Per questa sceneggiatura si è tenuto conto anche della storia de: Il ragazzo svogliato

Questa è la storia di Mollica

          Personaggi

                             Narratore

                             Mollica ragazzo

                             Padre di Mollica

                             Mollica Giovane

                             Fortuna

                             Solista o Gruppo canterino (per finalino)

 

Scena  -La scena rappresenta un Teatro nel Teatro. In proscenio alberi ed alberi. Sullo sfondo un sipario chiuso con sopra, al centro, dipinta una casa che diventerà utile per rappresentare la casa della Fortuna (Il sipario interno non avrà l’apertura centrale: si aprirà, quando sarà il momento, prima da sinistra al centro e poi, al tempo, dal lato destro. L’accumulo che si creerà, lo individueremo come una parete che, opportunamente preparata con aggancio a fili di nylon, diventerà cielo quando sarà tirato dal fondo).

Con questa messa in scena s’intende, oltre che tener fede alle finalità per cui queste storie orali venivano utilizzate dai nostri nonni, dare la possibilità ai giovani allievi attori di prendere confidenza con spazio e tempo.

Il Sipario che divide lo spazio scenico dal pubblico è chiuso. Si affaccia dalla parte sinistra il Narratore che fa la sua domanda:

 

Narratore:        Una favola? (si avvicina ad un leggio sistemato in proscenio) Sì, un’altra favola. Seguitela... attentamente.

C’era una volta. C’era una volta un contadino. Un contadino né alto, né basso, né bello, né brutto. Un contadino come tutti i contadini, ma che, a differenza degli altri contadini, non voleva fare il contadino ed aveva il nomignolo di Mollica. Mollica odiava il suo lavoro e la zappa rappresentava per lui il triste mestiere di contadino.

Veramente il “mestiere” l’aveva scelto e sembrava che l’avesse anche adottato, ma…

Non è facile capire. Solo conoscendo i particolari che lo portarono ad accettare la sua condizione di lavoratore, non ci sorprenderemo di niente. Andiamo a raccontare. 
Bisogna sapere che Mollica quando era ancora ragazzino aveva ingaggiato con la vita una lotta alla ricerca del modo di condurla senza alcuno sforzo.

Andava a scuola a quel tempo ed un giorno...

Si apre il siparietto. Un uomo, sotto un albero, zappa la terra mentre si odono uccellini cinguettare e cicale trillare. Improvvisamente arriva in scena Mollica urlando. Gli uccelli spaventati volano via e il cinguettio termina così come vengono zittite le cicale.

Mollica rag.:     (Sbattendo una cartella scolastica per terra) Non voglio andare più a scuola! Voglio fare il calzolaio.

Padre:              (Smettendo di lavorare e guardandolo con rassegnazione) Ma come.., perché...è meglio che impari prima di metterti a lavorare...

                        E mentre si vedono i due che con l’azione mimata continuano a dialogare, l’uno – Mollica – sempre più arrabbiato e l’altro – Padre – bonario, il Narratore si inserisce per raccontare

Narratore:        (indicando i due che agiscono tra gli alberi)…e tiritè e tirità, e questo e quell’altro, il padre cercava di convincerlo, ma lui, niente, sembrava irremovibile.

Padre:              E va bene.

Narratore:        Il padre, alla fine, vista l’ostinazione di Mollica, acconsentì. Mano nella mano condusse amorevolmente il piccolo Mollica da un suo amico che, appunto, faceva di mestiere il calzolaio. (Si vede, mentre racconta, il Padre che, lasciata la zappa, conduce Mollica fuori scena) Lì lo raccomandò al calzolaio e lo lasciò. (Il Padre rientra, pensieroso, e si dirige verso la zappa. Sta appena accennando, inumidendosi le mani, a prendere la zappa, quando…) Era appena tornato al lavoro in campagna, quando, poco tempo dopo...

Mollica:            (Entra in scena, guardandosi le mani) Ahi, ahi, ahi, che male che fa. Mi duole lavorar...

Narratore:        tornò dal padre, dopo aver abbandonato il lavoro,...

Mollica:            (Sedendosi su un grosso macigno di pietra) Babbo, non voglio fare più il calzolaio.

Padre:              E che intendi fare?

Mollica:            Voglio mangiare e... Voglio fare... voglio fare... il sarto! Sì, voglio imparare l’arte del sarto!

Padre:              E va bene. Imparala pure! Vieni! (Di nuovo, mano nella mano, vanno – fuori scena – dal sarto)

Narratore:        E, con la santa pazienza, il padre, per la seconda volta fa contento Mollica. Gli prende amorevolmente la mano e lo accompagna dall’amico sarto. Un giorno però…, poco tempo dopo...

                        Questa volta si sentono le voci di Mollica e del Padre fuori scena.

 Mollica:            Ahi, ahi, ahi, che male che fa! Mi duole lavorar.

Narratore:        (Come se stesse origliando, si avvicina alla parte opposta, da dove sono usciti i due, e finge di ascoltare. Poi continua a raccontare) ... e così decise che non voleva fare il sarto. Sentiamo cosa vuole fare. (Sempre nell’atteggiamento di spia)

Padre:              E che arte vuoi fare?

Mollica:            Voglio fare il falegname perché... perché...

Padre:              Fa pure il falegname! (… e se ne torna al lavoro dei campi)

Narratore:        (Mentre il Padre comincia a mimare il lavoro) La giornata volgeva al termine e il contadino padre non aveva potuto attuare il programma che si era proposto: zappare il fondo di sua proprietà che aveva avuto in dote da suo padre che a sua volta l’aveva avuto… ecc. ecc. E, come se fosse un copione già scritto da altri, il piccolo Mollica che si era appena affacciato nella bottega del falegname e aveva visto il maestro falegname con in mano il martello che dava colpi...

                        Arriva trafelato…

      Mollica:            (piangendo) Anche questo mestiere è un lavoro. Alzare il martello, colpire il chiodo, segare, piallare...

Narratore:        Tornò dal padre!

     Mollica:            Babbo, io non voglio fare il falegname e non voglio fare nessun mestiere dove si lavora. Io non voglio morire di lavoro.

Padre:              Figlio mio, a scuola non sei voluto andare, l’arte del calzolaio non l’hai voluta imparare, l’arte del sarto nemmeno, quella del falegname... non ne parliamo... Che cosa vuoi fare?

Mollica:            Non voglio lavorare.

Padre:              Se non fatichi, non mangi.

Mollica:            Non voglio mangiare... se devo lavorare.

Padre:              Staremo a vedere. (Raccoglie la zappa e la bisaccia che contiene altre attrezzature per la campagna e, lui avanti e Mollica piagnucolante dietro, se ne tornano. È già il tramonto)

Narratore:        Per il Padre la giornata di lavoro è già terminata, senza aver concluso nulla. Prende le sue cose e, più stanco degli altri giorni, se ne torna a casa seguito Mollica. Passò il primo giorno, passò il secondo giorno.., il terzo giorno passò e... Mollica, fermo nella sua cocciutaggine, non toccava cibo…, il quarto, sfinito dalla fame...

                          Si sentono le voci fuori scena. Naturalmente la voce di Mollica è flebile: non mangia da più giorni..

Mollica:            Babbo! Voglio mangiare!

Padre:              Allora vuoi lavorare!

Mollica:            Voglio lavorare!

Padre:              Prendi la zappa e vieni con me in campagna. (Attraversano la scena: il padre avanti con zappa e bisaccia e Mollica dietro, copia – in piccolo - del padre. Giunti sotto l’albero, cominciano a ritmare il lavoro. Si dovrebbe realizzare un balletto con ritmo cadenzato delle zappe)

Narratore:        E da quel giorno Mollica s’adattò a lavorare. E, conoscendo il suo carattere, potete immaginare con quanto entusiasmo usasse la zappa.

Mollica:            Ahi, ahi, ahi, che male che fa. E’ triste lavorar.

Narratore:        E crebbe con questo “grande amore” per la vita del contadino.

                          Smettono di lavorare e…, è già tramontato il sole, se ne tornano mogi mogi: Padre avanti, Mollica dietro.

  Narratore:        Mollica cresceva e un giorno che lui era già grandicello il padre morì, lasciando Mollica a decidere del suo avvenire. Senza il padre, il suo carattere di eterno indeciso e di grande scansafatica prese il sopravvento e gli insegnamenti del padre andarono a farsi benedire insieme all’esperienza fatta nella sua fanciullezza.

 Mollica giovanotto arriva in scena, si dirige sotto l’albero e…, invece di mettersi a zappare, lascia tutto per terra e si sdraia all’ombra dell’antica pianta.

  Narratore:        Aveva cominciato di nuovo a pensare di poter vivere senza lavorare, e non solo lo pensava... Infatti, la terra ch’è fonte di vita, non era più considerata tale da Mollica.

                       Se è possibile, mentre Mollica sogna, riposa, dorme sotto l’albero, si potrebbe rappresentare con un trucco scenico la crescita delle erbe che coprono Mollica e parte dell’albero. (Legando un capo di edera ad un filo da pescatore si potrebbe, mentre il narratore racconta, far salire tante piante verso l’alto e, quindi, ottenere l’effetto desiderato.)

  Narratore:        La campagna, abbandonata e senza cura, veniva invasa dalla gramigna e gli alberi, prima rigogliosi e generosi, cominciarono ad inorgoglirsi soltanto di foglie.
Come viveva Mollica?

Mollica gio.:     (affacciandosi dalla selva erbosa, con il suo fucile spara e con la bocca fa bum bum)

Narratore:        Aveva imparato ad usare il fucile da caccia e con esso, senza muoversi, seduto sotto un frondoso albero in campagna, sparava a qualche malcapitato uccello, senza muoversi e senza faticare. La vita, se così si può dire, continuava ed anche Mollica continuava a fantasticare.

Fantasticava avventurose storie in cui il protagonista, lui, si guadagnava i favori della fortuna.

Mollica gio.:     (dopo aver cambiato posto e, sistemato sotto un altro albero con a fianco il suo fedele fucile, comincia a russare. Il suo sonno è invaso da un sogno, sempre lo stesso: Una fata, la Fortuna, si innamora di Mollica che fa le fusa mentre, sempre nel sogno, lei lo accarezza offrendogli agiatezza e tranquillità. Infatti…) O graziosa fata, non son degno.. Ma ti prego… No, non voglio altro, mi basta la tua compagnia e… (può continuare in sottofondo, alternandosi al Narratore)

Narratore:        La fantasia galoppava senza confine, ma…

Mollica gio.:     (Come se fosse stato disturbato da un incubo, si sveglia e guarda la zappa che, appoggiata all’albero di fronte – è diventata grandissima)

Narratore:        … la zappa ingombrante e poggiata ad un albero in campagna, sembrava lo guardasse con aria di rimprovero.

Mollica, distratto da quella presenza, urtato dalla distrazione, prese la decisione: legò la zappa all’albero e fatti pochi passi puntò il fucile e le sparò contro un colpo preciso che la ridusse in mille pezzi.

Mollica, infatti, svolge le azioni raccontate e dopo il suo “bum bum”, si alza e mima la camminata. 

Narratore:        e…, con il sacchetto di polvere, uno di pallini e il fucile a tracolla si mette in viaggio, in cerca di fortuna. 

Mollica:            (Cantando)

                        Finalmente, era ora 
che prendessi la mia strada. 
Con il sole che ristora 
Girerò ogni contrada

                        Viver senza, senza lavorare
                        Questa vita, sì, è da fare 
                        Un fucile per mangiare 
                        E fortuna ricercare.

                        Sì, fortuna, fortuna ricercare

(Mentre la canzone si dissolve in lontananza, anche Mollica esce di scena)

Narratore:        Camminò per pianure e per valli col suo fucile. Attraversò campi e boschi sparando e impallinando animali con cui poi si ristorava.

                        Mollica, rientrando in scena con gli abiti visibilmente logori, realizza quanto si va descrivendo. È necessario che gli atteggiamenti siano plastici, come in un balletto. Per aiutare l’interprete sarebbe utile provvedere ad una base musicale. 


E spara oggi, spara domani, le provviste di polverina e di pallini che aveva si esaurirono. Naturalmente la conseguenza fu la fame e la miseria più nera.
Come sopravvivere in quelle condizioni senza l’aiuto della fortuna? Era agli estremi. La speranza dell’evento fortunato che gli permettesse di attuare il suo desiderio “vivere senza lavorare” era morta. Anche le forze stavano per abbandonarlo. Fu allora che prese la decisione di farla finita: ammazzarsi.

                       (Indicando Mollica che sta per attuare l’insano gesto) Sta per attuare la sua decisione quando, alza gli occhi al cielo per implorarne il perdono e il suo sguardo è attratto da una torre che si erge lontana in mezzo al folto degli alberi.

                       (Appunto una torre è dipinta sul sipario all’interno della scena: vedi esempio. Quando Mollica alza lo sguardo, una luce illumina il telo.)

                        La speranza si riaccese. Quale domicilio poteva essere più adatto per la Fortuna se non una torre ben messa?

  
  
                        Si trascinò fino alla torre e, trovata la porta aperta, vi entrò.

                            (Il sipario, come già detto, si apre da sinistra verso il centro lasciando intravedere il mucchio d’oro:)

 

    Narratore:        Con sua meraviglia vide che nella prima stanza c’era un mucchio, che dico “un mucchio”, una montagna di monete d’oro. Era sì la casa della Fortuna. Finalmente! Finalmente! Finalmente Mollica era riuscito nel suo intento. Subitamente, alla vista di quello  spettacolo, gli ritornarono le forze e senza perdere tempo si buttò sul mucchio per riempire i suoi sacchetti, ma...

                                     (Mollica è sul punto di mettere la mano sul gruzzolo, quando…)

Voce Fortuna:              Fermo!

                                    (Mollica rimane fermo e la sua espressione lascia vedere il terrore che la sorpresa gli ha provocato.)

Narratore:        Troppo facile. Non può la storia di uno scioperato finire lietamente senza che il protagonista non abbia raggiunto la consapevolezza dei propri errori. Eh no! Infatti quella voce, la voce della Fortuna, che l’aveva bloccato continuò:

Fortuna:           Mollica, è tuo quell’oro?

Narratore:        Mollica non rispose, impaurito dall’improvviso evento.

Fortuna:           Non rispondi! Non è roba tua e non puoi toccarla!

                         (Mollica scompare dietro l’altra metà del sipario ancora chiuso e, mentre il Narratore continua, si apre dall’altra parte estrema lasciando intravedere il mucchio d’argento:)

Narratore:        Mortificato e deluso, mogio mogio Mollica passò in un’altra stanza. La vista d’una montagna, ma che dico “montagna”, molto di più... la vista di tutto quel tesoro in lingotti d’argento, cento volte più grande della prima, gli fece ridestare il morale. S’affrettò guardingo per farsi una provvista, ma...

Casella di testo:

                                     (Come prima, Mollica rimane fermo in posizione plastica, mentre la voce… )

  Voce Fortuna:              Non è roba tua! Non puoi toccarla!

  Narratore:        Rammaricato del nuovo divieto, passò nella stanza successiva.

                          La parte di sipario raggruppata al centro si alza tirata dal fondo da fili legati agli angoli che poggiano sul piano scenico. Una volta sollevato, il telo sembra creare un soffitto e lascia intravedere una gigantesca Zappa.)

Narratore:           Lì, giganteggiava una zappa. Mollica, alla vista di quella zappa, si turbò e girò la testa da tutt’altra parte, ma la Fortuna...

Voce Fortuna:     Mollica, prendi quella zappa! E’ roba tua. Torna ai tuoi campi e scava profondamente il terreno; lì troverai la fortuna che cerchi.

                          (Mollica realizza quanto descrive il Narratore. E, mentre mima la camminata sopraffatto dal peso della gigantesca zappa, il sipario si chiude e Mollica si ritrova al punto di partenza; zappa e zappa... )

Narratore:        A malincuore Mollica prese la zappa, a malincuore Mollica se ne tornò al paese, scavò il terreno, arò, seminò e, quando giunse il tempo del raccolto,

                          (Si possono aver predisposte sulla scena delle strisce di cartone, che vanno da quinta a quinta, su cui è disegnato del grano. Al momento in cui si racconta l’avvenimento del prodigioso raccolto verranno girate in verticale e, quando saranno in visione del pubblico, potremo rendere visibile anche il racconto del Narratore che…)

Narratore:        … (continuando, senza fermarsi) con grande piacere considerò il frutto del suo lavoro.

Mollica:                       (Felice, considerando il miracolo del lavoro, canta muovendosi con passi di danza)

            Finalmente, era ora
Che prendessi questa strada
Con il sole che innamora 
Coglierò frumento e biada  Viver sempre col lavoro  
questo è il vero gran tesoro.
Una zappa può sfamare, 
l’illusione fa annoiare.

Sol la zappa può sfamare 
            L’illusione fa annoiare

Narratore:        (Mentre Mollica continua a danzare, sfumando il canto, conclude con…) Allora capì ogni cosa e da quel giorno più non riposa.

                          Vengono avanti ad uno ad uno i cantanti che, accompagnati dalla musica, intonano…

  

(canzoncina di conclusione)
 Sempre dal seme nasce il fiore  
 

e per piantarlo ci vuole amore   Sempre dal fiore un frutto nascerà  
a chi sudore seminerà   

Seme e sudore fanno radice 
Mentre il poltrone dice e ridice.

  

FINE

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