Approfondimento della storia

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Per lo studioso
 

In questa storia pugliese compaiono i motivi H41 (riconoscimento della regalità da caratteristiche o tratti personali), L101 (l’eroe da cui ci si attende ben poco), L160 (successo dell’eroe da cui ci si attende poco) e L161 (l’eroe di rango inferiore sposa la principessa) dell’indice dei motivi del Thompson.


Per il letterato
 

Per il particolare del ragazzo apparentemente umile che, per alcuni tratti del carattere, dimostra di avere sangue reale, la fiaba ci ricorda il tipo 920 della classificazione Aarne-Thompson (il figlio del re e il fabbro): in questo tipo fiabesco c’è un re che, per motivi che possono cambiare da narrazione a narrazione, decide di sbarazzarsi del proprio figlio e lo scambia con il figlio di un fabbro. Il giovane principe, vivendo con il fabbro, cresce dimostrando in varie forme e in vari modi la sua intelligenza e soprattutto la sua superiorità rispetto ai compagni. Per esempio, quando i ragazzi giocano al re, è lui che ogni volta viene puntualmente scelto per interpretare la parte del re. Il giorno in cui il figlio del re e il figlio del fabbro vengono messi a confronto, ognuno dei due tradisce le proprie vere origini. Alla fine, il re riprende con sé il proprio vero figlio, il quale eredita il regno.

Per il folklorista

In questa storia pugliese si mescolano e si incrociano temi molto diffusi nei racconti popolari. Innanzi tutto c’è lo schema del “Cenerentolo”, in cui uno di più figli maschi (solitamente tre) non promette un granché, o perché è il minore, o perché ha modi impacciati, o perché il suo aspetto è modesto: alla fine, contro ogni previsione iniziale, è proprio costui ad avere successo là dove i fratelli hanno fallito. Poi c’è il motivo del “predestinato”, che in questo caso viene sviluppato con una profezia e con un ragazzo in apparenza umile e dalle origini sconosciute che alla fine si scopre essere figlio di una regina.

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Per il bibliografo
Compare nelle seguenti raccolte:

  • S. LA SORSA, Tradizioni Popolari Pugliesi, Bari Roma, 1928, parte IV, n. 3.

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