VOLO.jpg (15620 byte)

IL LINGUAGGIO DEGLI ANIMALI

Nelle antiche religioni sciamaniche, elementi caratteristici erano il volo, la metamorfosi in animale, il rituale evocativo e il rapporto con entità superiori. Tra gli sciamani siberiani, per mutarsi in uccelli non basta camuffarsi con le loro penne e con maschere, ma è anche necessario simulare il volo e i comportamenti degli animali da cui si è mascherati. Va anche ricordato che gli sciamani, oltre a simulare il volo, imitano anche il canto dell’uccello evocato, che diventa espressione sonora del loro potere magico.

In genere, chi possiede questo potere è sempre indicato come un essere in stretto rapporto con il soprannaturale. Chi conosce la LINGUA DEGLI UCCELLI, sotto certi aspetti, conosce il linguaggio della divinità e la natura gli si schiude senza misteri.

La stessa parola indovino, etimologicamente, non è altro che divinus, qui con il significato di interprete degli dei. Gli auspici (da aves spicere: osservare gli uccelli), presagi tratti dal volo e dal canto degli uccelli, sono in special modo da accostare alla lingua degli uccelli, identificata con la lingua degli dei, poiché si riteneva che questi ultimi manifestassero la propria volontà tramite tali presagi.

Per questo, gli sciamani hanno il potere di comprendere il LINGUAGGIO DEGLI ANIMALI, in particolare quello degli uccelli: gli uccelli hanno occupato da sempre una posizione specifica nella mitologia, fino a diventare espressione concreta della divinità all’interno di tradizioni religiose anche molto diverse (dal Garuda indiano fino allo Spirito Santo dei cristiani). In effetti l’uccello è considerato in molte culture una sorta di medium fra l’uomo e le divinità, è il loro messaggero, è l’eroe culturale che trasmette misteri e segreti non altrimenti posseduti dai mortali.

Per la cultura antropocentrica, comprendere il linguaggio degli uccelli costituisce una sorta di certificazione di superiorità (o comunque di differenza), che pone immediatamente l’uomo capace di questo prodigio nella sfera del magico, del divino, del soprannaturale. Questa consuetudine è passata anche nella tradizione della fiaba, in cui la conoscenza del linguaggio degli uccelli è una caratteristica attribuita in genere ad un protagonista ritenuto, per motivi diversi, in relazione con esseri fatati.

Un esempio letterario fra i più antichi di questo particolarissimo attributo è rintracciabile nel testo persiano IL linguaggio degli uccelli, di Fan-od-din (XII secolo), in cui la conoscenza di tale linguaggio corrisponde in realtà ad una sorta di pre-requisito iniziatico.

Imparare il linguaggio degli animali, in primo luogo quello degli uccelli, equivale a conoscere i segreti della natura, e quindi a essere in grado di profetizzare. Questi animali possono rivelare i segreti del futuro perché sono considerati i ricettacoli delle anime dei morti e le epifanie degli dei. Apprendere il loro linguaggio, imitarne la voce, significa poter comunicare con l’aldilà e con la divinità.

TornaVaicasa2