Approfondimento della storia

maritoma

j0079190 smallPer lo studioso
 

È una versione assai semplificata, se non proprio degradata, della classica fiaba nota come Barbablù, e corrispondente a due tipi nella classificazione Aarne-Thompson: il tipo 311 (salvati dalla sorella) e il tipo 312 (l’ammazzagiganti e il suo cane).  La storia è entrata nel mondo letterario con la famosa raccolta di Perrault, del 1697, ed è la versione di Perrault che, dovunque ha potuto far sentire la propria influenza, ne ha condizionato la forma e la struttura. Infatti, la caratteristica principale della versione di Perrault è che le sorelle vengono salvate da un fratello, mentre nella maggior parte delle aree geografiche in cui la versione di Perrault non ha attecchito, è la sorella più giovane che svolge il ruolo e la funzione della salvatrice.

In ambedue le versioni, due sorelle cadono, l’una dopo l’altra, nelle grinfie di un orco o di un uomo crudele e mostruoso, che le conduce nel proprio castello, dove le lascia libere di girovagare in qualunque stanza, con l’eccezione di un’unica stanza proibita. Il giorno in cui disobbediscono, un oggetto (un uovo o una chiave) si tinge di sangue, tradendole. L’orco le uccide e ne nasconde il corpo da qualche parte. Alla fine, nel tipo 311, l’orco rapisce la più giovane delle sorelle, la quale scopre i corpi delle altre due e riesce a richiamarle in vita e a nasconderle. Dopo una fuga aiutata da espedienti e mezzi magici, la storia si conclude con la punizione dell’assassino. Nel tipo 312, invece, il salvataggio delle sorelle viene compiuto dal fratello (o dai fratelli): Perrault immagina che il marito-mostro lasci alla moglie, prima di ammazzarla, il tempo di dire le sue ultime preghiere. Essa tira le cose per le lunghe per dare il tempo di arrivare ai fratelli, che la salvano.

È da notare che frequenti sono le contaminazioni e le influenze reciproche con altri tipi narrativi, innanzi tutto con il tipo 956B (l’astuta fanciulla, sola in casa, uccide i ladroni), ma anche con i tipi 310 (la principessa nella torre, conosciuto soprattutto per la storia di Raperonzolo), 425A (il mostro sposo, ovvero la classica storia di Amore e Psiche) e 653 (i quattro abili fratelli).

BD04970  smallPer il letterato
 

Nella versione corrispondente al tipo 311, la fiaba si è diffusa in Germania e in quasi tutta l’Europa nordorientale, facendo riscontrare i centri di massima popolarità nei paesi baltici e in Norvegia. Più a Nord non sembra andare al di là degli Urali. La si ritrova in Palestina e ne sono state registrate diverse versioni in India. È stata portata fra gli eschimesi e nel Portorico. Un esame anche superficiale delle sue varianti sembrerebbe indicare nella Norvegia il suo centro più importante di disseminazione, se non addirittura il suo luogo d’origine.

La versione corrispondente al tipo 312, come detto, è fortemente condizionata dal racconto di Perrault: l’influenza di questo modello letterario si è fatta sentire fortemente il Francia, in Belgio e in Germania. Il tipo 312, però, non sempre è esattamente aderente alla versione di Perrault: al di fuori dell’orbita della sua influenza, il salvataggio può essere compiuto dal fratello con l’aiuto di cani magici o di animali selvatici. In questa forma, la fiaba è presente soprattutto in Norvegia.

La fiaba della ragazza andata in sposa a un marito malvagio (o a un mostro) presenta inoltre similitudini con un racconto delPentamerone di Basile: “La pulce” (I, 5), in cui un re alleva una pulce enorme, la fa scorticare e offre la figlia in sposa a chi ne sappia riconoscere la pelle (come nel tipo 621: “pelle di pidocchio”). A sciogliere l’enigma è un orco, al quale la ragazza è costretta ad andare in moglie. La ragazza vien poi liberata dai sette figli di una vecchia. Un elemento proprio di questa narrazione del Basile, che sembra influenzare numerose varianti diffuse nel Sud d’Europa (e, per quanto riguarda l’Italia, particolarmente in Sicilia, ma anche in Calabria, Abruzzo e Toscana), è il particolare macabro della carne umana offerta come cibo dall’orco alla moglie: un motivo che si trova ampiamente documentato nelle versioni turche esaminate da Eberhard e Boratav (W. EBERHARD-P. BORATAV, Typen türkischer Volksmärchen, Wiesbaden, 1953, pp. 170-173), e che si presenta anche in alcuni testi greci analizzati da Dawkins (R. M. DAWKINS, Modern Greek Folktales, Oxford, 1953, n. 17, p. 89). Sempre nel Pentamerone, nella storia di “Cannetella” (III, 1) c’è una principessa capricciosa a cui non va bene nessun marito. Con un inganno, un gran nemico del padre della protagonista nonché negromante, la sposa e la porta via con sé per rinchiuderla in una stalla. In luogo della proibizione di entrare in una certa stanza del castello, qui compare la proibizione di uscire dalla stalla.

 

 

 

Per il folklorista

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In tutta l’Italia settentrionale è diffusa una variante in cui lo sposo-mostro in realtà è il Diavolo, e la stanza proibita si rivela essere l’Inferno. In altre versioni, pure diffuse in diverse regioni d’Italia, tre sorelle vanno in spose a un capo dei ladri.

 
 

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Per il bibliografo


 Compare nelle seguenti raccolte: 

 

 

        •        J. &  W. GRIMM, Kinder- und Hausmärchen, Leipzig, 1856, libro I, n. 46, libro II, n. 66, libro III, n. 196. I.
        •           CALVINO, Fiabe italiane, Torino, 1956, nn. 9, 52, 142. 
        •           L. ANGIULI - L. DI TURI – G. MINARDI, Puglia in Favola, S. Prospero (Modena), 1999, parte I, nn. 1.2, 1.11.
        •            S. LA SORSA, Tradizioni Popolari Pugliesi, Bari Roma, 1928, parte III, n. 21, parte V, n. 32.
        •         D. CARRAROLI, Leggende, novelle e fiabe piemontesi, in “Archivio per lo studio delle tradizioni popolari”, XXIII, Palermo, 1906, n. 3.
        •           C. CORONEDI-BERTI, Al sgugiol di ragazù, Bologna, 1883, nn. 26, 27.
        •           D. G. BERNONI, Fiabe e novelle popolari veneziane, Venezia, 1873, n. 3.
        •           J. B. ANDREWS, Contes ligures, Paris, 1892, n. 9.
        •           I. VISENTINI, Fiabe mantovane, “ Canti e racconti del popolo italiano”, vol. VII, Torino, 1879, n. 39.
        •           CH. SCHNELLER, Märchen und Sagen aus Wälschtyrol, Innsbruck, 1867, n. 32.
        •           F. MANGO, Novelline popolari sarde, “Curiosità popolari tradizionali”, vol. IX, Palermo, 1890, n. 24.
        •           V. IMBRIANI, La Novellaja Fiorentina, Livorno, 1877, nn. 1, 2, 22, 23, p. 298.
        •           D. COMPARETTI, Novelline popolari italiane, vol. I, Torino, 1875, nn. 18, 38.
        •           O. CONTI, Letteratura popolare capracottese, Napoli, 1911, pag. 227.
        •           G. NERUCCI, Sessanta novelle popolari montalesi, Firenze, 1880, nn. 47, 49.
        •           C. MARZOCCHI, 130 novelline senesi, in Manoscritto 57 del Museo di arti e tradizioni popolari, Roma, nn. 58, 73.
        •           G. FINAMORE, Tradizioni popolari abruzzesi, vol. I, Novelle, Lanciano, 1882-85, n. 88.
        •           G. PITRE’, Fiabe, novelle e racconti popolari siciliani, Palermo, 1875, 4 voll., I, nn. 19, 21, 22, IV, app. n. 2.
        •           G. PITRE’, Nuovo Saggio di Fiabe e Novelle popolari siciliane, estr. dalla “Rivista di Filologia romanza”, vol. I, fasc. II e III, Imola, 1873, nn. 4-5.
        •           G. PITRE’, Fiabe e Leggende popolari siciliane, Palermo, 1888, n. 2.
        •           G. ZANAZZO, Novelle, favole e leggende romanesche, “Tradizioni popolari romane”, vol. I, Torino-Roma, 1907, n. 32.
        •           A. DE NINO, Usi e costumi abruzzesi, vol. III: Fiabe, Firenze, 1883, n. 47.
        •           L. GONZENBACH, Sichilianische Märchen, Leipzig, 1870, 2 voll., nn. 10, 22, 23.
        •           M. LA VIA BONELLI, Novelle popolari nicosiane di Sicilia, in “Archivio per lo studio delle tradizioni popolari”, VI, Palermo, 1887, n. 3.
        •            L. DI FRANCIA, Fiabe e novelle calabresi, Torino, “Pallante”, fasc. 3-4, dic. 1929, fasc. 7-8, ott. 1931, n. 27.
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