Uccello

L’UCCELLO E IL CANE

C’era una volta un uccello. Questo uccello aveva per compare un cane.

Quel giorno di quella volta capitò che l’uccello e il cane si rivedevano dopo molto tempo. L’allegro uccello, come lo vide, rimase.

- Sta come un cane bastonato, il compare! - pensò – Ma cosa gli sarà capitato?

Poi, guardandolo più da vicino, lo trovò magro e rognoso.

  • Ma che ti è capitato? Perché stai così afflitto e malinconico? - domandò.

Con mezzo fiato, compare cane disse che era afflitto, digiuno, scacciato da tutti i cristiani. Insomma, si sentiva come un cane magro che si prende tutte le mazzate.

- Non ti sforzare! - disse l’uccello, facendo allegri gli occhietti – Me la vedrò io a liberarti prima dalla rogna, poi dalla fame e alla fine ti farò fare una grande risata.

Fece solo una mossa, il cane, per far capire che aveva capito.

Con la tristezza nel cuore e l’allegria nel becco, l’uccello si mise a dire che prima di tutto bisognava mangiare, e per fare questo era necessario che…

- Statti fermo in questo punto; tra poco passerà un ragazzo con una scodella di minestra in un fazzolettone; io mi butterò davanti ai suoi piedi, ma non mi farò acchiappare; quello, per corrermi dietro e pigliarmi, poggerà la scodella e se ne allontanerà; allora tu apri il fazzolettone e gnam gnam gnam. Va bene?

E proprio così fu: arriva il ragazzo; il cane… dietro il parete; l’uccello davanti ai piedi; il fazzolettone per terra; il ragazzo quatto quatto si avvicina a compare uccello per vedere di acchiapparlo.

Cip cip cip, e l’uccello se ne volava più in là.

Dieci sbattute di ali e… cip cip cip: di nuovo a terra per invitare il ragazzo. Questo, di nuovo, gli correva dietro e quello, di nuovo, gli correva avanti. Cip… dietro… di nuovo… avanti… cip… Ne macinarono di strada con ali e piedi, l’uccello e il ragazzo!

‘Mbà cane, come vide allontanarsi il ragazzo, si menò sul fazzolettone della scodella della minestra del ragazzo, e…, detto fatto, fece piazza pulita.

Intanto il ragazzo si era stancato e, dicendo le parole contro l’uccello dispettoso, se ne tornò per prendere la minestra. Non vi dico come rimase, ma vi dico che piangendo pingendo, con la testa abbassata, se ne tornò a casa.

- Allora? - Domandò l’uccello al compare che, con la pancia piena, aveva preso colore e fiato.

- Mi sono fatto tondo tondo con tutto quel bendiddio. - Disse.

- Bene, ora dobbiamo pensare alla rogna. Aspettami a tale strada. Di lì passerà un traino con la botte dell’olio. Io… - continuò, dicendogli per filo e per segno quello che doveva succedere. Dopodiché si lasciarono, volando uno e zampettando l’altro.

Giunto sul luogo dell’appuntamento, il cane aspettò che passasse il traino. Lo vide che s’avvicinava facendo un sacco di rumore sulla polverosa strada di campagna. In alto intravide compare uccello che seguiva il carro.

Assicuratosi che il cane stava dove doveva stare, l’uccello, cinguettando per farsi notare dal carrettiere, si posò sulla botte e si mise a cipcippare come un dannato, a dispetto.

L’uomo del traino, tutto sfastidiato, bestemmiando bestemmiando, gli menò un colpo di frusta che andò, però, a colpire la botte. La botte prima fece sì e no, poi rotolò e, cadendo dal traino, si ruppe in mezzo alla strada.

Come vide la botte sfasciata, il cane, subito, con quattro salti, si andò a rotolare dentro l’olio, santa cosa, e…

- Mi sento rinfrescare tutte le carni, - disse, beato.

Quando il carrettiere, mani nei capelli, e bestemmie nell’aria, si fu allontanato, ‘mbà uccello si avvicinò a ‘mbà cane e…

- Ora che hai mangiato e ti sei rinfrescato le carni, ti voglio far fare pure una grande risata, come ti avevo promesso. Senti: tra poco rientrano dai campi gli zappatori e il loro padrone. Se tu riconosci, fra di loro, uno di quei cristiani che ti ha mazziato e scacciato, abbaia soltanto, ché al resto me la vedo io.

Dopo un poco, ecco che la strada comincia a popolarsi.

Avanti a tutti, seguito dagli zappatori morti di fatica, andava bello e arzillo il padrone. Come lo vide con quel suo bastone mazziatore, il cane si mise ad abbaiare forte forte. Allora l’uccello capì e si poggiò sul cappello del padrone, cinguettando a dispetto. L’uomo tentava di scacciarlo con le mani, ma quello si posava riposandosi sul cappello, e cinguettava, a sfottò. Il Signor padrone, non potendone più, cominciò a menarsi il bastone sul cappello… e sulla testa, nel tentativo di colpire l’uccello. E non basta, perché gli zappatori, nel tentativo d’aiutarlo, col manico delle zappe colpivano il cappello… e la testa del Signor padrone, che, assalito da tante mazzate, cominciò a gridare a più non posso per il dolore.

A quella scena – madonna - il cane si mise a ridere da crepare, e, dopo aver ringraziato il compare per tutti gli aiuti ricevuti, guarito nel corpo e nello spirito, se n’andò per i fatti suoi.

Felice e contento?

Sì: felice e contento.