FIENILE

Gli animali che parlano

Un giorno Gesù andava con gli apostoli per la campagna; sopraggiunta la notte, chiese ospitalità da un proprietario di masseria, che li accolse con grande generosità. La mattina seguente, mentre il Signore ringraziava l'ospite delle accoglienze cortesi, questi gli domandò una grazia, cioè quella di avere lui solo la facoltà di comprendere il linguaggio degli animali. Gesù gliela concesse, ma lo pregò di non comunicarla ad alcuno, perché, se veniva meno alla promessa, era condannato a morire improvvisamente.

Da quel momento il massaio poté sentire ciò che dicevano i suoi animali, e si divertiva ad ascoltare i loro ragionamenti più o meno assennati.

Un giorno sentì che l'asino diceva ad una vacca che gli era vicina: "Beata te che sei così ben trattata dal padrone! Non fai ciò che faccio io, eppure ti nutre bene, ti sparge la paglia sul posto dove devi riposare, ti pulisce, ti guarda con ogni attenzione mentre io dall'alba al tramonto vado affaticandomi di qua e di là, e quando, stracco, la sera torno alla masseria, nessuno mi toglie il basto, ho due calci nel sedere, rimproveri e maledizioni, e per sfamarmi mi buttano un po' di paglia o due foglie secche, e mi fanno dormire sulla nuda terra. "T'inganni" rispose la vacca. "Anch'io vado tutto il giorno coll'aratro al collo, e fatico nello scavare i solchi; né quello che faccio io, è simile a quanto fai tu". Ma l'asino insisteva nel mettere in evidenza i suoi meriti, ed allora la vacca gli disse: "Domani io mi farò trovare ammalata, e tu prenderai il mio posto". L'altro accettò. Difatti il mattino la vacca se ne stava sdraiata per terra, e per quanto il padrone, che aveva sentito tutto, la stitmolasse perché si alzasse, non riuscì a muoverla. Allora mise l'aratro al collo dell'asino, e lo portò ad arare nel campo.

La povera bestia provò quanto fosse diversa la fatica della vacca da quella sua, e la sera tornò alla stalla più morta che viva. Tuttavia per non darsi vinta, si mostrò arzilla, e quando la vacca le domandò come si sentisse, rispose che tutto era andato bene.

Ma nei giorni seguenti il padrone notò che il risultato dato dal lavoro del somaro non era quello che gli dava la vacca; d'altra parte l'asino cominciò a lagnarsi della troppa fatica; ma la vacca si sentiva bene a stare oziosa, e gli disse che avrebbe continuato a fingersi malata. Il padrone come sentì ciò, disse alla moglie: "Domani ammazzo la vacca, prima che muoia". Quella a sentire ciò, tremò di paura, e per dar prova d'essere sana, si levò immediatamente e dette un sì potente balzo, che con le corna ruppe il tavolato della stalla. "Ah!" disse il padrone. "Ti ha fatto paura la morte! Torna al lavoro, poltrona, ed io ti tratterò bene".

La moglie invidiava la fortuna che aveva il marito, ed era curiosa di sapere anche lei quello che dicevano le bestie. Il marito che l'amava molto, cercò di schermirsi per vario tempo, ma alla fine, spinto dall'affetto e dimentico della promessa fatta a Gesù, decise di comunicarle il segreto.

Quella mattina tutti gli animali che erano nella masseria sapendo quello che al padrone doveva accadere, erano tristi ed afflitti: solo il gallo, come al solito, cantava allegramente e pizzicava spesso le galline. Gli si avvicinò il cane, e gli disse: "Non ti vergogni di stare così allegro, quando tra breve il padrone deve morire?" "E perchè?" gli domandò il gallo. "Perchè deve comunicare alla moglie il segreto dettogli da Gesù". "Ed è uno sciocco!" ripigliò il gallo; "non si perde la vita per soddisfare la futile curiosità di una donna. Se fossi io, mi comporterei diversamente". Il massaio sentì quelle parole, e pensò fra sè: "Sono più intelligenti gli animali, che gli uomini; ma io voglio essere saggio". Andò nella stanza vicina, e si armò di un poderoso bastone; poi chiamò la moglie e le assestò vari colpi. Ella strillava e voleva sapere la causa di tale bastonatura, ed il marito le disse che quello era stato il segreto camunicatogli da Gesù.

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