Approfondimento della storia

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Per lo studioso


 

Corrisponde al tipo 563 nella classificazione Aarne-Thompson (i tre doni: la tavola, l’asino, il bastone). In alcune varianti (come nella storia riportata nella raccolta dei Grimm), gli episodi del rinvenimento degli oggetti magici vengono attribuiti a tre personaggi diversi (molto spesso fratelli): due di loro hanno in dono, rispettivamente, l’asino e la tovaglia, ma - ingenuamente - se li fanno rubare; il terzo personaggio recupera gli oggetti rubati grazie al bastone castigamatti. Comunque, nella maggior parte delle storie, c’è un solo protagonista, che prima si vede derubato dell’asino e della tovaglia e poi, con il bastone incantato, costringe il ladro a restituirgli il maltolto. Solitamente, il ladro è un oste. In alcuni casi (come in questa versione pugliese), la parte del ladro può essere assegnata a una comunità di frati.

 

Per il letterato


 

La storia fa parte un gruppo di tre fiabe, incentrate sulla perdita e sul recupero di oggetti magici, analizzate da Antti Aarne (Die Zaubergaben, “Journal de la Société Finno-Ougrienne”, XXVII, Helsinki, 1911, pp. 1-96): le altre due fiabe sono “La borsa magica” (tipo 564) e “Il macinino magico” (tipo 565), in cui compaiono, rispettivamente, due oggetti e un solo oggetto magico. L’Aarne ritiene che la forma originaria sia quella con tre oggetti incantati: a partire da questa, si sarebbero sviluppate, per derivazione, le altre due.

La fiaba incentrata sui tre doni magici, sul loro furto e sul loro recupero, ha una lunga fortuna letteraria. Appare in una raccolta cinese di leggende buddhiste (E. CHAVANNES, Cinq centes contes et apologues extraits du Tripitaka chinois, 4 voll., Paris, 1910-34, III, n. 468). Soprattutto, è presente nel Pentamerone come primo “conto”: “Il racconto dell’Orco”. Nella versione del Basile, un povero sciocco, cacciato di casa dalla madre, va a prestar servizio presso un orco. Costui lo ricompensa per i suoi servigi prima con un ciuco che caca pietre preziose e poi con una tovaglia che, a comando, si riempie di ogni ben di dio. Entrambi gli oggetti vengono rubati da un malevolo locandiere, presso il quale lo sciocco pernotta nel viaggio di ritorno verso casa. Alla fine, l’orco dona al protagonista una mazza fatata, che percuote il locandiere disonesto fino a quando costui non restituisce il ciuco e la tovaglia. Sempre nel Basile si trova un’altra fiaba dedicata a un animale che produce oro e che viene sottratto con l’inganno: si tratta del racconto della “Papera” (V, 1). In questa fiaba, due povere filatrici si ritrovano, per un caso fortuito, proprietarie di una papera che fa uova d’oro. Tre comari intriganti, scoperte le proprietà magiche della papera, se la fanno prestare con una scusa: la papera, però, una volta fra le mani delle tre, si rifiuta di fare uova d’oro e produce ben altre deiezioni. Le tre manigolde le torcono il collo e la buttano giù nel vicoletto sottostante. Proprio di lì si trova a passare un principe, che avverte il bisogno di espletare un bisogno corporale, e -fatti gli affari suoi- si pulisce il posteriore con la papera: l’animale, però, è vivo, e azzanna le carni del principe, non staccandosi più da lui. Dato che nessuno dei medici di corte riesce a strappare la papera dal posteriore del principe, viene emanato un bando pubblico in cui si promettono grandi premi a chi riuscirà nell’impresa. A persuadere la papera a mollare la presa è la più giovane delle due filatrici, che va in sposa al principe.

Il fatto che il racconto dell’asino, della tovaglia e del bastone fatati si trovi come prima storia dell’opera del Basile, e che poi venga ripreso nella raccolta dei fratelli Grimm, può spiegare, sia pure in parte, la sua ampia diffusione. A proposito del primo dono, vale a dire l’asino “caca-oro”, va osservato che quello dell’asino dispensatore di ricchezze era un tema profondamente radicato nell’immaginario popolare, e in particolare nella cultura contadina. Un asino che caca denaro compare anche nella Storia di Campriano contadino (corrispondente al tipo fiabesco 1539: ingegno e ingenuità): qui però l’animale non è realmente magico, ma è semplicemente lo strumento di una truffa da parte del furbo contadino. L’asino appare inoltre come protagonista del Carnevale, festa legata all’abbondanza, sia pure simulata, e alla messa in scena del mito del Paese di Cuccagna. L’asino, anzi, è una vera e propria personificazione del Carnevale: infatti, una delle forme di quella fortunata farsa carnevalesca, che è il “Testamento di Carnevale”, consiste nel Testamentum Asini. L’animale è il re della “festa dei folli” che viene messo a morte, e nel suo testamento lascia in eredità le parti del proprio corpo, a garantire fecondità e prosperità (comunque, per il rapporto fra asino, ricchezza, Carnevale e “mondo sotterraneo”, si veda P. CAMPORESI, La maschera di Bertoldo, Milano, 1993, parte I, cap. 3).

Per il folklorista

Certo è che questa fiaba ha una distribuzione estremamente vasta: una storia con la struttura e gli elementi propri del tipo attuale doveva essere già nota in Asia nel IV sec. d. C.. La si trova in quasi tutte le raccolte dell’Europa e dell’Asia, e attraversa l’intero continente africano. I colonizzatori europei l’hanno portata nell’America del Nord e del Sud. È presente in tutte le tradizioni dialettali italiane. Nella sua già richiamata opera, Aarne ne analizza la distribuzione storica e spaziale, rimanendo comunque nel dubbio se si sia originata in Asia per spostarsi di qui in Europa, o se abbia fatto il percorso inverso. Per una discussione sugli studi storico-geografici relativi a questa fiaba, si veda K. KROHN, Übersicht über einige Resultate der Märchenforschung, “F. F. Communications”, n. 96, Helsinki, 1931, pp. 50 - sgg.

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    Per il bibliografo
    Compare nelle seguenti raccolte:

  • J. & W. GRIMM, Kinder- und Hausmärchen, Leipzig, 1856, libro I, n. 36.

  • I. CALVINO, Fiabe italiane, Torino, 1956, n. 127.

  • L. ANGIULI - L. DI TURI – G. MINARDI, Puglia in Favola, S. Prospero (Modena), 1999, parte I, n. 1.4.

  • S. LA SORSA, Tradizioni Popolari Pugliesi, Bari Roma, 1928, parte V, nn. 21, 23.

  • P. PELLIZZARI, Fiabe e canzoni popolari del contado di Maglie in Terra d’Otranto, fasc. I, Maglie, 1881, p. 19.

  • A. TIRABOSCHI, Sei quadernetti manoscritti di fiabe in dialetto bergamasco, Biblioteca Civica, Bergamo, n. 14.

  • D. G. BERNONI, Fiabe e novelle popolari veneziane, Venezia, 1873, n. 9.

  • R. FORSTER, Fiabe popolari dalmate, “Archivio per lo studio delle tradizioni popolari”, X, Palermo, 1891, n. 6.

  • CH. SCHNELLER, Märchen und Sagen aus Wälschtyrol, Innsbruck, 1867, n. 15.

  • A. VECCHI, Testa di Capra, Modena, 1955, n. 2.

  • G. NERUCCI, Sessanta novelle popolari montalesi, Firenze, 1880, nn. 7, 34, 43.

  • A. DE GUBERNATIS, Le tradizioni popolari di S. Stefano di Calcinaia, Roma, 1894, n. 21.

  • T. GRADI, Saggio di letture varie, Torino, 1865, p. 181.

  • G. PITRE’, Novelle popolari toscane, parte I, Roma, 1941, in “Opere complete di Giuseppe Pitrè”, vol. XXX,  nn. 23, 29.

  • D. COMPARETTI, Novelline popolari italiane, vol. I, Torino, 1875, nn. 7, 12.

  • G. ZANAZZO, Novelle, favole e leggende romanesche, “Tradizioni popolari romane”, vol. I, Torino-Roma, 1907, n. 8.

  • G. FINAMORE, Tradizioni popolari abruzzesi, vol. I, Novelle, Lanciano, 1882-85, n. 37.

  • A. DE NINO, Usi e costumi abruzzesi, vol. III: Fiabe, Firenze, 1883, n. 6.

  • V. IMBRIANI, XII Conti pomiglianesi, Napoli, 1877, n. 3.

  • A. D’AMATO, Cunti irpini, Ms. Museo Pitrè, Palermo, n. 5

  • F. LORIGA, Novelle sarde, in Manoscritto 59 del Museo di arti e tradizioni popolari, Roma, n. 6.

  • F. ORTOLI, Les contes populaires de l’ile de Corse, Paris, 1883, n. 23.

  • L. GONZENBACH, Sichilianische Märchen, Leipzig, 1870, 2 voll., n. 52.

  • G. PITRE’, Fiabe, novelle e racconti popolari siciliani, Palermo, 1875, 4 voll., I, nn. 29, 30.

  • G. PITRE’, Fiabe e leggende popolari siciliane, Palermo, 1888, n. 156.

  • M. LA VIA BONELLI, Novelle popolari nicosiane di Siciliain “Archivio per lo studio delle tradizioni popolari”, VI, Palermo, 1887, p. 105.

  •  D. ZORZUT, Sot la nape… (I racconti del popolo friulano), vol. II, Udine, 1925, p. 78.

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