FORMICATOPO2

LA STORIA DELLA FORMICHINA

C’era una volta una formica, assai timorata di Dio, tanto che andava sempre in chiesa.

Ed è proprio in quella chiesa che comincia la nostra storia: in mezzo ai banchi, tra una preghiera e l’altra, quando il suo sguardo cadde su una moneta da due soldi. La raccolse e, senza far vedere a nessuno la sua contentezza, uscì svelta svelta dalla chiesa. Già si mangiava il cervello alla ricerca della migliore maniera per investire il capitale.

- Vado… - andava pensando - Vado al mercato e mi compro un’arancia…, ma se compro l’arancia devo buttare la buccia… nonnonnò, mica mi conviene, che mica.

Vado al mercato e mi compro una pesata di grano…, ma se compro il grano devo buttare… nonnonnò, mica mi conviene, che mica.

Vado al mercato e mi compro una mela…, ma se compro la mela devo buttare…, nonnonnò, mica mi conviene, che mica.

Vado al mercato e mi compro una pera…, ma se compro la pera… Vado al mercato… No! Compro le noci? No! Vado al mercato… Compro le mandorle! … I fichi… i pomodori… una zucca… Nonnonnò!

Vado al mercato e mi compro… mi compro…sì, ecco, mi compro un nastrino e mi metto alla finestra!

E proprio così fece: andò al mercato, comprò il nastrino, s’infiocchettò la testa e, fattasi bella, si mostrò affacciata alla finestra.

Il primo a passare di lì fu un ciuccio.

- Commara formichina, mi vuoi per sposo a me?

- Sì - disse la formichina - però mi devi far sentire come fai la notte!"

- Ih Oh, Ih Oh, Ih Oh! - fece il ciuccio.

- No no no no, proprio non fai per me. - sentenziò formichina. Ed il ciuccio se ne andò.

Subito dopo passò di lì un cane.

- Commara formichina, mi vuoi per sposo a me?

- Sì - disse la formichina - però mi devi far sentire come fai la notte!

- Uò, uò uò! - fece il cane.

- No no no no, proprio non fai per me. - sentenziò formichina. Ed il cane se ne andò.

Passò quindi un gatto.

- Commara formichina, mi vuoi per sposo a me?

- Sì - disse la formichina - però mi devi far sentire come fai la notte!

- Miao miao miao! - fece il gatto.

- No no no no, proprio non fai per me. - sentenziò formichina. Ed il gatto se ne andò.

Allora passò un sorcio.

- Commara formichina, mi vuoi per sposo a me?

- Sì - disse la formichina - però mi devi far sentire come fai la notte!

- Gi gì, gi gì, gi gì! - fece il sorcio.

- Sì sì sì, tu sì che fai per me. - gridò formichina.

E subito subito quello salì per le scale, entrò, e si presero.

Ma…, a dispetto di tanto amore, il tempo trascorreva e… trascorse, fino a che un giorno, un bel giorno, un brutto giorno, le scorte in cucina finirono e la formichina dovette uscire di casa in cerca del mangiare. Prima di uscire, però, mise sul fuoco una pignatta con dentro un sughetto e, dopo le solite raccomandazioni: "Gira il sugo, ché

non si deve attaccare; non aprire a nessuno; sta’ attento, eccetera eccetera", uscì di casa.

Dapprima il sorcio badò a rigovernare la casa, e poi andò a rimescolare il sugo con il cucchiaio di legno. Salì sulla sedia, scoperchiò la pignatta, s’affacciò per fare quello che doveva fare.

Ma…, trattandosi di un brutto giorno, il destino volle che: il berretto gli cade nel sugo; tenta di riprendere il berretto; scivola e… e… e patapumft nel sugo; perde berretto amore vita e tutto.

Quando la formichina tornò e bussò alla porta, secondo gli accordi, nessuno veniva ad aprire. Tupp tupp e tupp tupp: manco per sogno. Allora, con l’agitazione dentro il cuore, si fece aiutare a sfondare la porta; così finalmente potette entrare.

E chiama di qua, e gira di là, del sorcio nessuna traccia. Disperata, la formichina s’affannava alla ricerca del suo sposo. Cercò dappertutto, ma senza conclusione.

Quando poi pensò di prepararsi da mangiare e si versò il sugo nel piatto fumante… … …

… … … Madonnaaaaaaaaa!!!!!

Piangeva. Pianse. Pianse. Come piange la triste formichina dalla triste storia!

E così vive infelice e scontenta!

 

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