PRIGIONE

Ero figlia ed ora sono madre

ho un figlio che è marito a mamma

Un tale avendo commesso involontariamente un omicidio, fu chiuso in prigione, e fattosi il processo fu condannato a morire di fame. Egli aveva al mondo solo una figlia, che dietro permesso sovrano poté visitare il padre negli ultimi giorni della sua vita. A vederlo ogni giorno deperire per la fame, era straziata dal dolore, ma non poteva soccorrerlo, perché ogni volta che le era concesso di entrare nella cella, dove penava l'infelice genitore, era perquisita dagli sbirri, e non poteva offrirgli nemmeno uno spillo. Ma un giorno per volere divino, il petto della fanciulla si empì di latte, ed allora essa l'offrì allo sventurato, che poté in qualche modo sostenersi in vita.

La cosa durò per parecchi mesi, e i carcerieri, vedendo che il condannato non moriva, sospettarono che la figlia usasse dei mezzi illeciti o diabolici per sostenere le forze del padre. Quindi deliberarono di rinchiudere anche lei in un'altra cella, e le dissero che sarebbe restata lì, fino a quando avesse rivelato il segreto. La fanciulla dichiarò che era innocente, e che mai aveva portato cibo al carcerato. Ma perché quelli insistevano nel volere sapere la verità, ella disse al direttore della prigione: "Lo dico con un indovinello, se voi riuscite a scioglierlo, avete diritto di condannare me e mio padre; nel caso opposto dovete liberarci". Il direttore delle carceri riferì la cosa al giudice, che curioso di indagare sullo strano caso acconsentì. La fanciulla disse il seguente indovinello:

"Ero figlia, ed ora sono madre,

Ho un figlio, che è marito a mamma"

Giudice e carcerieri si studiarono d'interpretare il bizzarro indovinello, ma dopo vari giorni di inutili indagini, si dettero per vinti; perciò si recarono alla cella della fanciulla, e la misero in libertà insieme al padre, pregandola di dare lei la soluzione. Ella allora spiegò come da figlia del condannato era divenuta madre per avergli dato il proprio latte.

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