SAVERIO LA SORSA

INTRODUZIONE
integralmente riportata da:  
Tradizioni Popolari Pugliesi - Serie Prima - FIABE e NOVELLE 
di Saverio La Sorsa
BARI - ROMA    F. CASINI & FIGLIO Editori    1928

Le spiagge sono in generale basse, ma ridenti, e su di esse sin dai tempi remoti sorsero buoni porti, che si allineano dal promontorio del Gargano al Capo di S. Maria di Leuca. La regione interna è attraversata da piccole e belle colline, in buona parte rivestite d'ulivi, di mandorli e di viti, tranne nella Capitanata, dove s'innalza la catena del Gargano alto un migliaio di metri, ammantata di foreste di querci, di pini e d'abeti, abbellita da giardini di aranci e di limoni, ricca di orti e di verzieri.

La parte pianeggiante o bassa non è uniforme e monotona, ma varia ed accidentata. Difatti nella Daunia il vasto Tavoliere è una grande pianura di circa quattromila Km., piatta nel lato meridionale, ma variamente ondulata verso l'Appennino e il Gargano, solcata da piccoli fiumi che si seccano in estate. Un tempo il Tavoliere era una steppa arida e deserta, ma oggi per merito di coloni infaticabili e preveggenti si e in molta parte trasformato; e mentre nei secoli passati era quasi tutto destinato al pascolo, ai nostri tempi ha sentito l'azione benefica del lavoro; sicché, pur restando il secondo granaio dell'Italia, ha visto migliorati in molti tratti i sistemi agricoli, e sostituita alla pastorizia e alla cerealicultura la coltivazione della vite e dell'ulivo. Dove un tempo regnava la miseria, lo squallore, la malaria, ora verdeggiano ulivi e mandorli, le viti e gli alberi fruttiferi; nelle vaste pianure, un dì spopolate e brulle, oggi lavorano e creano la felicita e il benessere migliaia di contadini, immigrati anche dai paesi limitrofi, nonostante che in vari punti domini ancora la malaria.

La cimosa litoranea di Terra di Bari è una successione di campi ubertosi, che, nonostante la ostinata siccità, danno agli agricoltori ricchi prodotti; essa è variamente larga ma sempre fertile e ridente; ed anche la parte che si estende sulle pendici delle Murge, è vagamente rivestita di vigneti e di ulivi, di alberi da frutta e di piccoli boschi.

Il Salento è tutta una vasta pianura, interrotta da piccoli rialti e da valloncelli, coperta da piante rigogliose e sempre lussureggianti; vi prosperano egualmente la vite e l'ulivo, il fico e gli alberi fruttiferi; in nessuna regione della Puglia la bella ampelidea produce vini così abbondanti e squisiti come in Terra d'Otranto; in poche regioni della penisola c'è una varietà così ricca di piante e di prodotti agricoli, come nel tallone d'Italia. Dai cereali alle frutta più squisite, dalla piantagione del tabacco a quella del cotone, dall'arancio all'ulivo, dal ciliegio al mandorlo, è tutta una vegetazione magnifica e sempre verde, che allieta la vista del viandante, conforta l'occhio, che spazia per lontani orizzonti.

Alla feracità del suolo è congiunta la salubrità del clima; difatti il cielo è quasi sempre azzurro e limpido, la temperatura è mite e dolce. La stagione invernale è un lieve trapasso dall'autunno alla primavera, e, tranne in anni eccezionali, la neve fa qualche rara e lieve apparizione sulle Murge e sul Gargano, mentre nelle pianure si gode un perenne autunno, tanto che nel cuore dell'inverno fiorisce il mandorlo, ed emanano soavi effluvi mammole e narcisi, giaggioli e giacinti.

Le estati sono calde nel Tavoliere e nella pianura Salentina, ma lungo le spiagge si ha un calore più temperato per il soffio dei venti marini.

Scarsa è la caduta della pioggia, ma anche pochi sono i giorni di tempesta; sono rari i venti furiosi, benché, frequente spiri lo scirocco; saltuaria è la grandine, nocive sono le brinate.

In questa regione fertile e ricca di prodotti vive un popolo forte, robusto, intelligente ed operoso, il quale, non ostante le svariate vicende storiche e gl'immancabili innesti con genti di stirpi vicine, ha conservato le sue caratteristiche originarie, la propria fisionomia, che lo fanno distinguere facilmente dagli abitanti delle regioni limitrofe.

E' dotato da natura d'ingegno alacre e vivace, di una salda costituzione fisica, per cui la longevità è un fenomeno comune; è coraggioso, perseverante nei propositi, instancabile nelle fatiche, spregiudicato nel suo modo di pensare, meno superstizioso ed ignorante degli altri volghi. E' di animo mite e buono, di cuore generoso e sano, non ancora guasto ed attossicato dall'alito corruttore, che logora oggi le viscere delle plebi di regioni più progredite; è amante del lavoro e pieno di fiducia in se stesso. Come non conosce il suicidio, piaga malefica degli spiriti deboli ed ignavi, così è alieno dagli eccessi, dalle risse e dalle crapule; sono rari quelli che frequentano le bettole, specie nei centri rurali, e gli omicidi, veri casi eccezionali, si verificano più per ragioni di gelosia amorosa, che per basse passioni o per brutalità.

Il contadino, il bracciante, il marinaio hanno una sola passione: la famiglia; amano la moglie e i figli con grande tenerezza, sono attaccati al focolare domestico, e difficilmente tradiscono il giuramento d'amore.

Anche quando lavorano in lontane terre, hanno il pensiero sempre rivolto ai loro cari, ai lori vecchi, alla chiesetta del paese, alle feste che si celebrano in onore dei santi patroni, e mandano i loro oboli per farle riuscire solenni, quasi per testimoniare il loro legame verso la patria lontana.

Come sono laboriosi e frugali in patria, così rimangono instancabili e parsimoniosi all'estero, dove vivono in case modestissime, si nutrono scarsamente, tralasciano ogni svago o divertimento per economizzare fino al centesimo, e mandano il danaro alle famiglie per comprare la casa o il campicello, su cui hanno messo gli occhi da gran tempo, per provvedere nel miglior modo al benessere ed alla felicità dei loro cari. Dominati da questo pensiero, allettati da questo sogno, non temono distanze e pericoli, si sottopongono a dure fatiche ed a sacrifizi, pur di offrire un tozzo di pane più abbondante ai figli, pur di elevarli nelle condizioni sociali.

E' questo nobile sentimento, questa generosa aspirazione che ci spiega in parte l'agiatezza che regna in Puglia, il continuo ascendere delle classi più umili, di mezzo a cui, fenomeno assai confortante, escono piccoli impiegati e professionisti, maestri e abili artigiani.

L'analfabetismo, una volta dominante, oggi è in gran parte debellato, ed anche nei più piccoli centri sono sorte e fioriscono scuole primarie, mentre le scuole tecniche e professionali sono frequentate da un vero esercito di figli di lavoratori, che si elevano con l'istruzione e la cultura e formano il vivaio degl'impieghi pubblici e privati.

Un'ultima dote che ci piace di rilevare nel popolo pugliese è l'amor di patria; attraverso i secoli esso ha dato sempre prova di coraggio e di prodezza, si è sacrificato per la libertà e la indipendenza. Nell'ultimo conflitto, nel quale si è cimentata l'Italia, le brigate di Puglia sono state fra le prime per intrepidezza, ardimento e valore, ed hanno meritate le più alte onorificenze, gli encomi più solenni. I nostri lavoratori come sono sprezzanti dei pericoli, audaci e instancabili in tempo di pace, così sono arditi, strenui e battaglieri in guerra. Sia nella marina mercantile che in quella militare è imponente il contributo dato dai pugliesi, che navigano per tutti i mari, lavorano in tutti i continenti, si adattano a tutti gli ambienti. Non sembri una sciocca vanità la nostra, perché in riviste e studi di sociologia, dalle statistiche e dai bollettini ministeriali si rileva facilmente il gran numero di pugliesi che lavorano in ogni parte del globo, o occupati in piroscafi e bastimenti, oppure in officine, fattorie, botteghe, miniere, poderi, cantieri delle Americhe, dell'Africa e finanche dell'Oceania.

Noi abbiamo voluto accennare brevemente a queste caratteristiche della gente pugliese per spiegarne l'indole e l'anima, e rilevarne le doti particolari.

La Puglia vanta una storia, che rimonta a vari millenni. Nel suo vetusto suolo ogni tanto si riaffacciano preziose vestigia degli avi lontani, che attestano la loro remota origine. Quando tanta parte della fatal penisola era ancora disabitata, la nostra regione era colonizzata da genti ariane allo stato primitivo.

Ben poche sono le regioni d'Italia che possono come la Puglia annoverare tanti monumenti dell'età arcaica; in nessuna contrada si riscontrano i dolmen ed i menir, le terremare e le palafitte, le tombe a pozzetto, e le mura ciclopiche, che abbondano in talune località della nostra terra.

Dalle asce paleolitiche del Gargano, agli utensili neolitici del Pulo di Molfetta, dalle terremare del tarantino ai fondi di capanne del lago di Lesina, dai vasi preziosi seminati qua e là, alle armi, agli scudi, alle collane, alle suppellettili d'ogni specie che si dissotterrano nell'antica Iapigia e nella Messapia, nella Peucezia e nella Daunia, è tutto un tesoro archeologico, che attesta l'antichità remota della stirpe, forse la prima che sia venuta a colonizzare l'Italia.

I musei di Taranto e di Bari, di Lecce e di Ruvo, di Brindisi e di Matera, per citare i maggiori, contengono un materiale archeologico di primissimo ordine, che ci è invidiato da altre genti, perché è testimone di una civiltà assai avanzata, in un tempo quando altrove dominava la barbarie.

Questa remota antichità della nostra gente non si manifesta soltanto nel ricco patrimonio archeologico, ma anche nel complesso e vario materiale folkloristico non ancora del tutto esplorato e convenientemente vagliato.

Certe tradizioni e leggende, talune fiabe e proverbi, alcuni riti e costumi, rimontano alle antichissime civiltà indiane e persiane, ai miti dell'Egitto e dell'Oriente, alle religioni di Creta e di Grecia. Permangono tuttora tracce di istituzioni e di danze, di giuochi e di pregiudizi che erano in uso vari secoli prima che fiorisse Roma, presso altri popoli, che precedettero i latini, di cui abbiamo notizie assai scarse.

E come per ricostruire la storia primitiva di un popolo occorre tener presente il suo patrimonio archeologico, cosi non può farsi a meno d'esaminare la sua lingua ed i suoi costumi, i suoi riti e le sue credenze, che integrano e completano la conoscenza della sua vita e della sua civiltà.

Convinti di tale verità, ci siamo accinti da circa un ventennio allo studio metodico ed assiduo delle tradizioni e dei canti popolari, delle leggende e degli errori del volgo di Puglia per offrire al lettore un quadro completo e preciso del suo pensiero e della sua vita. Ci siamo sforzati di raccogliere e d'analizzare racconti e favole, giuochi infantili e pregiudizi sciocchi, indovinelli e burle, pratiche casalinghe e consuetudini singolari.

Abbiamo lumeggiato riti e costumanze d'età remote, che sono sopravvissuti ai secoli, non ostante l'incalzare della civiltà e l'opera distruggitrice del tempo; se essi sono obliati dalle classi evolute, restano tenaci e persistenti presso i focolari degli umili, e nelle casupole dei contadini.

Nessuna contrada della vasta regione è stata trascurata dalle nostre pazienti indagini; come abbiamo rivolto il nostro sguardo indagatore ai paesi appollaiati sull'aspro Gargano, così abbiamo raccolto le tradizioni delle città disseminate nella ridente pianura; le villanelle ed i fanciulli, i pastori ed i contadini, i marinari e le donnicciuole sono stati i nostri migliori collaboratori; e come abbiamo tesorizzato quanto altri, sia pure sporadicamente, avevano scritto su questo o quell'argomento folklorico, così ci siamo serviti con grande prudenza ed oculatezza del prezioso contributo di scolari e di amici, che hanno cooperato alla raccolta di canti e di novelle, di motti e di usanze, specialmente di paesi remoti e solitari.

Questo immane lavoro servirà a far conoscere nella sua vera essenza il popolo pugliese, perché la storia non consiste nel raccontare soltanto gli avvenimenti eclatanti, le vittorie e le sconfitte, le imprese militari e quelle politiche, ma sta principalmente nell'esaminare i costumi e le credenze, la vita ed il pensiero delle masse, le quali pur amano ed operano, pure lottano, e partecipano alla prosperità ed al benessere di una nazione. La storia non è un dramma senza coro, né è fatta soltanto dai potenti e dai dotti, ma è frutto di sentimenti e di aspirazioni, di lotte e di azioni, di pensiero e di vita di tutto il popolo, che ha fremiti ed opera rivoluzioni, che crea nuove situazioni politiche, e contribuisce allo svolgimento della civiltà.

L'opera da noi ideata comprenderà dieci serie: nella prima raccoglieremo le fiabe e le novelle; nella seconda le leggende; nella terza "Cretinopoli"; nella quarta i pregiudizi e le superstizioni; nella quinta i costumi ed i riti; nella sesta le feste ed i giuochi; nella settima i proverbi ed i motti; nell'ottava i canti d'amore; nella nona i canti religiosi; nella decima le satire, gli scherzi gli indovinelli, i brindisi, le cantilene, ecc.

Se la nostra ardua fatica varrà a far conoscere ed amare meglio la nostra terra, saremo lieti di non avere speso invano il nostro tempo.

Riferiamo le novelle nella forma semplice, spontanea ed ingenua, come ci sono state narrate da persone del volgo, di cui indichiamo il nome a piè di pagina, senza correzioni o abbellimenti e senza aggiungervi nulla di nostro, e le riportiamo in lingua italiana per facilitarne la comprensione a quanti, non pratici dei dialetti pugliesi, non sono in grado di capirne l'intima essenza e la difficile grafia.

Coloro i quali vogliono gustarle nell'idioma plebeo, possono leggerle nei nostri volumi "Fiabe e Novelle del popolo pugliese" editi dalla stessa Casa Editrice F. Casini e Figlio di Bari.