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La madrigna ed i figliastri

C’era una volta un padre, che rimase vedovo con due bambini, una chiamata Maria, e l'altro Filippo. Quest'uomo non potendo sostenere la croce della casa, si riammogliò con una donna, che per quanto amava il marito, per tanto odiava i figliastri, specialmente Filippo.

Il padre che era contadino, un giorno se ne andò in campagna senza portarsi il mangiare, e disse alla moglie di mandargli una pietanza di maccheroni con la carne. Quando egli se ne fu andato, la donna disse alla figliastra: "Come posso preparare il desinare, se tuo padre non ha lasciato danaro per la spesa?" Pensò un poco e poi disse: " Maria, uccidiamo Filippo!"

La fanciulla, a tali parole, scoppiò a piangere, e disse: "No, mamma, non uccidere il mio fratellino, che è peccato!" Ma la malvagia matrigna chiuse la ragazza in una camera, e afferrato il bimbo lo uccise. Lo fece a pezzi, e lo mise a cuocere; poi aprì la porta della camera dov'era rinchiusa la bambina, e le disse:

"Ti raccomando di non dire niente a tuo padre, perché se egli saprà il fatto, ti ucciderò".

La bimba tutta afflitta, seguì la matrigna, e arrivarono in campagna; si sedettero insieme col padre, e cominciarono a mangiare. Maria non voleva toccare cibo.

Il padre, vedendola afflitta, le domandò: "Che ti senti? Perché non mangi?" La fanciulla soffriva, e per paura della matrigna disse: "Mi duole il dente". Il padre domandò dov'era Filippo, e la moglie gli rispose: "Si è stancato di camminare, e per non perdere tempo l'abbiamo lasciato indietro, poiché viene lentamente". Quando finirono di desinare, la madre disse a Maria: "Va a buttare le ossa sotto all'albero che è nell'attiguo podere dell'avvocato!" E la piccina col cuore straziato, dovette ubbidire.

La sera tornarono in città; il padre domandò di nuovo notizie del figlio, e la cattiva donna rispose: "Forse ha incontrato qualche zingaro che l'ha condotto seco". Il padre si persuase, e di Filippo non se ne parlò più. Intanto le sue ossa, che erano sotto l'albero, si trasformarono in passerotto, che andava cantando:

"Brutta madre che mi ha ucciso,

Brutto padre che mi ha mangiato,

Buona sorella che mi ha buttato,

Sott'albero dell'avvocato".

Un giorno questo uccello passò da un punto dove lavoravano alcuni muratori, i quali a sentire quelle strane parole, dissero:

"Canta, canta, ché vogliamo comprendere quello che dici". L'uccello disse: "Se voi mi date un po' di polvere di tufo, io canterò". I muratori gliela dettero, ed egli cantò il solito ritornello.

Poi passò per la masseria dov'era la matrigna, la quale a sentire quel dolce canto, lo pregò di ripeterlo. L'uccello le disse: "Se mi dai una borsa di monete, io canterò". Ella gliela donò, e fu soddisfatta. Un canto così nuovo e bello le piacque molto, e fu vaga di sentirlo ripetere. Il passerotto rispose: "Chiama tuo marito, e canterò in presenza di tutt'e due."

Ella andò da lui e gli disse che un raro uccello cantava in maniera meravigliosa. Giunti sotto l'albero, dove era appollaiato il passero, lo pregarono di far sentire le sue melodie, ma quello invece di cantare, buttò la polvere di tufo che aveva sotto le ali, sui loro occhi, e li fece accecare. Dopo passò alla casina dove si trovava la sorella e ripeté il solito ritornello. Ella ne rimase incantata, e lo pregò di cantare un'altra volta. Il passerotto le disse di aprire il grembiule, e quand'ella lo spiegò, buttò in esso la borsa di monete, che aveva avuta dalla madrigna.

Stupefatta di tal cosa e vedendo che era un uccello fatato, volle acchiapparlo. Esso non oppose resistenza, e fu subito preso. La sorella lo accarezzò, lo baciò, gli dette tante cosine, e lo tenne con se.

Dopo vari giorni, il passerotto si trasformò in bambino, e fattosi conoscere si recò alla giustizia a denunziare il delitto compiuto dalla madrigna. Questa fu arrestata e morì in carcere.

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