Approfondimento della storia

UccellOro

 

 

 


Per lo studioso
 

Corrisponde al tipo 567 nella classificazione Aarne-Thompson (Il cuore magico dell’uccello). Vi compare il motivo D1015.1.1 dell’indice dei motivi del Thompson (il cuore magico dell’uccello).

Spesso questa narrazione si trova collegata con la storia dei due fratelli (tipo 303 nella classificazione Aarne-Thompson), alla quale funge da introduzione: in questa forma la troviamo in una delle due versioni riportate nella raccolta dei fratelli Grimm.

Anti Aarne, attraverso un accurato studio comparativistico delle diverse versioni (A. AARNE,Vergleichende Märchenforschungen, “Mémoires de la Société Finno-Ougrienne” XXV, Elsingfors, 1908, pp. 143-200), ha ricostruito quella che probabilmente dovette essere la forma originaria della storia del cuore magico dell’uccello, nei seguenti termini: un pover’uomo ha avuto dalla sorte un uccello magico, che depone uova d’oro.


Per il letterato
 

Il pover’uomo, vendendo queste uova, diventa ricco. Un giorno in cui lui è assente, la persona che gli ha comprato le uova si reca in casa sua e riesce a sedurre la moglie, convincendola a cucinare e a servirgli l’uccello incantato. L’uccello, infatti, possiede un’altra facoltà magica: chiunque ne mangi la testa diverrà un capo, chiunque ne mangi il cuore troverà ogni sera, al momento di andare a dormire, dell’oro sotto il cuscino. La donna uccide e cucina l’uccello, le cui carni, però, per caso capitano nelle mani dei due figli dell’uomo assente, i quali, ignorandone le qualità, ne mangiano l’uno la testa e l’altro il cuore. L’amante della donna scopre l’accaduto, ma non si dà per vinto: infatti sa che il mangiare le carni di chi ha mangiato l’uccello dona le stesse facoltà magiche che si otterrebbero mangiando direttamente l’uccello. Persuade così la donna a uccidere e a cucinare i due figli. Questi scoprono i piani ai loro danni e scappano. Quello che ha mangiato la testa dell’uccello capita in un regno il cui re è morto, e si deve scegliere un successore. Egli compie cose meravigliose, e così viene acclamato come nuovo re. L’altro giovane riceve tutto l’oro che desidera, ma nel corso delle sue avventure viene ingannato prima da una fanciulla, poi da una vecchia. Egli punisce la fanciulla servendosi dei suoi poteri magici per trasformarla in un’asina, la quale riceve un sacco di legnate. Alla fine le restituisce l’aspetto umano. Alla fine della storia i due fratelli puniscono la madre traditrice.

Per il folklorista

Mentre in passato si era creduto che la sua culla fosse l’India, lo studio di Aarne colloca il luogo d’origine di questa storia in Asia occidentale, molto probabilmente in Persia. La si trova nel Tūtī Nāmeh persiano del 1300, ma Aarne dimostra che la sua vita è stata prima di tutto orale e che, nella pratica, non è stata influenzata dalle rielaborazioni letterarie. Sulla seconda parte della fiaba molto probabilmente ha esercitato una certa influenza il romanzo popolare tedesco Fortunatus della metà del sec. XV (il furto dell’oggetto magico da parte di una principessa, l’erba che fa diventare asino).

La fiaba è molto conosciuta in Europa orientale, soprattutto in Russia e attorno al Baltico, ma è diffusa anche nell’Europa occidentale e meridionale e nell’Africa settentrionale. I francesi l’hanno portata in Canada.

In Italia è diffusa un po’ in tutte le regioni. Ne esiste una versione greca di Calabria in cui, al posto dell’uccello magico compare un granchio.

 

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Per il bibliografo

Compare nelle seguenti raccolte:

  • J. & W. GRIMM, Kinder- und Hausmärchen, Leipzig, 1856, libro I, n. 60, libro II, n. 122.

  • I. CALVINO, Fiabe italiane, Torino, 1956, n. 146.

  • S. LA SORSA, Tradizioni Popolari Pugliesi, Bari Roma, 1928, parte IV, n. 20.

  • L. BRUZZANO, Il Granchio che fa le uova d’oro, Roccaforte Calabro, in “La Calabria”, a. X (1897), nn. 1, 2, 3.

  • I. VISENTINI, Fiabe mantovane, “Canti e racconti del popolo italiano”, vol. VII, Torino, 1879, n. 33.

  • C. MARZOCCHI, 130 novelline senesi, in Manoscritto 57 del Museo di arti e tradizioni popolari, Roma, n. 80.

  • A. DE NINO, Usi e costumi abruzzesi, vol. III: Fiabe, Firenze, 1883, n. 21.

  • V. IMBRIANI, XII Conti pomiglianesi, Napoli, 1877, n. 3.

  • G. PITRE’, Fiabe, novelle e racconti popolari siciliani, Palermo, 1875, 4 voll., I, n. 25.

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