MASTRO FRANCESCO VALENTE VALENTE
CON UNA BOTTA NE HA FATTO TRECENTO
C'era una volta un calzolaio di nome Mastro Francesco. Era molto povero e sfortunato nel suo lavoro, ed aveva dieci figli da sfamare. Un bel giorno, in accordo con sua moglie, decise di andare a lavorare in un altro paese. Prese con sé il paniere degli attrezzi e si mise in cammino. Giunto che fu in un paesello si mise a strillare:
Una vecchierella si avvicinò a lui con un paio di scarpe rotte.
Si sedette di nuovo e riprese il lavoro; adesso la gente veniva. Un morso alla ricotta e un colpo alle scarpe. Ora c'erano centinaia di mosche che si posavano sulla ricotta. Mastro Francesco, infastidito, si sfilò la cinta e, con un colpo ne uccise trecento. Sorpreso del colpo, prese un pezzo di cartone e vi scrisse sopra: MASTRO FRANCESCO VALENTE VALENTE CON UNA BOTTA NE HA FATTO TRECENTO poi si attaccò il cartello al collo e si mise a passeggiare per le vie del paese. La gente, nel leggere il cartello si spaventava e fuggiva via, pensando che si trattasse di trecento uomini uccisi. Passò sotto il palazzo del re. In quel momento la cameriera era affacciata alla finestra e lesse: MASTRO FRANCESCO VALENTE VALENTE CON UNA BOTTA NE HA FATTO TRECENTO Corse dal re e riferì la cosa e il re, incuriosito, ordinò di farlo salire. Mastro Francesco si recò dal re e accolse la proposta di restare a corte. Dopo qualche giorno il re volle affidargli questo incarico:
Il re si guardò in giro meravigliato, credendo di non aver capito:
Mastro Francesco il giorno dopo si avviò di buon mattino verso il bosco. Passò lungo il torrente Celone, l'acqua era chiara e si vedevano ciottoli bianchi della stessa forma delle provoline. Ne prese e le infilò nella bisaccia: in una tasca le provoline, in un'altra i ciottoli bianchi. S'inoltrò nel bosco. Presto i briganti a cavalli notarono l'intruso e lo inseguirono per catturarlo. Mastro Francesco cominciò a tremare come una foglia e s'arrampicò su un albero.
Mastro Francesco, pensando alle provoline, prese coraggio e anch'egli urlò:
Questa volta mastro Francesco buttò veramente il ciottolo.
Si diressero al loro nascondiglio. Quando si fece buio e i briganti andarono a dormire, mastro Francesco li uccise tutti nel sonno. Il giorno dopo ritornò al palazzo. Il re e la sua corte quando ebbero ascoltato il racconto, stentarono a credere e, per assicurarsi della verità, si fecero accompagnare nel bosco; i briganti erano stesi sul loro giaciglio decapitati!
Il re disse: - È vero che ti ho promesso mia figlia, ma se la vuoi veramente, devi prima superare un'altra prova. Sempre nello stesso bosco, in un'altra zona, s'aggira un feroce unicorno, che uccide chiunque passi: uomini, donne e bambini. Se tu lo ammazzi, avrai mia figlia.
Mastro Francesco prese il temperino e s'avviò nel bosco. Non aveva fatto ancora molti passi, che vide venirgli contro il feroce unicorno. Prese a tremare e non sapeva cosa fare col suo piccolo temperino, ma poi vide proprio vicino a lui un grosso albero, calcolò bene la distanza e quando l'animale fece per caricarlo, egli con un guizzo saltò dietro l'albero e l'unicorno s'infilzò nel tronco. Fu allora che mastro Francesco, con grande abilità, tirò fuori il coltellino e lo conficcò dritto nel cervelletto dell'unicorno. Anche sta volta il re e la sua gente non vollero credere al racconto di mastro Francesco e si convinsero solo quando videro a terra il grosso animale ancora sanguinante. Come stabilito, furono decise le nozze, ma il re non riusciva ad accettare che sua figlia dovesse sposare uno scarparo, seppur valoroso. Chiamò allora il capitano delle guardie e gli ordinò di nascondersi sotto il letto degli sposi, insieme a due soldati, per uccidere mastro Francesco, non appena si fosse addormentato. Gli sposi, dopo i festeggiamenti si ritirarono nella loro stanza. La principessa, prima di coricarsi volle che mastro Francesco le raccontasse ancora una volta le sue avventure, cosa che egli cominciò a fare con grande piacere:
I soldati per la paura si buttarono dalla finestra e morirono sul colpo. |