Per lo studioso
 

Corrisponde al tipo 1706* della classificazione Aarne-Thompson. Inoltre, in questa storia si innestano e si incrociano diversi tipi fiabeschi e diversi motivi narrativi. L’inizio, con il padre che morendo lascia eredità diverse a tre figli, è quello classico del tipo 1650 nella classificazione Aarne-Thompson (I tre fratelli fortunati). Di questo tipo fiabesco, però, la storia pugliese presenta solo l’incipit, differendo profondamente nello svolgimento, che segue piuttosto il motivo K335.1.5 nella classificazione dei motivi del Thompson (I ladri derubati grazie a uno strumento musicale). Tre fratelli che si dividono i buoi che ha lasciato loro in eredità il padre compaiono anche nella storia che Lo Nigro, nella sua classificazione dei tipi fiabeschi siciliani, indica come tipo *1535 (S. LO NIGRO, Racconti popolari siciliani, Firenze, 1958, pp. 254-255): si tratta di una storia che però, nella seconda parte, si sviluppa secondo lo schema classico della fiaba di Campriano (tipo 1539: ingegno e ingenuità). La fine, con i due fratelli che vogliono replicare l’impresa del protagonista e però vengono sorpresi e assaliti dai ladri, sembra ripresa dal classico racconto di “Apriti Sesamo” (tipo 676 nella classificazione Aarne-Thompson): in questa fiaba, infatti, il fratello del protagonista, appreso da questi come ha derubato i ladri, si infila anche lui nella grotta, dalla quale non riesce però a uscire. I briganti lo sorprendono e lo uccidono. Questo elemento corrisponde al motivo N471 (il compagno invidioso punito, perché cerca di procurarsi la stessa fortuna dell’eroe).


 

Per il letterato
 

Per lo schema dei fratelli invidiosi dell’improvvisa ricchezza del protagonista, la fiaba pugliese presenta significative somiglianze con la poesia latina Unibos, del X secolo: il protagonista è chiamato per dileggio Unibos, dal momento che non riesce ad avere che un bue solo, poiché il secondo gli muore sempre. Va quindi in città a vendere la pelle del bue morto, e nel bosco trova un tesoro. Ai fratelli dice che la sua ricchezza deriva dalla vendita della pelle del bue: quelli, invidiosi, uccidono le proprie vacche per venderne le pelli, ma rimangono ovviamente con un palmo di naso.

Per quanto riguarda l’episodio della refurtiva sottratta ai ladri, va ricordato che esiste un vastissimo numero di aneddoti incentrati sui briganti: spesso sono inseriti all’interno di narrazioni più lunghe e complesse, altre volte si presentano come storie a sé stanti. Larga diffusione hanno avuto le storie in cui i ladri vengono a loro volta derubati, a volte con l’intelligenza ma più spesso grazie al caso o a un colpo di fortuna. C’è per esempio la storia della macina da mulino lasciata cadere dall’alto di un albero sui ladri, che sotto si stanno spartendo il bottino (motivo K335.1.1; tipo 1653). Spesso questo aneddoto è congiunto con quello del ragazzo che prende tutto alla lettera: quando la madre gli dice “prendi la porta e vattene”, lui scardina la porta e la conduce via con sé (motivo K1413; tipo 1009). Esistono varianti in cui i ladroni sono spaventati da un cadavere scagliato su di loro dall’alto dell’albero, oppure da un finto morto (motivo K335.1.2.1; tipo 1653B; motivo 335.1.2.2; tipo 1654*).

 

Per il folklorista

Gli aneddoti di questo gruppo sembrano provenire dalla letteratura buddhista in India. Li si ritrova spesso nei fabliaux e nei libri burleschi, ma hanno messo salde radici nel folclore orale di tutto il mondo: in Sicilia sono il più delle volte collegati con il ciclo di Giufà.

 

 

          
Per il bibliografo

Compare nelle seguenti raccolte:

  • S. LA SORSA, Tradizioni Popolari Pugliesi, Bari Roma, 1928, parte IV, n. 19.

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