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Una figlia vuol bene al padre, quanto al sale

C'era una volta un re, che aveva tre figlie. Un giorno chiamò la maggiore, e le domandò: "Tu mi devi dire quanto bene mi vuoi". "Maestà" rispose la principessa, "ti voglio tanto bene, quanto ne voglio a me stessa".

Il re chiamò l'altra figlia, e le disse: "Tua sorella mi ha detto che mi vuole tanto tanto bene, quanto a se stessa; e tu quanto me ne vuoi?" "Maestà, io ti voglio tanto bene, quanto ne vuole il cielo alla terra". " Va bene" soggiunse egli; "ora sentirò l'altra; fa venire tua sorella". Si presentò la principessa piccola, ed il padre le rivolse la stessa domanda; ella rispose: "Ti amo quanto si ama il sale in una minestra".

"Ah figlia traditrice!" esclamò il re, "questo è il bene che vuoi a tuo padre? Te la farò pagare cara!" Chiamò due servitori, e comandò loro di condurre la principessa in un bosco, per ucciderla; e come prova d'aver eseguito il suo ordine, volle che gli portassero il di lei sangue in una carafa. Quelli in compagnia della fanciulla se ne andarono. Cammina e cammina arrivarono al bosco. La principessa piangeva, perché i servi le avevano riferito l'ordine ricevuto dal re, ed ella tanto pregò, che essi ne ebbero compassione, e non l'uccisero; ma per mostrare al re, che non l'avevano salvata, ammazzarono un cane, e ne misero il sangue nella bottiglia.

La principessa s'incamminò per l'interno del bosco, vide un palazzo e vi entrò. Visitò una prima camera, poi quella attigua, ma non c'era nessuno; vide una scala, e salì al piano superiore; quivi trovò una tavola apparecchiata con ogni bene di Dio nei piatti.

Girò per altre stanze, senza incontrare anima viva.

Più tardi si ritirò Tatà Peloso, e, come la vide, le disse: "Tu devi essere mia figlia". La condusse a vedere le diverse stanze, e le mostrò i mucchi d'oro che stavano buttati per terra.

Un giorno la principessa s'affacciò al balcone, e il pappagallo dell'imperatore, il quale aveva il palazzo di fronte, la ingiuriò dicendo: "Ora esce la figlia di Tatà Peloso, ora esce la figlia di Tatà Peloso!" Ella chiuse la finestra, e quando si ritirò il mago, gli riferì quello che il pappagallo le aveva detto, e si mise a piangere.

Tata Peloso l'ascoltò, e le disse: "Non preocccupartene; se quando ti affacci di nuovo al balcone, il pappagallo t'ingiuria, gli devi dire:

"Pappagallo, pappagallo,

dalle tue penne farò un ventaglio,

dalle tue gambe farò un bastone,

quando mi sposerò l'imperatore".

Il pappagallo, a sentire tali parole, corse a dire all'imperatore: "Padrone, padrone, non sai che cosa mi ha detto la figlia di Tata Peloso?" E gli raccontò tutto. Al sovrano venne subito il desiderio di conoscere la fanciulla, e il giorno seguente nel vederla assai bella se ne innamorò. Allora fece conoscere a Tatà Peloso il suo pensiero, e quegli accettò il partito; quindi si celebrarono le nozze. Per tale festa invitarono principi e principesse, e fra gli altri intervenne il padre della fanciulla. Ella lo riconobbe, ma non fu riconosciuta; allora avvisò il cuoco di non mettere nelle pietanze da offrire al re nessun granello di sale .

Il cuoco ubbidì. Il re incominciò a mangiare, ma presto smise, perché la prima minestra era insipida; provò di assaggiare la seconda pietanza, la terza, ma erano tutte senza sale. La sposa guardava con la coda degli occhi, e zittiva.

Quando le parve opportuno disse: "Maestà, perché non mangiate? Come va il fatto? Non avete fame o non vi piacciono le pietanze?" Il re le rispose: "Sono tutte insipide". "E come! - aggiunse la principessa - faceste uccidere una figlia, perché disse che vi voleva bene quanto si può apprezzare il sale nella minestra, ed ora non volete mangiare, perché le minestre sono insipide?".

"Ah!" disse il re; e si battè la fronte; "è vero!" Allora conobbe la figlia, si abbracciarono, si baciarono, e fecero pace.

Quando fini il banchetto, Tatà Peloso disse alla giovane: "Stasera uccidetemi, fatemi a pezzi, e quando tornerete qui, venite a vedere, e mi troverete tutto d'oro". Così fecero; allorché si ritirò la sposa nel palazzo, si affrettò ad aprire le stanze, e trovò le gambe, le braccia, il petto e la testa del mago trasformato in oro.

Ed il pappagallo? Del pappagallo non si seppe più nulla.

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