La storia del calzolaio e del muratore
C'era una volta un muratore ed un calzolaio, i quali erano assai poveri. Questi, non trovando lavoro nel loro paese, stabilirono di emigrare in uno vicino, a patto che dovessero dividersi il guadagno che avrebbero ricavato dal proprio mestiere. Giovanni che era il muratore, un giorno fu chiamato da un signore, il quale gli ordinò di fare, in un sotterraneo, quattro scompartimenti murati, in cui doveva mettere tutta la moneta che possedeva. Il muratore lo accontentò. Quando terminò tutto, vedendo tanto danaro, pensò di asportarne una parte. E legatisi i calzoni sopra le scarpe, li empì di monete d'argento e d'oro, e si recò ad un altro paese. Entrato in un caffè per ristorarsi pagò il conto con un napoleone. Mentre si allontanava, fu chiamato dalla padrona che voleva dargli il resto, ma egli rispose che glielo lasciava per mancia, e per più mattine fece lo stesso. La padrona un giorno, vedendo che quegli era ricco, gli disse: "Signore, volete in isposa una signorina che abita qui vicino?" Giovanni rispose di sì, e mandata l'ambasciata, la signorina accettò la di lui mano. Sposarono e vissero felici. Un giorno egli si accorse che la moneta era per finire, ed allora disse alla moglie che doveva recarsi per un servizio urgente ad un'altra città. Giunto al palazzo dov'era sepolto il tesoro, vide chiuso il portone. Interrogò la gente del vicinato, e seppe che i padroni erano morti, e che lì dentro vivevano degli spiriti. Egli rispose che non si curava degli spiriti, e volle entrarvi. Ma gli fu detto che le chiavi le avevano le monache della Carità, alle quali il palazzo era stato lasciato. Giovanni si recò al convento e dichiarò che voleva visitare il caseggiato per acquistarlo. Le monache che non osavano entrarvi per paura degli spiriti, furono liete di trovare un coraggioso compratore. Quindi gli dettero le chiavi. Egli scese nel sotterraneo dov'era il tesoro, e si fornì di molto danaro. Tornato dalle monache disse che era pronto a stipulare il contratto per l'acquisto del palazzo, e se lo comprò. Accomodato l'ammobigliamento per bene, andò a rilevare la moglie, e condusse seco anche la sorella di lei per vivere da gran signori nel nuovo palazzo. Un giorno passò di lì l'amico suo calzolaio; Giovanni lo riconobbe e lo fece chiamare da un suo servo. Quegli aveva vergogna di salire così mal vestito in un edificio sontuoso, ma l'altro lo pregò assai, e lo indusse a presentarsi dal suo ricco padrone. Il quale vedendo che non era stato riconosciuto dal compagno, volle giocargli uno scherzo, e gli ordinò di fare un paio di scarpe con un piccolo pezzo di cuoio che gli dette. Il calzolaio gli disse che non era possibile farle; ma l'altro insistette e finì coll'indurlo a lavorarle. Dopo aver tagliato il tomaio e le suole vide che non gli riuscivano, ma tanto s'industriò che alla fine le scarpe furono ultimate. Allora Giovanni chiamò la cognata e gliele fece calzare. Poi voltosi all'amico gli disse: "Fortuna per me, e fortuna per te; io sono il tuo vecchio compagno muratore; questa è mia moglie, e quest'altra sarà la tua". Così dicendo gli presentò la cognata. Il calzolaio rimase trasecolato a sentire ciò; riconobbe l'amico e lo abbracciò; poi lo ringraziò di tanta generosità, e sposò la di lui cognata, con la quale visse contento e felice. |