Il bel Castello ...ndiro ndello

IL DIAVOLO ZOPPO

C’è ancora il castello ad Otranto.

Una volta, in quel castello, c’era un Re, sua figlia e cortigiani e servi e soldati.

Il Re era molto saggio e buono; invece la figlia, bella come il sole, era superba e amava le ricchezze e le comodità. Molti principi facevano la fila per averla in sposa, ma lei li rifiutava tutti, perché s’era messo in testa che voleva un principe ricco, ma così ricco, che doveva tenere, niente di meno, la barba d’oro e i capelli d’argento.

Il diavolo, da sotto alla terra, lo venne a sapere e ridendo sotto i baffi decise di accontentarla. Prese dalle viscere della terra ogni razza di pietra preziosa, ne riempì cento casse e, dopo aver rivestito d’oro la sua nave, partì in direzione di Otranto. Camuffato da principe giovane, barba d’oro e capelli d’argento, con la nave carica di cento casse, il diavolo risalì il capovento che sta al centro dell’oceano e, dopo poco, giunse a Otranto.

Le guardie del castello, veramente, come videro uno strano luccicamento che camminava sopra il mare, sospettarono qualcosa di diabolico. E quando videro un giovane principe dorato e argentato dalla testa ai piedi scendere dalla nave e dare ordini, immaginarono qualche cosa di brutto.

La principessa, avvertita di questo arrivo, si vestì come una regina, contenta che finalmente si poteva levare il desiderio.

Il diavolo, ricevuto a corte, fu subito invitato a mangiare e si mise a ragionare a tu per tu col Re, mentre la principessa pensava a guardare i doni preziosi che aveva ricevuto, e non vedeva quanto era brutto di faccia quel principe.

Dopo mangiato, il Re, da solo a sola, la consigliò e sconsigliò, ma lei, sorda e capatosta, volle sposare lo stesso quel brutto ma ricco principe.

Bando. Invitati. Cerimonia. Festa. Saluti. Partenza.

Partirono subito lo sposalizio e solo quando una specie di magia spinse la nave verso il capovento dell’oceano e s’aprì il portone grande grande dell’inferno, la principessa capì.

– Volevi ricchezza e tesori? Bene, qui c’è tutto l’oro della terra. – Le disse il diavolo del marito.

Sì aveva avuto proprio tutto, ma non aveva più sé stessa.

Pianse. Piangeva notte e giorno! Notte e giorno! Notte...

Proprio quella notte qualcuno bussò alla porta. Lei, con gli occhi rossi di pianto, andò ad aprire e un diavolo vecchio e zoppo le parlò.

– Sono il fratello maggiore. Mi odia. Fu lui a rendermi zoppo. Tu sarai la mia rivincita. Ti farò fuggire, basta che fai sapere a tuo padre questa cosa: solo sette fratelli che sanno fare sette cose speciali possono salvarti. Tu sarai salva ed io vendicato.

Subito la principessa si tolse il pianto dagli occhi e si mise subito a pensare.

– Felice! Per prima cosa devo sembrare felice. E, poi, vediamo un po’. Che vuole, un erede? Lo avrà, però mi deve fare partorire a casa mia, mi deve.

Così fece e così...non fu.

Calcolando il giorno del parto, il diavolo, in tempo utile, andò da solo a Otranto e convinse la vecchia mamma di latte della principessa, che era anche una levatrice in gamba, ad andare con lui. Il vecchio Re lo pregò di fargli conoscere presto il nipotino. Il diavolo promise e ripartì.

Quando seppe chi aveva sposato la sua padroncina, la vecchia mica fu tanto sorpresa!

– Così impari. - Le disse. - Perché non hai dato ascolto a tuo padre?

Ma la povera principessa era cambiata nel cuore. Aveva capito a suo spese il suo errore e, così, pregò la mamma di latte di perdonarla e di aiutarla a uscire di lì. Come? Così e così.

Nacque il bambino, brutto come il diavolo e gridava manco i cani. Le due donne fingevano contentezza e il diavolo pensò che sua moglie si era fatta capace, finalmente.

Quando la vecchia gli chiese di essere riportata a Otranto, il diavolo acconsentì, ma ad un patto.

– Se poco poco apri la bocca e ti scappa di dire quello che hai visto quaggiù, ti faccio fare una brutta fine, quant’è vero belzebù.

Ma appena la nave dorata sbarcò e il diavolo fu ripartito, di corsa la vecchia, strafregandosene del patto, andò a raccontare tutto al Re. E subito cento soldati a cavallo partirono per tutti i paesi in cerca di sette fratelli che sapevano fare sette cose speciali.

Una ricerca senza fine, fino a quando il più vecchio dei soldati si ricordò che sopra Montegargano abitavano sette fratelli. Scalò la montagna e trovò la casa, dove, in quel momento, stava solo la madre dei ragazzi, alla quale il vecchio soldato lesse il bando.

La figlia del Re è prigioniera del diavolo. Possono salvarla soltanto sette fratelli che sanno fare sette cose speciali. I sette fratelli che la salveranno riceveranno in premio un castello ciascuno. La principessa, poi, sceglierà tra loro il suo sposo, che sarà pure il futuro Re. Punto e basta.”

La madre disse che non sapeva che i figli sapevano fare cose speciali, ma promise che al loro ritorno si sarebbe informata e, nel caso, li avrebbe mandati dal Re.

Si fece sera e rincasò il primo dei figli.

– Buonasera guaglio’, che cosa hai fatto di bello oggi?

– Ti ho pescato dieci cefali e dieci capitoni.

– Bravissimo! Ma come hai fatto?

– Come sempre, ma’. Mi sono buttato a nuoto e li ho presi per la coda. Io, a nuotare, sono come una saetta e, se voglio, posso trasportare a nuoto i miei sei fratelli senza alcuno sforzo.

– E bravo a quel figlio mio. Mi pare una cosa speciale. Entra, scià, ché la zuppa è pronta!

Arrivò pure il secondo figlio.

– Buona sera figliolo, che cosa hai fatto di bello oggi?

– Ti ho tagliato un montone di legna!

– Bravissimo, ma come hai fatto?

– Come sempre mammina. Io spingo una vecchia quercia e quella cade a terra; poi con l’accetta la faccio a pezzi come un salame; in due minuti è tutto fatto!

– Non è certo da tutti! Entra, ché è pronta la zuppa.

Arrivò il terzo.

– Buonasera figliolo, che cosa hai combinato di bello oggi?

– Ti ho portato una lepre e un fagiano, come mi avevi chiesto!

– Sììì? E come hai fatto?

– Come sempre, o ma’. Io ho un orecchio fortissimo, mi basta poggiarlo a terra e sento i passi di chi sta camminando nel raggio di dieci miglia.

– Non è una cosa da niente! Entra, ché è pronta la zuppa.

Arrivò il quarto.

– Buona sera giovanotto, che cosa hai fatto di bello oggi?

– Io ho guardato le pecore, come sempre, e mi sono divertito assai.

– E come?

– Mi metto a fare giochi nuovi. Costruisco. Con quello che trovo, in quattro e quattrotto, costruisco ogni cosa. So costruire anche capanne resistenti al fuoco e al terremoto.

– Bravissimo! Entra e mangia la zuppa.

Arrivò il quinto.

– Buonasera figliolo, che cosa hai fatto di bello oggi?

– Ho zappato e arato e poi ho anche mangiato.

– Ma come hai fatto?

– Ho zappato con la zappa, arato con l’aratro e mangiato il mio pane che non si strugge mai. Lo faccio con la farina di grano cresciuto in un posto dove è caduto un fulmine. Più lo taglio, il pane, e più ricresce.

– È come un miracolo. Entra, ché è pronto.

E giunse pure il sesto.

– Buonasera figlio mio, che cosa hai fatto di bello oggi?

– Nulla, nulla. - Disse quello, arrossendo come un gambero.

– Dai, dimmi la verità!

– Eh ma’, non sai? Io faccio il ladro e oggi ho rubato l’anello a una signora. Sono così svelto, che saprei rubare la moglie dal letto del diavolo senza svegliarlo.

– Per ora vai a mangiare, poi si pensa.

Arrivò il settimo, il più giovane.

– Buona sera guaglio’, che cosa hai fatto di bello oggi?

– Ti ho raccolto le fragole, le more, un po’ di miele e questo mazzo di fiori tutto per te.

– Sicuro che non hai fatto altro di bello?

– Ho fatto rivivere un povero uccellino caduto dal nido; ho fatto volare col mio fiato una farfalla che pareva morta; ho riscaldato un coniglio che s’era perso e che s’era infreddolito. Io amo tutte le cose belle e mi piace vederle vive.

– Sei proprio un capolavoro di figlio. Entra a mangiare.

Una volta a tavola, la madre raccontò ai ragazzi del bando reale.

I sette fratelli, senza parole, misero la strada per Otranto sotto i piedi e si avviarono.

Quando arrivarono al castello, la vecchia mamma di latte spiegò loro le difficoltà che avrebbero incontrato, mentre il Re li pregò di fare tutto il possibile per salvare la figlia.

– Sono vecchio. Salvate la mia bambina. Salvatela! Subito! O non camperò più.

Va bene. Va bene.

Il Re voleva dare ai fratelli una nave, ma il fratello pescatore spiegò che la nave era un mezzo troppo lento.

Scese in acqua, fece attaccare i fratelli alle sue spalle e partì come una saetta.

Ecco il capovento. Ecco il grandissimo portone di legno...chiuso da dietro.

Il fratello boscaiolo, senza sforzo, allargò appena il portone per farci passare il fratello ladro. Questo, come un gatto, si ficcò nella caverna, prese la principessa, se la caricò sulle spalle e la portò fuori. Il fratello pescatore nuotò e...

…ecco Otranto! Notte! Silenzio!

A quel punto, il terzo dei fratelli, il cacciatore, sentì rumori di acqua che venivano da lontano. Una nave! O capperi! Il diavolo si era svegliato.

Se ne scapparono tutti insieme dentro il castello, menarono il ferro da dietro e si misero ad aspettare le mosse del pieno di corna.

Allora dentro il castello, il fratello cacciatore, dopo aver poggiato l’orecchio alla terra, segnalò:

– Uè, il cornutone sta arrivando; sento il suo passo di diavolo.

Il fratello pastore, in quattro e quattrotto, costruì una capanna e via tutti dentro.

Arrivò il diavolo. Con lingue di fuoco distrusse il pesante portone del castello; poi, col sangue agli occhi, gridò verso la capanna.

– Io non ho nessuna fretta. Mi siedo e mi metto ad aspettare la vostra fame e la vostra sete.

Allora il cielo s’oscurò e cadde un macello di pioggia. Così i ragazzi potettero bere e, mangiando il pane che non si strugge mai portato dall’altro fratello, potettero resistere per un sacco di tempo.

Alla fine, il diavolo si stancò.

– Va bene, avete vinto, me ne vado. Ma prima fatemi salutare mia moglie. Fatemela vedere almeno un momento.

– Sciò, levati davanti agli occhi, caprone.

– Avete ragione. Io sono il diavolo e non potete avere nessuna fiducia di me. Ma almeno lasciate che le baci la punta di un dito.

– Ancora non te ne vuoi andare? Via! - Risposero quelli.

– Guardate che, se mi sfotte la pazienza, io brucio tutto il raccolto, prosciugo tutti i pozzi, uccido ogni cristiano nel raggio di cento miglia, se il mio desiderio non verrà accontentato!

La principessa s’impietosì e si dichiarò disposta ad ogni cosa, basta che non si faceva del male alla gente innocente.

– Mi basta baciare un dito. - Ripeteva quel disonesto.

Allora i fratelli trovarono il sistema di far uscire dalla capanna solo il bel ditino della principessa.

E fu così che quel disgraziato del diavolo, con un urlo bestiale, glielo addentò, glielo staccò di netto, e se ne scappò.

La principessa cadde a terra. Era morta?

Certo è che pareva ancora più bella con quella cera bianca. Il fratello più giovane, che se la beveva con gli occhi, le sollevò il capo, le sfiorò la fronte e, con una carezza, le ridette la vita.

– Ho pagato la mia stupidaggine. - Disse per prima cosa lei, mentre il colorito le ritornava normale.

Comunque, la brutta avventura era finita e, quando si presentarono al Re, il passato era morto e sepolto.

Nessuno riuscì a trattenere la felicità di papà Re, quando la principessa, mantenendo fede alla promessa del bando, scelse il suo futuro marito.

Quale dei sette?

Per la nostra storia non fa differenza. L’importante è che vissero tutti felici e contenti per tanti e tanti anni, e che gli sposi ebbero tanti figli, tutti molto belli.

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