Approfondimento della storia

FIGLMER

 


Per lo studioso

Una storia avventurosa e romantica, con il tocco soprannaturale al termine: un colpo di scena che ristabilisce quell’equilibrio ideale per cui i giusti, alla fine, ottengono sempre la loro ricompensa. Corrisponde al tipo 506 nella classificazione Aarne-Thompson (la principessa salvata dai ladroni). Vi compare il motivo del morto riconoscente (E341 nell’indice dei motivi del Thompson): un motivo che caratterizza un largo gruppo di fiabe in cui il protagonista si imbatte in una banda di persone che impediscono la sepoltura di un cadavere. Costoro sono i creditori del morto, che ne consentiranno le esequie solo quando vedranno pagati i loro crediti. L’eroe spende tutto il suo denaro per riscattare la salma e poterle dare così degna sepoltura. In seguito, nel corso delle peripezie attraversate dal protagonista, si unirà a lui un misterioso personaggio, che lo aiuterà nel districarsi da difficili situazioni. Alla fine, questo personaggio si rivelerà essere il morto riconoscente. Di solito (ma non è il caso di questa fiaba pugliese), lo straniero pone la condizione che l’eroe debba dividere a metà con lui tutto ciò che sarà stato guadagnato. Dato che il protagonista, in un modo o nell’altro, conquista una fanciulla, lo straniero reclama la sua metà: l’eroe, per tenere fede alla promessa, sta per tagliare in due la ragazza, ma il morto riconoscente glie lo impedisce, rivelando la sua vera natura.

Per il letterato

Il tema del morto riconoscente caratterizza più tipi fiabeschi. Innanzi tutto, il 506, all’interno del quale sono compresi due grandi filoni di storie di salvataggio della principessa: nel primo filone (506A, quello nel quale è compresa anche la variante pugliese in esame), l’eroe libera la principessa dalla condizione di schiavitù nella quale è tenuta. Solitamente, è il re, padre della fanciulla, ad affidargli l’impresa. Nel secondo filone (506B) l’eroe salva la principessa liberandola da un covo di ladri.

Un altro gruppo di storie in cui a intervenire come aiutante del protagonista è la figura del morto riconoscente è quello rientrante nel tipo 507, corrispondente alla narrazione biblica di Tobia: per la precisione, nel tipo 507A l’eroe potrà conquistarsi la principessa solo uccidendo il mostro di cui essa è innamorata; nel tipo 507B, egli scopre che tutti i precedenti sposi della principessa sono stati uccisi da un serpente (o da un drago) la prima notte di nozze; nel tipo 507C (più che altro, un’evoluzione della storia precedente), il serpente assassino esce fuori dalla bocca delle principessa. In tutti e tre questi gruppi di storie, ad aiutare l’eroe è, per l’appunto, il morto riconoscente, che uccide il mostro-amante, oppure ammazza il serpente che sta entrando nella camera degli sposi (o che è uscito dalla bocca della principessa).

Infine, nel tipo 508 (la sposa conquistata in torneo) l’intervento del morto riconoscente consiste nel dono che egli fa all’eroe: un cavallo magico e delle armi meravigliose. Grazie al cavallo e alle armi, l’eroe vince un torneo e conquista la principessa.

Il motivo del morto riconoscente è sicuramente uno dei più fecondi della favolistica popolare e della novellistica tradizionale (J. BOLTE – G. POLIVKA, Anmerkungen zu den Kinder- und Hausmärchen der Brüder Grimm, Leipzig, 1913-1915, 5 voll., III, pp 490-sgg.).

Complessivamente, il ciclo dei racconti che ruotano attorno a questa figura è stato studiato dalla svedese Sven Liljeblad, nel suo libro Die Tobiasgeschichte und andere Märchen mit toten Helfern (Lund, 1927).

Soffermiamoci più specificamente sul tipo 506 (che è quello al quale appartiene la storia pugliese): esso è al centro di diverse leggende medievali, e appare già in un poema francese del XIII secolo, Richard li biaus. Ritorna poi nella novella di messer Dianese, contenuta nel Novellino (154) e nella raccolta dello Straparola, e precisamente nella novella di Bertuccio da Trino (XI, 2). Il morto riconoscente e la fanciulla liberata compaiono inoltre nella leggenda marinara di Jean de Calais: una storia francese che influenza anche la tradizione narrativa delle regioni italiane di mare (dalla Liguria alla Calabria, fino alla Venezia Giulia).

Per il folklorista

Dal punto di vista della tradizione orale, la più popolare delle versioni  è quella in cui la fanciulla viene riscattata dalla schiavitù: è conosciuta in tutte le parti d’Europa, in Indonesia, in Africa settentrionale, in America settentrionale (per la precisione, è popolare sia fra le tribù pellirossa sia tra i coloni portoghesi delle Isole del Capo Verde poi trasferitisi nel Massachusetts). La versione con il salvataggio dal covo dei ladri, invece, sembra essere rimasta confinata in Europa settentrionale, e aver conosciuto il suo principale centro di diffusione in Scandinavia. Una particolare versione pugliese di questa storia è la “canzone di Bellafronte”, riferita negli anni ’30 a Saverio La Sorsa da un marinaio molfettese analfabeta. Si tratta di un testo dialettale in versi, che presenta molti punti in comune con un poemetto popolare del XVIII sec., divulgato da varie stampe nell’Ottocento: laHistoria bellissima di Stellante-Costantina (Figliuola del Gran Turco, la quale da certi Cristiani che teneva in corte suo padre gli fu rubata e fu venduta ad un mercante di Vicenza appresso Salerno), composta da Giovanni Orazio Brunetto. Fu il Vidossi a segnalare che le vicende narrate nella canzone di Bellafronte si imperniano sul tema del morto riconoscente (G. VIDOSSI, Aggiunta all’articolo “La canzone di Bellafronte”, in “Archivio per la raccolta e lo studio delle tradizioni popolari italiane”, XI, 1936, pp. 198-199).

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Per il bibliografo
Compare nelle seguenti raccolte:

  • I. CALVINO, Fiabe italiane, Torino, 1956, nn. 45, 108.

  • S. LA SORSA, La canzone di Bellafronte, in “Archivio per la raccolta e lo studio delle tradizioni popolari italiane”, XI, 1936, pp. 134-142.

  • A. IVE, Opuscolo per nozze Ive-Lorenzetto, contenente quattro fiabe istriane, Vienna, 1877, n. 3.

  • J. B. ANDREWS, Contes ligures, Paris, 1892, nn. 2, 41.

  • L. BRUZZANO, in “La Calabria”, VII, nn. 8-9.

  • A. DE NINO, Usi e costumi abruzzesi, vol. III: Fiabe, Firenze, 1883, n. 62.

  • G. NERUCCI, Sessanta novelle popolari montalesi, Firenze, 1880, n. 52.

  • L. DI FRANCIA, Fiabe e novelle calabresi, Torino, “Pallante”, fasc. 3-4, dic. 1929, fasc. 7-8, ott. 1931, n. 21.

  • D. G. BERNONI, Tradizioni popolari veneziane, Venezia, 1875, “I dodesi fradei e le dodese sorele”.

  • M. VOCINO e N. ZINGARELLI, Apulia Fidelis, Milano, s. d., in “Canti, novelle e tradizioni delle regioni d’Italia”, p. 111.

  • R. LOMBARDI SATRIANI, Racconti popolari calabresi, Napoli, 1953, vol. I, n. 24.

  • M. M. COLACICCO, Favole e realtàFasano, 1981.

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