AUTUN

La penna del pavone

C'era una volta un calzolaio, che aveva tre figli, tutti e tre bei giovanotti. Nel regno, di cui erano cittadini questi giovani, c'era un re, che aveva una figlia, la quale rifiutava tutti i principi che la volevano sposare, perché s'era fitto in capo di amare solamente colui il quale fosse stato capace di portarle una penna di pavone celeste. Non ostante che principi e duchi, bei giovani, le avessero portato oggetti rari, ella rimaneva sempre indifferente ed ostinata nella sua idea. Allora il padre mandò un bando a tutto il mondo per annunziare che colui il quale si fidava di trovare il pavone celeste, e di tirargli una penna, doveva portarla a lui, ed in compenso gli avrebbe fatto sposare la principessa.

I figli del calzolaio vollero tentar loro l'impresa, e dissero al padre: "Dacci la santa benedizione, ché noi vogliamo andare in cerca della fortuna"; e preso un sacco di provviste si misero in viaggio. Cammina e cammina, incontrarono un vecchio, che domandò loro dove andassero. "Andiamo in cerca della fortuna, andiamo a trovare il pavone celeste. Sai dirci a che punto si trovi?" "Ah! figli miei, -rispose il vecchio,- che brutta idea vi è venuta in testa! E' molto lontano, ed è difficile che lo troviate. Sta su di un monte dell'Africa, ma nell'interno". "E per quale strada ci dobbiamo avviare?" "Camminate sempre dritto, e se procedete a passo sollecito, fra tre giorni arriverete ad un punto, che è circondalo da mare da ogni parte. Quando sarete giunti colà, incontrerete un altro vecchio; il quale potrà dirvi qualche cosa". "Grazie, nonno nostro, statti bene".

Si misero in cammino col pensiero d'arrivare presto al posto indicato dal vecchio; cammina, cammina, finalmente giunsero ad un luogo, dove non potevano andare più avanti; vi era mare d'ogni parte; dinanzi alla sponda v'era seduto un vecchio; essi subito s'avvicinarono, e gli domandarono quale strada bisognava scegliere per trovare il pavone celeste. "Uh! figli miei, - disse il vecchio - il pavone celeste è così lontano! Dovete fare otto giorni di cammino in mare, e un mese per terra, sempre dritto; arriverete finalmente ad un punto, dove sono tante montagne; su di una di esse si trova il pavone; quando arriverete là, incontrerete uno più vecchio di me, ed egli saprà dirlo".

I tre giovani si presero una barca, e si misero a navigare. Cammina e cammina, arrivarono in capo a circa due mesi vicino alle montagne, e s'imbattettero nel vecchio, che mostrò loro qual era la montagna famosa, avvertendoli che il pavone stava sempre in una grotta; chi riusciva a trovarlo, ne diveniva padrone. I fratelli si accinsero a salire per la montagna, e scelsero tre strade diverse; la fortuna volle che il minore trovasse il pavone nella grotta; gli strappò una penna, e tutto allegro andò a raggiungere i fratelli, ai quali la mostrò. Essi quando videro la penna, provarono vivo dispetto, ed in cuor loro pensarono di vendicarsi. Difatti s'accordarono fra loro, e la notte mentre il piccolo dormiva, si alzarono zitti, zitti; il secondo lo tenne fermo e il grande lo uccise; indi gli tolsero la penna, e se ne andarono al paese.

Mentre un giorno un capraro conduceva le pecore a brucare sul monte, giunto ad un punto si sedette a terra; lì vicino v'era un osso, e immaginando che fosse un fischietto, lo prese e si mise a fischiare. Ma quale fu la sua meraviglia, quando sentì che l'osso cantava questa canzone:

Soniamo, soniamo, piccolo pecoraro,

Che son morto sul manticello,

Per una penna di pavone,

Il fratello grande è il traditore,

Il mezzano mi teneva,

Ed il grande mi uccideva!

Allorché le pecore finirono di pascolare, egli con l'osso in bocca si avviò alla masseria, dove un vecchio, che stava seduto per terra, ed era quello che aveva mostrato ai tre fratelli la strada, sentendo la canzone, chiamò il pecoraro e gli disse: "Mi dai l'osso, che ti do una borsa di moneta?" Il pecoraro a vedere tutti quei quattrini, subito glielo dette, ed allegro se ne andò per i fatti suoi. Il vecchio salì sul monte, e giunto al posto dov'erano le ossa, le riunì tutte, e poi le toccò con una bacchetta magica. Subito le ossa presero forma umana, ed il povero giovinetto, che i fratelli avevano ucciso, risuscitò. Il vecchio si fece raccontare com'era accaduto il fatto, e poi gli disse: "Ora vieni con me, ché penso io a fargliela pagare cara". Lo condusse nella grotta, prese il pavone, gli tagliò tutta la coda, la fece mettere in una sacchetta, e s'incamminarono per il paese.

Quando vi giunsero, trovarono che si faceva una gran festa, perché la figlia del re finalmente s'era decisa di sposare il giovane, che le aveva portato la penna del pavone. Essi andarono dritto al palazzo reale, e chiesero udienza al sovrano, dicendo che un forestiero aveva portato una cosa più rara di quella del giovane, che stava per sposare la reginetta. Il re li fece entrare, e non dico come rimasero di pietra i fratelli, che stavano seduti al fianco del re. Il vecchio allora spinse innanzi il giovinetto, e gli disse: "Va a salutare i tuoi fratelli, non li hai visti?" Mentre essi si salutavano, il re domandò loro da quanto tempo non si vedevano. Il vecchio allora cominciò a raccontare la storia, e quando disse che i due maggiori avevano ucciso il più piccolo, i fratelli grandi si scagliarono contro il vecchio, gridando e chiamandolo bugiardo. Ma egli continuò il racconto e disse come l'aveva fatto risuscitare, e allorché mostrò la bella coda del pavone, subito cambiarono idea; tanto il re, che la figlia dissero che il giovinotto doveva essere lo sposo. I colpevoli furono condannati a morte, ma il fratello n'ebbe compassione, e pregò il re di cacciarli dal regno, purché lasciasse loro la vita.

Il re l'accontentò, e dopo un mese i due giovani sposarono felici e contenti, e a noi non toccò proprio niente.

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