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Nelle favole che vengono qui presentate non è tanto da attribuire importanza a quello che viene raccontato, quanto a “come”  viene raccon­tato, cioè ai meccanismi che reggono le modalità del racconto.

Cambiano infatti i nomi dei personaggi, ma non mutano le loro azioni, cioè le loro funzioni o gli elementi costanti che entrano a far parte di de­terminate sfere d’azione, che corrispondono ad un numero limitato di tipi.

 

Nell’ottica didattica si potrebbe facilmente individuare

una serie di obiettivi miranti a potenziare

nei discenti una competenza comunicativa:

— migliorando la capacità di lettura;

— migliorando le capacità di comprensione di un testo orale o scritto;

— ampliando la capacità di analisi e clas-sifìcazione;

— sviluppando la capacità di sintesi;

— migliorando la capacità di scrittura, imparando ad organizzare un testo, anche teatrale.

 

 Attraverso una “unità didattica” sulla favola si diventa capaci:

— di individuare personaggi principali e se-condari;

— di individuare i luoghi della narrazione fiabesca;

— di individuare la successione degli av-venimenti;

— di verificare l’esistenza di ruoli tipici;

— di sintetizzare le sequenze.

 

Lo sforzo è anche però finalizzato

a stimolare funzioni intellettive

più complesse come quelle di:

—  saper completare una favola;

—  scrivere una favola secondo un percorso organizzato;

—  produrre una favola “moderna” relativa ad una situazione del no­stro tempo;

—  cogliere le differenze tra il racconto fiabesco e il suo utilizzo in ter­mini di sceneggiatura.

 

 È quanto ci si propone con il presente lavoro che diventa, in que­sto modo, “propositivo”.
 

GIOVANNI MINARDI