La sorte malandrina 

Una era la volta e due i compari: l'una e gli altri... c'erano. Una volta c'erano due compari che, pur dividendo la povertà, erano proprietari di un asino per ciascuno. Faticavano tanto per cambiare la loro situazione ma nulla lasciava intravedere una sorte diversa da quella attuale. I desideri, le aspirazioni, i sogni cozzavano con la dura realtà. E fu proprio ai sogni che uno dei due affidò la speranza di vivere una vita diversa e migliore. Faceva tutte le sere... tutte le notti lo stesso sogno: Una bionda fata con una lunga veste turchese e un ammiccante sorriso che gli mostrava, divertendosi a pistrigliare con monete d'oro e d'argento, un forziere stracolmo di ogni bendiddio. Sembrava tutto vero! Nel sogno anche il piacevole tintinnio era reale... come reale e allettante era la voce che gli diceva: "Vuoi diventare ricco, lo so! Allora, prendi il ciuccio e vieni a Tale punto: troverai quello che vedi e potrai caricarlo sul ciuccio e portartelo a casa". Il tempo di urlare per chiamare la mula e il rumore della propria voce lo fece spandare e, mentre gli occhi stentavano ad abituarsi alla grigia realtà, la mente andò a rivivere il sogno: "Era tutto vero!" - ripeteva insieme al ricordo - "Bisogna che mi muova! Devo... devo farlo! Però... Il compare... Siamo così stretti dal comparizio... Devo avvisarlo!". Fu così che, tirandosi dietro il ciuccio, andò dal compare e... "Prendi il tuo ciuccio e corri! Andiamo a caricarci di fortuna e felicità!"

Con gli occhi ancora annebbiati per il sonno interrotto, il compare rifiutò l'invito e, con voce ancora arrochita dal sonno, pronunciò queste parole: "Se la fortuna vuole, viene a trovarmi a casa! Statti buono!" E, mentre stava per chiudere la porta in faccia alla meraviglia del compare, questi fece in tempo a chiedere: "Allora prestami il tuo ciuccio e al ritorno ti darò un regalo!". La porta si chiuse mentre la voce gli dava il permesso di prendersi l'animale, raccomandandogli... "Ma sta' attento che non gli succeda niente: ...che su quello stanno poggiate le mie speranze!". 

"Glielo canterò bene bene l'itemissa est, al tesoro della fortuna.! Ha finito di venirmi in sogno!" Se ne andava ripetendo ora al suo ciuccio, ora al ciuccio del compare mentre raggiungeva Talepunto. E quando quell'alba lo vide a bocca aperta con il cuore che batteva furiosamente in petto quasi a pretendere di uscire, lui, il fortunato compare, era sul ciglio di una fossa che contemplava le monete d'oro e d'argento proprio come fosse ancora in sogno, ma... sogno più non era e, senza che la processione squagliasse la cera, subito, appena il tempo di un ammen e i due ciucci erano già carichi e la fossa... vuota.

"Eh! Eh! Eh! Il mattino ha l'oro in bocca" - se la rideva il nuovo ricco. "Che emozione! Che contantezza! Come sarà contento..." E mentre i pensieri dalla testa si sperdevano in tutto il corpo... proprio il corpo... gli venne di andare da corpo. Forse perché tanto pieno di gioia, il suo organismo pretese di svuotarsi e lo obbligò a prendere una decisione: "Questo è un bisogno grande... Non posso più trattenerlo! Vado dietro il cespuglio e svuoto. La strada è lunga; a quest'ora nessuno va in giro;  ciucci li posso far andare verso casa... io faccio quel che devo fare e poi, subito subito, li raggiungo e... Sì! Tutto tempo guadagnato!" 

Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi dovette ripetersi il compare quando, dopo più del previsto, finì di fare i suoi bisogni e corse per la strada senza poter più nè raggiungere i ciucci, nè più trovarli. Dov'erano andati? Dov'erano?

Il tempo di fare questo grande e lungo deposito e i due ciucci erano già arrivati al paese. Le case addormentate e le strette viuzze rimbombarono al rumore degli zoccoli sulle chianche dei due ciucci che tictoccando procedevano. Il ciuccio del compare, sicuramente con la sua testardaggine, da vero ciuccio e più dell'altro ciuccio, procedette, seguito da quell'altro suo docile collega, verso la casa del compare rimasto a poltrire. 
Come i due ciucci arrivarono dietro la porta si misero a tirare calci facendo intervenire il meravigliato compare: "Il mattino ha l'oro in bocca", quasi urlò, anche lui (succede quando i luoghi sono comuni sui luoghi comuni), quando si rese conto di quello che andava succedendo. 
E, svelto di cervello com'era, si precipitò ad alleggerire i due ciucci di tutto il carico e li scacciò lontani dalla sua misera casa.

Quando l'altro compare, che dopo quei fatti suoi aveva cercato i due ciucci, giunse nei pressi dell'abitazione del caro combare e bussò per informarsi, si sentì dare questo giusto rimprovero: "Li hai persi? Te l'avevo detto io che quando la Fortuna vuole è lei che viene a trovarti a casa. Hai visto che ti è capitato? Mi hai perso il ciuccio e a te nulla è rimasto: nemmeno il tuo!" 
"Il mattino ha l'oro in bocca? Per chi? Chi avrà trovato i ciucci?" andava ripetendosi il poveretto.
"Se vuoi gabbare il vicino alzati subito al mattino. Non sempre!" si diceva, sogghignando, il furbo compare.

Il poveretto gira e rigira non riuscì più a trovare i due ciucci, mentre ebbe notizia lungo il suo cammino che il compare, inaspettatamente, aveva cambiato posizione: era diventato padrone di cavalli, carrozze, case, masserie, ville e villette ed ogni bendiddio.

Solo l'altro giorno ho saputo, da un amico di un amico che aveva per amico un amico dell'amico del povero sfortunato compare, che lui, il protagonista senza portafoglio di questa storia, dopo anni trovò i due ciucci: pascevano in un campo brucando placidamente la verde erbetta... e quando restituì il ciuccio che gli era stato prestato, ricevette in cambio due marenghi d'oro.

Gli bastarono per vivere felice e contento? Non si sa! Ora dorme sempre: aspetta un altro sogno?   

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