SCENA

Presepe vivente
NEL PULO DI MOLFETTA

Una folla di figuranti in costume affolla il luogo.

Nelle grotte vari gruppi, in costume, svolgono le varie attività: in una grotta dei pastori coperti di pelli di pecora quaglia il latte, in un'altra grotta l'arrotino affila coltelli e forbici, lungo le strade venditori ambulanti offrono caldarroste o ciambelle. Dall'altro lato scende una lussuosa carovana: i Re Magi che incedono lentamente sui loro cavalli bardati a festa. Hanno gran turbanti di seta e piume in testa, mantelli luccicanti, scrigni dorati nelle mani. Portano oro, incenso e mirra.

«Ma la leggenda vuole che portassero anche aloe, mussolina, porpora, pezze di lino, argento, perle, pietre preziose ed altre spezie rare come il cinnamomo e la cannella».

«E che se ne faceva Gesù Bambino di tutte queste cose?»

«Erano cose preziosissime, un vero patrimonio, quasi una dote... Giuseppe e Maria erano molto poveri. Perciò la tradizione popolare laica vuole che i potenti Re Magi li coprissero di ricchezza per un bisogno di sicurezza anche economica, dal momento che il popolo per molti secoli è vissuto in grande povertà. E Gesù, come usanza vuole, ricambiò i doni dei Re Magi consegnando loro una pietra. Era un frammento della sua mangiatoia che egli staccò con un sol gesto della manina. Ma i Re Magi non riuscivano a portarlo tanto era pesante. Lo caricarono sui cammelli ma nemmeno questi reggevano l'incredibile peso di quel sasso. Allora decisero di disfarsene e lo gettarono in un pozzo. Fatti pochi passi, si videro investiti da una grandissima luce. Si voltarono e videro che da quel pozzo usciva un raggio infuocato che saliva fino al cielo. Era un segno divino. Ne furono atterriti e si gettarono in ginocchio chiedendo perdono a Gesù per non aver saputo apprezzare il suo dono, apparentemente futile. Allora si sentì una voce dal cielo che li perdonò e li ammonì a non dimenticare mai quello che avevano visto. E poi, si racconta, che Gesù fece altri prodigi: alcune sue fasce, donate da Maria ai Re magi, furono gettate nel fuoco dai sacerdoti increduli, nel paese di Re Baldassarre. Ma, spento il fuoco, le fasce si ritrovarono intatte e più bianche di prima. Così quei sacerdoti credettero e si convertirono. Anche con i poveri Gesù e la Madonna fecero dei miracoli... ma è la fede che fa compiere prodigi. Come la fede e la semplicità di Candido l'acquaiolo che vide sulla montagna l'angelo che annunciava ai pastori la nascita di Gesù e pensò subito di andare anche lui ad adorarlo portandogli l'unica cosa che possedeva: l'acqua. Ne riempì due grandi otri, se li caricò addosso e affrontò il lungo cammino per oltrepassare la montagna che lo separava dalla grotta di Betlemme. A metà strada sentì un otre che diventava più pesante dell'altro. Non se ne curò e, sudando sudando, continuò la sua marcia. Giunse al presepio e depose i suoi otri di acqua in mezzo ai doni ben più consistenti dei pastori. Ma la Madonna lo chiamò per nome e lo ringraziò per l'acqua e per l'olio. Candido fece per schernirsi, dicendo che lui non aveva portato olio, ma solo acqua fresca. Invece nel secondo otre si era verificato il miracolo: l'acqua s'era trasformata in olio. Un dono fatto con animo candido può rivelarsi più prezioso di quanto non sembri, gli disse Maria ricompensandolo della sua fatica e del suo candore. Anche S. Giuseppe fece dei miracoli, anche lui partecipava della santità dell'evento. Tanto che, la prima notte, per riscaldare Gesù e la mammina infreddoliti, uscì dalla grotta e andò al bivacco dei pastori per chiedere un po' di fuoco. Essi avevano ancora della brace, ma non un recipiente metallico per trasportarla. Quindi si scusarono con S. Giuseppe. Ma questi sollevò un lembo del suo mantello e disse di mettere il fuoco lì dentro. I pastori si stupirono per tale stranezza, pensarono che quell'uomo sragionasse. Ma, viste le sue insistenze, lo accontentarono e trasecolarono nel vedere che il mantello non si bruciava e S. Giuseppe tranquillamente si riscaldava e portava il fuoco alla grotta della natività».

 

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