Approfondimento della storia

UCCELGRIFO

 


Per lo studioso

Una strana e misteriosa fiaba pugliese di delitto e castigo, che sembrerebbe essersi sviluppata attorno a un singolo episodio (i versi, che citano un “uccello grifone”, e che fanno sì che venga scoperto un omicidio e smascherato il colpevole), appartenente al tipo 780 nella classificazione Aarne-Thompson (l’osso che canta), e però qui scollegato dal suo contesto originario e rimodulato in una nuova narrazione. Nel tipo 780, solitamente, c’è l’omicidio perpetrato da un fratello (o da più fratelli) ai danni di un altro. Molto spesso, ma non sempre, ci sono tre figli di re che partono alla ricerca di una medicina miracolosa che possa guarire il padre (esattamente come nel tipo 551). Il figlio minore riesce nell’impresa, là dove i due fratelli più grandi di lui hanno fallito. I due, invidiosi del suo successo, lo uccidono, ne seppelliscono il cadavere in un luogo isolato e tornano dal padre simulando di aver compiuto loro l’impresa. Quale che sia il motivo del delitto, lo sviluppo successivo è comune a tutte le versioni: un giorno viene alla luce un osso dell’assassinato. Una persona che passa di lì e lo raccoglie (solitamente un pastorello) decide di fabbricarsi, con questo, uno strumento musicale (il più delle volte un flauto). Lo strumento musicale emette parole umane, rivelando il delitto commesso dal fratello (o dai due fratelli).

Per il letterato

Questo racconto è stato sviluppato non solo come fiaba popolare, ma anche come ballata, e sotto questa forma è cantata in tutta l’Europa settentrionale e occidentale e negli Stati Uniti. La fiaba in prosa, nella forma in cui viene narrata in Europa, presenta una serie di caratteristiche comuni che fanno sì che ci troviamo di fronte a un’unità narrativa ben definita. Probabilmente ha avuto origine in Belgio. È interessante notare che, in diverse versioni italiane di questa fiaba, là dove compare il tema della medicina magica di cui i tre fratelli vanno alla ricerca, questa è una penna di uccello grifone. In questo caso, le parole emesse dal flauto sovrannaturale recitano, pressappoco: “per una penna di uccello grifone/mio fratello è il traditore”. All’incirca le stesse parole che troviamo nella storia pugliese, sia pure rifunzionalizzate ad altre esigenze narrative. La storia pugliese, allora, è una variante anomala e degradata del tipo 780, che ha mantenuto il solo motivo dei versi che svelano l’assassino, svolgendolo però in maniera assolutamente libera rispetto al tipo originario? Oppure è una storia autonoma, nella quale, per un processo di assimilazione, si è inserito il motivo dell’uccello grifone? Non possiamo essere sicuri né di un’ipotesi né dell’altra, anche perché questa storia, in ogni caso, è andata a innestarsi su credenze, schemi e tradizioni sicuramente radicati nella mentalità popolare, come l’intervento divino o soprannaturale che fa sì che venga smascherato un assassino che credeva che il proprio delitto rimanesse impunito. Sono diversi i tipi fiabeschi in cui questo smascheramento avviene a causa di un uccello. Da questo punto di vista, la fiaba pugliese presenta significative corrispondenze con il tipo 781 (La principessa che uccise il suo bambino). In questo tipo narrativo, infatti, il protagonista, che ha la facoltà di comprendere il linguaggio degli uccelli, sente un uccello cantare sopra di lui “le ossa sono sotto la pianta”, e così viene alla luce un efferato omicidio e viene smascherato il colpevole. La tradizione europea sembra limitata all’Estonia e alla Finlandia. Altre fiabe europee di assassinii svelati dagli uccelli possono derivare dalla storia baltica come pure possono rivelarsene indipendenti.

Elementi simili a quelli analizzati finora (un efferato delitto perpetrato da un familiare, un uccello sovrannaturale, la punizione finale del colpevole) appaiono anche nel tipo 720 (mia madre mi ha ucciso, mio padre mi ha mangiato): in questo tipo fiabesco, una matrigna uccide il figliastro, ne cucina le carni e le dà da mangiare all’ignaro marito. La sorellina recupera le ossa del bambino e le seppellisce sotto un albero di ginepro: dalla tomba viene fuori un uccellino che canta una canzone in cui svela i dettagli dell’omicidio. Poi, volando, depone dei doni ai piedi della sorella e del padre, per poi lasciar cadere una pietra da mulino in testa alla matrigna, che muore.

Ma c’è anche un gruppo di storie in cui l’assassino non viene smascherato in virtù di una rivelazione soprannaturale, ma l’omicida stesso è indotto, per una catena di eventi, a rivelare il delitto. Nel tipo 960 (Il sole porta tutto alla luce), noto soprattutto per la versione riportata dai fratelli Grimm (J. & W. GRIMM, Kinder- und Hausmärchen, Leipzig, 1856, libro II, n. 115), la vittima, morendo, dice: “il sole porterà tutto alla luce”. Una volta che il sole splende con particolare lucentezza sulla tavola apparecchiata davanti all’assassino, costui, con sventatezza, si lascia scappare il commento “vorresti portare tutto alla luce, ma non puoi”. Il commento viene ascoltato e viene riferito a più persone: ne consegue un’indagine, che porta all’arresto, alla confessione e alla condanna del colpevole. In questa forma, la fiaba è diffusa in Germania, nei paesi baltici e in Serbia. Frequentemente, lo strumento della rivelazione è, in luogo dei raggi di sole, una pianta: questa variazione è riscontrabile un po’ dappertutto, dalla Spagna fino alla Russia.

Molto spesso, al motivo psicologico del colpevole indotto a tradirsi da solo si sovrappone il tema dell’uccello rivelatore: oltre alle storie in cui la rivelazione è fatta dalla luce del sole o da una pianta, ci sono, infatti, anche narrazioni in cui un uccello induce l’assassino ad ammettere la propria colpa.

Per il folklorista

Questo tipo di fiaba è stato trattato sul piano letterario da molti autori sin dall’antichità classica: la struttura di fondo è quella del mito greco delle gru di Ibico. L’ucciso invoca le gru, uniche testimoni, perché lo vendichino. Le gru seguono l’assassino e lo indicano. Si tratta di una storia che compare in numerose versioni letterarie e al tempo stesso è ben radicata nella tradizione orale, specie nei paesi romanzi e in Germania. Le due storie, “Le gru di Ibico” e “Il sole che porta tutto alla luce”, si sono influenzate reciprocamente in maniera così stretta e così profonda, che oggi possono essere considerate come due forme di un’unica fiaba. Esse costituiscono un esempio significativo di un tema che ha profonde radici nella credenza di una giustizia superiore, che ha toccato spesso la sensibilità sia dei letterati sia degli illetterati che hanno raccolto, manipolato e diffuso questo gruppo di storie. Un gruppo di storie che, per questo motivo, è entrato a far parte sia della tradizione letteraria europea sia del folclore.

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Per il bibliografo

Compare nelle seguenti raccolte:

  • S. LA SORSA, Tradizioni Popolari Pugliesi, Bari Roma, 1928, parte II, n. 31.

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