Per
lo studioso
Sostanzialmente, il nucleo centrale di questa fiaba pugliese sembra
corrispondere al motivo P11.0.1. dell’indice
dei motivi del Thompson (la profezia: il fratello che per primo
bacerà un santo sarà re). Lo svolgimento complessivo della trama
comprende inoltre diversi motivi: il motivo L101 (l’eroe da cui ci
si attende ben poco), il motivo L115 (il figlio sciocco vittorioso),
il motivo L140 (colui da cui ci si attende poco ha la meglio su
colui da cui ci si attende molto), il motivo L141 (lo stupido ha la
meglio sul furbo), il motivo L160 (successo dell’eroe da cui ci si
attende poco). Inoltre in questa narrazione è possibile riscontrare
elementi narrativi propri di alcuni tipi fiabeschi in cui una
persona considerata sciocca (o comunque poco meritevole) diventa re
(e in certi casi viene, per l’appunto, eletta papa), oppure in cui
fratelli e/o genitori sono costretti a inchinarsi di fronte a uno
dei figli (o dei fratelli), al di là delle aspettative iniziali (e
spesso nonostante tali aspettative). Innanzi tutto, ricordiamo il
tipo 671 della classificazione Aarne-Thompson (i tre linguaggi), in
cui un padre manda a scuola il figlio stupido; questo, però, non sa
fare altro che imparare i linguaggi di tre specie animali (di
solito, i cani, le rane e gli uccelli); il padre, sconfortato per la
stupidità del figlio, ordina a un servo di ucciderlo, ma il servo,
impietosito, lascia andare il ragazzo; il protagonista, grazie a
segreti appresi sentendo parlare gli animali, guarisce una
principessa; in seguito, un uccello gli preannuncia che sarà eletto
papa. E poi, il tipo 933, in cui un fanciullo nasce dalla relazione
incestuosa tra due fratelli; compie una serie di penitenze per
espiare la colpa dei due genitori; i cardinali decidono di eleggere
papa colui sulla cui spalla si poserà una colomba e questa si posa
sul protagonista; a Roma, riceve la confessione dei due genitori.
Notiamo in queste due fiabe la presenza di un accadimento
interpretato come miracoloso, ovvero il posarsi di un uccello sulla
spalla del protagonista, che porta alla sua elezione a papa: in
questa fiaba pugliese riscontriamo un significativo parallelo
nell’episodio del povero pellegrino eletto papa perché è stato
l’ultimo a baciare i piedi al papa morto. A proposito di profezie e
di genitori costretti a umiliarsi di fronte al figlio, possiamo
inoltre citare il tipo 517 (il fanciullo che apprendeva molte cose),
in cui (come nel tipo 671) il protagonista comprende il linguaggio
degli uccelli, e un giorno li sente vaticinare che in futuro i
genitori dovranno umiliarsi di fronte a lui. Egli racconta la
profezia ai genitori, i quali lo scacciano di casa. Dopo diverse
peripezie, il fanciullo diventa un grand’uomo: torna, senza farsi
riconoscere, dai suoi genitori, e così la profezia si avvera. Simile
è il tipo 725 (il sogno), corrispondente in gran parte alla storia
biblica di Giuseppe: l’eroe sogna che i suoi genitori gli faranno da
servi e che il re stesso gli verserà l’acqua sulle mani. A
differenza del Giuseppe biblico, si rifiuta di raccontare il sogno.
Passa attraverso una lunga serie di avventure, risolvendo enigmi e
compiendo imprese difficoltose. Come nell’altra fiaba, la profezia
si avvera e i genitori devono umiliarsi di fronte a lui.
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Per il letterato
Analizziamo lo schema complessivo della fiaba pugliese: il fratello
sciocco dà una risposta corretta, e per questo è in grado di arrivare
per primo a Roma dove bacia i piedi del papa; in seguito a un
accadimento interpretato come profetico (la morte del papa nel momento
stesso in cui lui gli bacia i piedi), è eletto papa. Questo quadro
generale, ma anche i singoli elementi che lo compongono, ci ricordano
molto da vicino la storia di Lucio Giunio Bruto, colui che guidò la
sommossa che scacciò l’ultimo re di Roma (Tarquinio il Superbo).
Bruto, infatti, si infiltrò nella famiglia di Tarquinio interpretando
la parte dello sciocco (Brutus, in latino, voleva dire per
l’appunto stupido). Accompagnò all’oracolo di Delfi i due figli di
Tarquinio, i quali chiesero chi sarebbe stato il successivo sovrano a
Roma. L’oracolo rispose che ad avere il sommo imperio sarebbe stato il
primo di loro che avesse baciato la madre. Bruto interpretò la madre
nel significato simbolico di terra, e così, al ritorno a Roma, finse
di inciampare, baciando la terra.
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