denaro

LA FORZA DEL DENARO

Viveva una volta, in una misera casa, un vecchio povero e solo. Un tempo, però molto lontano, egli era stato sposo e padre felice di quattro figli. Costoro, ormai adulti, si erano sposati ed erano andati a vivere ciascuno per proprio conto, abbandonando la casa paterna. Non molto tempo dopo, il vecchio rimase anche vedovo.

La perdita della moglie lo abbatté tanto che egli perse qualsiasi ragione di vita. Si chiuse in se stesso a tal punto da trascurare tutto: se stesso, casa, lavoro, figli...

Questi ultimi, dal canto loro, presi ciascuno dalle proprie preoccupazioni, avevano diradato a tal punto le visite che, a volte, passavano mesi prima che ritornassero a rivedere il padre. E, quando ci andavano, era sempre per una visita molto frettolosa.

Ma il tempo passava inesorabile ed il vecchierello si riempiva sempre d'acciacchi e nostalgie.

Arrivò pertanto un giorno in cui la solitudine cominciò a pesargli più di ogni altra cosa e il bisogno di avere più spesso i figli accanto divenne per lui imperioso e vitale. Ma come fare?

Poiché i figli non si muovevano, decise di uscire dal suo isolamento e di recarsi lui da loro.

Così, un giorno, sostenendo i suoi passi malfermi con un bastone, arrivò a casa di uno di essi, bussò e...

- Oh, papà! Entra! Siediti! - Lo accolse il figlio sulla soglia, con la mano alla maniglia e un piede già in strada. - Entra! E scusami se esco! Ho tante cose da sbrigare! - e se ne andò via frettoloso.

- Siediti, papà, e scusami! - ribatté la nuora - devo rassettare, ho tanto da fare! - e lo lasciò in un angolo della casa.

Il vecchio, solo, rimase un po' a disagio, poi, temendo d'essere di troppo, salutò e andò via.

Strascicando, raggiunse la casa di un altro figlio, e poi quella dell'altro e quella dell'altro ancora, ma dovunque trovò indifferenza e gelo. Nessuno colse cinque minuti per sederglisi accanto e dargli un po' di calore.

A questo punto dovrei dire - Povero nonnino! -, ma, vedremo che non sarà affatto da commiserare perché, anche se gli tremavano le gambe, gli erano rimaste ancora tante risorse per tirare l'acqua al suo mulino.

Dunque, amareggiato, ma per niente scoraggiato, decise di prendere i figli per il fondello dei pantaloni, proprio come si meritavano, costringendoli a fare con l'inganno ciò che avrebbero dovuto fare per amore.

In tanti anni il nostro vecchietto era riuscito a mettere un po' di soldi da parte, forse per il suo funerale e la sepoltura. Erano pochi, lo sapeva! Ma sarebbero serviti ugualmente al suo intento.

Ascoltate...

Una sera, nell'ora in cui il paese era già piombato nel silenzio, il nostro bravo nonnino, che abitava al primo piano di una casa piccola e tanto antica, pensò di dare inizio al piano che gli avrebbe ricondotto i figli a casa, pieni di premure.

A questo punto, miei cari, dovete sapere che, al tempo in cui accadde il fatto, non esisteva nessuna rete idrica che portasse l'acquedotto nelle case. Voi mi direte: e come facevano?! Semplicissimo! Quasi tutte le case erano fornite di capaci cisterne in cui si raccoglieva, attraverso le terrazze, l'acqua piovana che doveva servire per tutti gli usi. Così, per curiosità, mi piace dirvi che coloro i quali non possedevano una cisterna si recavano, con le giare sulla testa o a spalla, ad attingere acqua in un luogo del paese in cui si apriva un enorme pozzo collettore, simile ad un piccolo lago, in cui veniva convogliata l'acqua piovana. Naturalmente, oltre al fatto che era difficoltoso trasportare l'acqua di qui alle case, questa non sempre era pulita. Perciò vi renderete perfettamente conto che possedere un pozzo privato era, allora, una vera e propria ricchezza. Spesso una cisterna veniva goduta in comune tra due o più famiglie. Come?!

Attraverso la stessa gola, attingevano acqua quelli del piano di sotto e quelli del piano di sopra; naturalmente, poi, provvedevano in comune alla manutenzione e alla pulizia del pozzo.

A questo, comunque, ci si affacciava non solo per attingere acqua, ma più spesso anche per ascoltare tutto ciò che accadeva nella casa di sotto o in quella di sopra.

Riprendendo, quindi, il racconto, quella sera in cui aveva deciso di dare avvio al suo piano, il nostro bravo nonnino, che conosceva molto bene tutte le prestazioni di un pozzo, l'avida curiosità di quelli di sotto e la loro spiccata propensione a vuotare il sacco d'ogni cosa, cauto cauto spostò presso la gola della cisterna il tavolo, vi sistemò sopra due cuccume di creta, in una delle quali aveva versato tutti i suoi miseri risparmi, in monete di metallo, si sedette sopra il tavolo, aprì lo sportello che chiudeva la bocca del pozzo, condiviso con quelli del pianterreno, e cominciò a contare i pezzi.

Sapete come?!

Quando i pezzi erano finiti, rovesciava dalla cuccuma piena quelli già contati e riprendeva il conto, lì dove lo aveva sospeso, senza mai interrompere, come se avesse dinanzi tanti, ma tanti recipienti colmi di monete da contare.

La cascata tintinnante del denaro rovesciato sul tavolo, il suono argentino della moneta che veniva contata, dopo essere stata sapientemente battuta, giunsero, attraverso la gola del pozzo, a solleticare le orecchie e la curiosità di quelli del piano di sotto.

Costoro, dapprima increduli, poi sbigottiti, si avvicinarono avidi alla porta della cisterna, l'aprirono lentamente e drizzarono le orecchie fino allo spasmo.

- Mille... millecento... duemila... duemilacinquecento... - contava il vecchio senza interruzione e quasi con l'affanno.

E contava... contava... e le orecchie dei vicini si tendevano... si tendevano... e in essi accresceva la meraviglia e lo sgomento!

- Santo cielo! Quanto denaro! - esclamavano col fiato mozzo. E ascoltarono fino alle luci dell'alba e non ce la facevano più!

Per tutto il giorno credettero d'aver sognato. Sì... indubbiamente dovevano aver sognato! Tutti?!? No..., non potevano aver fatto tutti lo stesso sogno! E già... proprio così!

E ne ebbero conferma quando per quella sera, e per altre ancora, il vecchio riprese a contare la sua «enorme ricchezza» dal punto in cui aveva interrotto il giorno prima.

- Diecimila... undicimila... undicimilacinquecento...

Il vecchio contava e quelli giù, sulle gambe tremolanti, si sentivano scoppiare.

La cosa era troppo grossa per tenerla segreta!

Bisognava a tutti i costi liberarsi di quel peso che ormai li tormentava giorno e notte!

Il caso volle che, proprio in un giorno in cui sarebbero scoppiati comunque, passasse di lì, per caso, un figlio del nostro diabolico, ma tanto simpatico, nonnino.

- Oddio, vieni qui! Se sapessi! Forse non ci crederai, ma tuo padre è ricco sfondato! - gli dissero tutto d'un fiato e si sentirono meglio!

- Vuoi la prova?!... Vieni stasera a casa nostra!

E' inutile dirvi che il giovane non si lasciò pregare e, con le ali ai piedi, si recò all'appuntamento...

- Quindicimila... sedicimila... sedicimilacinquecento...

E, con somma meraviglia, dovette anche lui convincersi di quella realtà tanto inattesa quanto travolgente.

Avrebbe voluto tenere la cosa per sé, ma era troppo grossa e non ce la fece.

Il giorno dopo la notizia volò come un lampo da un fratello all'altro e, quando anche costoro ebbero la stessa certezza, per timore di perdere una parte dell'eredità, se non tutta, decisero di andare a visitare più spesso il padre e, a turno, di accudirlo, in modo che non fosse lasciato solo neppure un giorno.

A questa decisione naturalmente si giunse dopo un acceso contrasto tra tutti, ciascuno dei quali voleva accaparrarsi la fetta più grossa di ogni premura verso il vecchietto.

Il giorno dopo questo accordo, miei cari, ci fu un via vai di figli e di nipoti a casa del nostro nonnino. Chi gli soffiava il naso, chi gli portava le scarpe, chi gli dava da bere, chi gli girava intorno premuroso, chiedendogli se avesse bisogno di questo e di quello...

Insomma, la sera, quando tutti se ne andavano, il vecchierello, rimasto solo, si godeva la sua solitudine con gran soddisfazione e la notte dormiva, credetemi, ve lo assicuro, col sorriso sulle labbra.

Tuttavia, qualche sera, riprendeva a contare il suo denaro, per ricaricare i figli e perché in nessuno di loro sorgesse il dubbio dell'inganno. 

approfondimenti2SIPARIO