vergine, che teneva nella casina, ed essendogli stata accordata, si recò nella stanza dove teneva nascosto il massaro, e lo fece uscire. Indi mostrandolo al giudice esclamò: "Non confidare mai i segreti a tua moglie, non adottare figli di nessuno, né stringere amicizia con sbirri". Spiegò il motivo per cui era ricorso a quell'astuzia, e, scacciati di casa coloro che lo avevano così ignobilmente tradito, volle vivere da solo.

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