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LA STORIA DI TREDICINO

Tredici fratelli in tutto; l'ultimo, nato dopo i primi dodici, si chiamava Tredicino. Piccolo d'età, piccolo di statura, piccolo, si riconosceva subito tra gli altri.

tamburo

- Bedebum, bedebum, bedebumme: chi sarà buono a strappare ai maghi del castello magato la gallina d'oro con i pulcini d'oro, riceverà in cambio favolose ricompense. Bede... bum.

 Così andava gridando da cavallo un baffuto banditore del Re Voglio. Tredici fratelli, dodici tentativi, una vittoria.

Infatti, uno per volta, i fratelli tentarono senza riuscire nell’impresa.

Tredicino, invece, anche se deriso, si preparò: scovata una pannocchia dorata dal sole, si diresse nottetempo al castello dei maghi e sbriciolò i grani dorati lungo il tragitto che portava dal gallinaio al vicino boschetto e quando la gallina, al mattino, pigolando e spigolando con tutti i pulcini al seguito, raggiunse il boschetto, per Tredicino afferrarli e consegnarli tutti al Re fu un tutt'uno.

La contentezza al Re. La rabbia ai fratelli. I1 premio a Tredicino.

Altro prurito regale, altro bando, altra avventura. Sotto a chi tocca.

- Bedebum, bedebum, bedebumme: chi sarà buono a strappare ai maghi del castello magato la coperta fatata riceverà favolose ricompense. Bede... bum. Tredici fratelli, dodici tentativi, una vittoria.

Che gara! E i fratelli di Tredicino uno alla volta gareggiarono e come, per la conquista della coperta fatata che non... Ma andiamo per ordine.

L'impresa questa volta era meno semplice perché gli astuti maghi, per l'importanza della coperta fatata, l'avevano dotata di una serie di campanellini ricuciti intorno al bordo, e, quindi, ogni scampanellio era già un allarme.

Mentre i dodici fratelli si preparavano, davano la caricatura a Tredicino che non solo voleva concorrere ma anche vincere 1'impresa.

- Ah, ah, ah! Ma ti vuoi mettere con noi, così piccolo come sei? Ah; ah; ah! Va là, va là, va là. - E dalli con scappellotti e scorze.

Andarono, tornarono: mani vuote, occhi bassi.

Tredicino, pugnetti a giara sui fianchi, li studiava.

- Che mago di un mago! - E la maga!

 - Quell'accetta che fischiava nell'aria! !!

 - Quel crine di spine in testa alla maga!!!

 - Le urla di drago del mago! ! ! ! !

 - Che occhi che naso che bocca che mani!!!!!

 - Che paura, è stata dura!!! ! !

 - Appena in tempo, quando il mago!!!!!!!

 - Invece io davanti alla maga! ! !!!!!

 - Gesù Gesù Gesù, non ce la facevo piú!!!!!!!

 - Mamma li maghi come so' brutti!! ! !!!!

 Tredicino - Mammaggesù - nottetempo, raggiunse il castello magato, si calò all'interno (chi dice dal camino, chi da una fessura della porta, altri non sanno ancora): si accinse infine all'opera.

Dopo aver isolato, campanellino per campanellino, ogni battaglino, riempendolo di bambagia, legò un filo di seta robusto alla coperta, disseminò il letto, dove i maghi russavano, con pulci miste di prima e seconda scelta, si mise al sicuro in attesa.

Una notte non comune - quella notte - per i maghi.

 Con la caratteristica voce da mago, questi andava lamentandosi con la maga del fastidioso prurito e, per alleviarne il fastidio, si girava e rigirava nel letto, insieme alla maga, facendo cadere la coperta che, senza scampanellio alcuno, si adagiò al pavimento aderendovi. Tredicino, lí pronto, fece scorrere il filo di seta tra le mani e la tirò a sé con tanta attenzione che neanche le pulci poterono capire.

La contentezza al Re, la rabbia ai fratelli, il premio a Tredicino.

Altro prurito regale, bedebum, con premio, bedebum; il Re Voglio bedebumme, fortissimamente volle un'altra gara, bum. Sfidava chiunque a impadronirsi del portafogli del mago.

- Ora tocca a noi - dissero i fratelli.

... ma proprio non erano portati per le gare d'astuzia e... successe quello ch’era già successo.

- E va bene - disse Tredicino avviandosi, da piccolo grande, verso la risoluzione di questa ennesima sfida.

Il mago, che stupido non era, anzi, sollecitò la sua furbizia e, studiata la dinamica dei furti subiti in precedenza, intuí che il prossimo bersaglio sarebbe stato nientedimeno che il suo portafogli. Si armò d'intelligenza e... pensa pensa, che ti pensa?

- I1 portafogli lo metto sotto il cuscino, voglio proprio vedere! - e stette a vedere.

Tredicino, nottetempo, sempre per la stessa strada, camino o fessura di porta, s'insinuò nella stanza da letto. Cerca che trova, trova che cerca, ma del portafogli nemmeno l'ombra.

- Dove può mai essere? Ma sotto il cuscino ovviamente!

Lentamente e con destrezza ormai acquisita, il piccolo piccolo sollevò il cuscino, allungò la mano e... stava quasi per impadronirsene già pensando alla contentezza del re, alla rabbia dei fratelli, al suo terzo premio, quando il mago, che dormiva con un sol occhio, gli afferrò la mano e...

 - T'ho preso finalmente figlio di zoccola.

Gli fece eco un tremolio di vetri, bicchieri e candelabri.

- Me lo mangio subito o me lo mangio dopo? - Considerò.

Lo racchiuse in una botte per l'ingrasso. - Perché - spiegava alla maga - quando sarà grosso abbastanza, daremo un festino da maghi, inviteremo altri maghi e tra varie magherie ci sbaferemo il piccolino.

E il tempo passa; passano le ore, i minuti primi, i secondi e gli ultimi.

Per stabilire se Tredicino fosse pronto per il grande banchetto, i maghi, che erano furbi e intelligenti, controllavano un suo dito attraverso il foro dello zaffo e non quello della cannella; se il dito si dimostrava al tatto ben sodo, il giorno era prossimo, altrimenti ancora ad ingrassare con ogni bendiddio e di Madonna. Il controllo avveniva ogni due/tre giorni come nella favola di Hansel e Gretel. E piú o meno come nella favola di Hansel e Gretel, Tredicino fermò un topo di botte, gli staccò la coda di botto, lo lasciò andare, la usò per dito.

E così, con la coda del topo, egli dimagriva, mentre ingrassava la sua speranza di farla franca. E non solo la speranza: cibo, cibo e cibo, giú dentro la botte e dentro la pancia.

Mangiamangia, Tredicino quasi scoppiava botte e tutto.

Botte piena e moglie ubriaca - pensava ridendo tra sé.

- Fuori il dito! Ecco la coda.

- Fuori il dito! Sempre la coda.

 - Fuori il dito!

Ma questa volta, avendo smarrito la coda, fu costretto a tirar fuori il dito grassottello e a segnare la sua condanna. Erano trascorsi alcuni mesi (esattamente due o tre) e possiamo figurarci Tredicino, farcito di tempo e di cibo, trasformato da piccolo ometto, in grasso porchetto.

- S'è fatto come un porco - disse l'uno all'altra. - La festa s'ha da fare subito. Prepara l'occorrente, origano, rosmarino, alloro, timo, salvia e... si salvi chi può. Torno subito. Il tempo di invitare i nostri amici.

Partí il mago lasciando la Maga indaffarata.

E il povero piccolo ometto grasso e porchetto?

 - Botte piena moglie ubriaca... Altro che ridere, questa volta.

 - Ueh la magaaa! - chiamò allora Tredicino, urlando per arrivare al suo orecchio, più che al suo cuore, - la maga, fammi mettere un poco la testa fuori dalla botte, tanto oggi sarò ucciso! - Mettila, mettila - accennò appena la maga indaffarata a menare colpi d'accetta sui tronchetti.

Con la testa fuori, l'aria tornò a farsi respirabile per il povero Tredicino, i secchi colpi d'accetta cadenzati dalla maga sul ceppo gli fecero accapponare la pelle.

- La magaaa! - di nuovo Tredicino. - La maga, pure il braccio per piacere. Tanto oggi sarò ucciso!

- Mettilo, mettilo - continuando a ritmare con l'accetta.

- La maga, e l'altro braccio? Tanto … - Mettilo - danzando macabramente con quell'ascia nella destra.

- E una gamba?

- E mettila - annoiata dalle continue interferenze.

- La maga, solo un'altra gamba. Mi siederò buono buono sulla botte e quando verrà il mago sarò pronto per essere ucciso e mangiato. Sta bene?

- Sine!

Seduto in cima alla botte, mentre la maga, agitando nell'aria l'accetta, gli dava le spalle, Tredicino fu lesto … Le strappò l'accetta e buonanotte alla maga e alla testa di maga. E non è finita! Perché Tredicino prese un lungo e pesante tronco di legno, conficcò ad una punta la testa della maga, le mise un fazzoletto sui capelli e posò il tutto nel letto sotto le lenzuola.

Pareva addormentata. Il resto del corpo lo cucinò: origano, rosmarino, alloro, timo, salvia e si salvi chi può. Tornò il mago con altri maghi, maghe, e maghini; tutti allegri. "Maga" di qua, "maga" di là, ma nessuno rispondeva.

Guardò nel letto e vide la maga che con il fazzolettone da notte in testa, dormiva senza fiatare.

- Zitti, zitti, zitti! - disse ai colleghi maghi - Lasciamola riposare. Dorme, stanca del lavoro. Andiamo in cucina e mangiamo. La mia maga ha preparato tutto. Sentite che profumino?

Mangiarono e bevvero a sazietà trovando eccellente il cibo.

E quando, alla fine, il mago andò a svegliare la maga per parteciparle il compiacimento di tutti i commensali maghi…

- Magaaa. - sussurò da innamorato il mago.

Non si mosse.

- Magaaa. - sussurrò da innamorato preoccupato il mago.

E quando la scosse per svegliarla, la testa si staccò dal tronco e rotolò per terra.

- Mi ha preso per fesso! Mi ha preso per fesso! - gridò duemila volte e, chissà, forse grida ancora.

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