Proporre una raccolta di favole potrebbe sembrare un’operazione contromano o una sfida persa in partenza: perchè leggerle, perchè rifugiarvisi se la cronaca è piena di drammi? Le consideriamo una forma di protezione o, peggio, una fuga in un altrove che sta alle spalle di ciascuno di noi e che coincide con la civiltà della terra e del dialetto? Io penso che non siano una maniera per evadere, non fanno da scudo alla nostalgia, non propongono alcun ripiegamento nel passato, nella nostalgia, nel rimpianto di un’età felice. Al contrario, sono il manifesto di un’identità che la cultura antropologica ci ha insegnato ad apprezzare e a valorizzare.
  [Gli Autoriavranno setacciato orti, vigne, campi, frutteti; avranno raccolto una quantità enorme di verdura (c’è una sovrabbondanza di ricette dietetiche, i cui ingredienti sono le erbe della gente povera) ed è facile poi che siano andati a zonzo nei paesi, interrogando gli artigiani, cercando fra le pietre delle piazze piuttosto che negli archivi. Un filo rosso le attraversa tutte e le lega: il dominio dell’universo femminile sui fatti della vita, a ribadire che sono le donne (non gli uomini) il vero motore della civiltà mediterranea.

  Le fantasie dei racconti popolari, proprio perchè intrise di suoni di una lingua che non è nè bassa nè sublime, nè innocente nè volgare, sono facilmente riconoscibili da chi le pronuncia e non sono affatto concepite per spargere unguenti sul dolore, non sono la medicina per curare i problemi. Semmai disegnano uno spazio di franca libertà.
 

dalla prefazione di Giuseppe Lupo

 

 

 

 

 

per l'archivio

Rece

 

in archivio è possibile visualizzare il video su you tube della performance eseguita a San Giorgio del Sannio il 16/04/2016 nell'ambito del FESTIVAL DELLA POESIA NELLA CORTESIA

 https://youtu.be/ZVLT4fnMRxQ