MONELLI

Mazze e panelle fanno i figli belli

Quando i genitori sono troppo buoni e deboli verso i figli, li menano alla rovina. L'eccessiva bontà e l'indulgenza, invece di far loro del bene, li portano alla perdizione.

C'era una volta una famiglia composta dal padre, dalla madre e da tre figli. La madre se ne andava la mattina in chiesa a sentir messe, e a recitare rosari, e lasciava i figli in custodia di una vecchia serva, che adempiva ai servizi di casa, e badava ai ragazzi.

Il padre era impiegato alla ferrovia, entrava alle otto in ufficio, e ne usciva alle dodici.

Mangiava in casa a mezzodì, e poi tornava all'ufficio per uscirne la sera.

I figli non avendo il freno del padre, facevano il comodo loro; s'alzavano tardi, e andavano a scuola sudici.

Il loro profitto era scarso, perché, quando stavano a casa, invece di studiare, si trastullavano o conversavano. Spesso andavano in giardino a giuocare alla palla coi compagni, e facevano monellerie d'ogni genere.

La madre che vedeva tutto questo disordine, pensava che i figli erano piccoli, e li lasciava fare; quando il padre s'inquietava, vedendo i ragazzi cattivi e sfaticati, la moglie ne prendeva le difese, dicendo che tutti i ragazzi sono vivaci, e bisognava che fossero diventati grandi, perché mettessero senno.

Ed il padre, che era un buon uomo, si lasciava persuadere da ciò che gli diceva la moglie, e non prendeva provvedimenti.

Una sera un uomo passando vicino al giardino, fu colpito ad un occhio da una pietra lanciata da uno dei ragazzi, e protestò vivacemente presso della madre. Costei, invece di punire lo screanzato, cercò di scusarlo, e per calmare le giuste ire del ferito, gli dette del denaro.

Un giorno i ragazzi marinarono la scuola, e furono dal direttore sospesi per vari giorni; la madre, come al solito, per non farli punire dal marito gli celò il fatto; ma allorché egli lo venne a sapere, voleva dar loro una lezione. La madre che era debole per i figli, cercò di scusare la loro mancanza e disse: "Sono piccoli, e non comprendono quello che fanno. Se non godono ora, quando dovranno divertirsi" Lasciali giocare, e vedrai che quando saranno grandetti, metteranno giudizio". Il padre borbottò un poco, e poi non si curò di mettere a dovere i figli.

Qualunque mancanza facevano, non solamente non erano battuti, ma dai genitori erano scusati e compatiti. Così quei ragazzi diventarono vere canaglie.

Quando furono grandi, si trovarono ignoranti e senz'arte; nessuno aveva istruzione. Il primo a vent'anni era giocatore di carte, e da mane a sera stava nei caffè con vagabondi peggiori di lui. Non potendo avere denaro dalla famiglia, un giorno rubò un anello ad un orefice, fu acchiappato ed incarcerato.

Il secondo ch'era meno birbante, non aveva voluto studiare, e invece di fare il signore, com'era nato, si ridusse ad esercitare l'arte del calzolaio, tanto per non morire di fame. Quando i parenti lo vedevano malamente vestito, lo sfuggivano per vergogna, ed egli malediceva i genitori che non l'avevano saputo educare, e l'avevano ridotto a quello stato.

Il terzo era un vero delinquente; da piccola età aveva mancato di rispetto ai genitori, e divenuto giovane, non avendo istruzione, si arruolò come volontario nei poliziotti per guadagnarsi il pane. Da tutti era allontanato, e i genitori stessi, quando lo vedevano, lo scansavano. Un giorno questa birba, che non portava rispetto neanche ai superiori, schiaffeggiò il suo tenente, e fu messo in prigione. Quando si trattò la causa, fu condannato a dieci anni, e perdette il posto e l'onore. La madre a quella notizia svenne, ed il padre gridava come un pazzo: "Che brutta sorte è toccata ai nostri figli! Sono i più cattivi del paese"!

Gli amici e parenti si erano allontanati per non avere che fare con loro, sapendo che erano stati disonorati dai figli. Ognuno li criticava, perché non avevano saputo istruirli.

Allora capirono il male che avevano fatto, e compresero che è vero il proverbio: "Mazze e panèlle fanno i figli belli".

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