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L'astuzia vince la forza

C'era in un paese un uomo di grosse forme chiamato "Tatà Nannòrco" ed un omicciattolo, magro e stecchito, ma furbo e maligno, chiamato "Malepènsa". Questi due per essere di diversa costituzione fisica e di differente temperamento si odiavano cordialmente .

Ma il nano un giorno volle dare una lezione al suo avversario. Lo avvicinò, e con modi melliflui lo invitò ad una scommessa: "Noi - gli disse - dobbiamo correre finché non saremo giunti a quegli alberi che vedi là, tu a quello di sinistra, io a quello di destra. Non appena saremo vicini, stenderemo le dita, e le ficcheremo negli alberi. Chi di noi sarà capace di farlo, resterà padrone del luogo". Tatà Nannuorco che si sentiva fortissimo, accettò la scommessa, ed ambedue si misero a correre. Giunti presso gli alberi designati, Malepensa intromise la mano in quello che spettava a lui, la rimise fuori e con gran piacere si leccò le dita. Egli aveva avuto l'accortezza di fare antecedentemente cinque buchi nell'albero e di riempirli di miele.

L'altro volle intromettere la mano con gran forza nell'albero a lui assegnato, ma cozzò violentemente contro di esso, e pianse per il forte dolore. Girò la testa verso l'astuto, e vide che se la rideva; allora gli disse: "Ma come mai sei capace di tanto? Io mi sono rovinata la mano, e tu la lecchi piacevolmente? L'altro rispose che era stato un gioco della fortuna, e per dargli una consolazione per la sconfitta subita, gli propose un'altra scommessa: "Ho una grossa palla di ferro; chi ha la capacità di buttarla più lontano, la vincerà". Tatà Nannuorco prese la palla e la buttò a cento metri di distanza.

Venne la volta di Malepènsa. Questi, poiché era magro e senza forza, volle usare un'altra astuzia; perciò si mise a gridare: "Ohi! Individui di questo e di quell'altro mondo, oh case, oh campagne, levatevi dinanzi alla mia palla, perché la distruzione incombe su di voi".

Lo sciocco, sentendo questo, credette che veramente il compagno fosse capace di farlo, e, avendo dei grandi possedimenti in quella direzione, s'oppose recisamente, riconoscendo a malincuore Malepensa vincitore.

Così entrarono in casa e dopo aver cenato, si misero a letto. L'astuto, arguendo che il suo cordiale nemico l'avrebbe ucciso nella notte, prese una grossa zucca e la mise sul guanciale, e vicino a questa mise i suoi piedi, collocandosi inversamente.

Infatti la notte lo sciocco, armato di nodosa clava si avvicinò al letto del compagno, mentre questi dormiva, e con un poderoso colpo spaccò la zucca, credendo che fosse la testa del suo nemico. Malepensa si levò e uscì; s'inerpicò su di un albero, e cominciò a suonare un flauto. Tatà Nannuorco, quando la mattina venne fuori, lo trovò che ancora suonava; meravigliato della cosa, andò a vedere nel letto chi aveva ammazzato durante la notte, e trovò la zucca in frantumi.

Allora dovette riconoscere che la sua forza era nulla di fronte all'astuzia diabolica del suo avversario, il quale, se gli era inferiore nella forza, lo superava per l'intelligenza e la furbità.

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