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L'UCCELLO FATATO

C’era una volta un Re che era sempre malato. Il medico disse che per farlo guarire ci voleva il sangue dell'uccello fatato. Questo Re aveva tre figli. Il figlio maggiore disse al padre:

- Maestà, datemi la vostra benedizione, dei soldi, che io possa andare a cercare l'uccello fatato.

Il padre lo benedisse e gli dette una borsa piena di marenghi.

Cammina e cammina incontrò una ragazza che gli chiese dove stava andando. Il figlio del Re non si degnò di rispondere e allora la giovane gli gridò:

- Possa tu non trovare mai la strada!

Arrivato a una taverna si fermò a riposare, conobbe una bella ragazza e se ne stette con lei a bere e mangiare.

li fratello di mezzo, vedendo che il primo non ritornava, disse al padre: Maestà, vado io a cercare l'uccello fatato.

- Va' e che il signore ti accompagni.

Cammina e cammina incontrò anche lui una ragazza che gli chiese dove stava andando. Il figlio del Re non la stette neanche a sentire e allora anche questa volta la ragazza gli gridò:

- Possa tu non trovare mai la strada!

Giunto alla taverna vide una bella ragazza, se ne innamorò e non si mosse più di lì.  Il terzo fratello, vedendo che gli altri due non tornavano, disse al padre:

- Maestà, voglio provarci io. Chissà che non sia più fortunato!

Ricevuta la santa benedizione si mise in cammino.

La ragazza si presentò anche a lui e gli domandò dove stesse andando.  Il figlio del Re non le rispose ma le donò un po' di soldi.

- Che non ti possa accadere niente di male! - gridò la ragazza - E che tu possa conservare la borsa sempre piena!

Alla taverna trovò i fratelli.  Mangiavano, bevevano e si divertivano con le ragazze incontrate. Cercarono di trattenerlo ma lui rifiutò e, dopo essersi riposato, si incamminò nuovamente.

Lungo la strada incontrò un gruppo di persone che lanciavano pietre contro un povero vecchio morto che veniva trascinato per terra.

- Perché - domandò il figlio del Re a quelle persone senza coscienza - storpiate questo povero morto?

- Ci ha chiesto un prestito di cento ducati e non ce li ha più restituiti - disse uno.

- Mi ha truffato mille ducati - rispose un altro.

- Ha succhiato il nostro sangue, questo fannullone - disse una donna.  

Tutti insomma avevano dei conti in sospeso con il vecchio.

- Adesso vi pago io disse il figlio del Re.  

E così fece.

Nonostante i soldi che distribuì la borsa restava sempre piena.  Dopo aver pagato tutti quanti fece anche un regalo alla moglie e ai figli del povero morto.

Cammina e cammina si trovò davanti una vecchia che gli domandò che cosa ci faceva in mezzo a quella campagna.

Il figlio del Re le raccontò ogni cosa.

- Mbè - rispose la vecchia - adesso ti insegno io la strada: va' diritto e quando incontrerai una montagna sali sulla cima; sotto l'albero del fico selvatico troverai una grotta. Appena entrato vedrai il Nanni-Orco che dorme e all'interno è appesa la gabbia dell'uccello fatato. Bada a non far rumore, che se l'Orco si sveglia ti mangerà.  

Il figlio del Re tutto contento si rimise in cammino.

Giunto in cima alla montagna, si mise sotto l'ombra del fico, entrò nella caverna e vide l'Orco che stava dormendo; allungò la mano per prendere la gabbia, ma fece rumore e l'Orco svegliatosi zompò in piedi e lo afferrò.

Il povero ragazzo si mise a tremare come una foglia e gli raccontò la sua storia.

- Io ti darò l'uccello fatato - disse l'Orco - se tu sei capace di portarmi il cavalluccio d'oro che il mio compagno nasconde sotto la montagna qui accanto.  Anch'egli sta dormendo e si sveglia solo quando sente sellare il cavallo, dunque bada a te!  

Il figlio del Re camminò, camminò, salì sull'altra montagna, entrò nella grotta, vide il cavallo d'oro ma, mentre stava per mettergli la sella, l'Orco si svegliò e lo catturò.  Anche a lui, il figlio del Re, mezzo morto dalla paura, raccontò ogni cosa.

- Io ti darò il cavalluccio d'oro se tu sei capace di portarmi la Fata che si incontra in mezzo alla via e che sa giocare alle carte.

Il figlio del Re si rimise in cammino.

Per la via incontrò una vecchia che gli chiese:

- Dove vai bel giovane?

 - Vado a cercare la Fata che sa giocare alle carte per condurla da Nanni-Orco.

- Bada a te - consigliò la vecchia - a non rispondere neanche una parola quando ti parla e a non giocare con lei alle carte.

Cammina e cammina incontrò la Fata che aveva un mazzo di carte in mano.

- Bel giovane - gli chiese - vuoi giocare con me?

E il figlio del Re non rispose.

- Che tu possa morire, rispondi!

E lui niente.

- Ti voglio bene, e tu?  Rispondi!

E quello ancora non rispose.

La Fata, che si era innamorata di quel giovane, gettò allora il mazzo di carte e disse:

- Ora puoi parlare, non ti posso più fare del male poiché ho gettato la mia arma.  Allora il giovane raccontò tutta la sua storia.

- Mbè - replicò la Fata - non ti preoccupare, verrò con te dall'Orco. 

Cammina e cammina arrivarono alla montagna. Il figlio del Re consegnò la Fata all'Orco, prese il cavallo d'oro e se ne andò.

Di lì a poco la Fata lo raggiunse, gli raccontò come era riuscita a fuggire mentre l'Orco dormiva e proseguì con lui.  Giunti alla tana dell'altro Orco, il figlio del Re gli diede il cavallo d'oro e prese con sé l'uccello fatato.

Cammina e cammina arrivarono alla taverna dove trovarono i due fratelli.  Il più vecchio, nel vederlo tornare, disse all'altro:

- Vuoi vedere che adesso il Re nostro padre donerà a lui la corona?  Perché non lo uccidiamo?  Io mi tengo l'uccello fatato e divento Re e tu ti tieni la ragazza che sta con lui, che te ne pare?

E così si misero d'accordo.

La Fata, udite queste parole, lo mise in guardia:

- Sta' attento che i tuoi fratelli ti stanno tradendo. Ma non ti preoccupare - aggiunse - prendi la metà di questa catena che un giorno ti salverà.

Quindi si misero tutti in cammino finché arrivarono a un pozzo.

- Beviamo! - disse il fratello maggiore - Bevi prima tu che sei il più piccolo e hai trovato l'uccello fatato.

Il povero ragazzo andò vicino al pozzo. I suoi fratelli lo presero per i piedi e lo buttarono giù.  Poi con la ragazza e l'uccello se ne andarono.

Uscì un vecchio, si affacciò al pozzo, guardò e riconobbe il figlio del Re.  Calò un filo e gli disse di aggrapparsi senza aver paura.

E così lo salvò; il figlio del Re non sapeva come ringraziarlo ma lui si fece riconoscere come quel povero morto che aveva difeso e aiutato lungo la strada.

Per non tornare a casa senza l'uccello fatato, il figlio del Re se ne andò in un altro paese dove trovò lavoro da un fabbro.

Nel frattempo i due fratelli maggiori erano arrivati a casa con la Fata e l'uccello fatato. Il maggiore disse:

- Maestà, come primo figlio mi spetta la corona.

- E io te la concedo - rispose il Re.

E l'altro fratello chiese:

- Maestà, io voglio sposare questa ragazza.

 - E io ti do il mio consenso.

Ma a questo punto la Fata intervenne:

- Un momento - disse - io sposerò colui che mi porterà una catena come questa.

Il Re accondiscese e mise un bando per tutto il regno.

- Chi sa fare una catena come questa riceverà un grosso premio. Ci sono venti giorni di tempo. Ma a chi promette di farla e non ne sarà capace taglierò la testa.  

Il garzone del fabbro che aveva l'altra metà della catena disse al padrone:

- Rispondete al bando perché io ne sono capace.

Trascorsi venti giorni arrivò la carrozza del Re per portare il fabbro a palazzo.

- Questa carrozza non va bene, ne voglio una migliore disse il ragazzo.

E il Re ne mandò un'altra.

-  Neanche questa va bene, ne voglio una ancora migliore.

Finalmente il figlio del Re giunse al palazzo e il padre, che non lo riconobbe, gli domandò:

- Hai fatto la catenella?

Il giovane rispose:

- Signorsì Maestà, ma la voglio consegnare alla donna che dovrà indossarla.

Il Re fece chiamare il figlio e la Fata. Quando questa lo vide, lo abbracciò ed esclamò:

- Maestà voi non l'avete riconosciuto ma è il vostro figlio più piccolo che i suoi fratelli hanno gettato in un pozzo per rubargli l'uccello fatato. È lui che voglio sposare, perché lui, che vi ha fatto il bene, ha ricevuto il male dai suoi fratelli.  

Il Re scese dal trono, abbracciò il figlio e la Fata e fece cacciare quei due imbroglioni che da quel giomo girovagarono senza mai trovare la strada finché morirono.

 L'ho racconta come sta scritto

e tu statti zitto zitto zitto

L'ho sentita per davvero

scopri tu se è tutto veritiero.

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