scapestro

I cinque scapestrati

A  Maglie c'era una madre e un padre che avevano un figlio, e questo figlio aveva il diavolo in corpo: ora si vendeva una cosa, ora se ne impegnava un'altra, passava la notte fuori di casa, insomma era la croce di quei poveri genitori. Una sera la madre disse: - Marito mio, quello ci ridurrà certo al lumicino, facciamo qualsiasi sacrifizio e mandiamolo via per il mondo.

L'indomani il padre gli comprò un cavallo e prese cento ducati in prestito.  Quando lui a mezzogiorno venne a casa, gli disse: - Figlio mio, non puoi continuare a menare una vita come questa.  Qui c'è cento ducati e un cavallo.  Va' e trovati pane.

- Be', - disse il figlio, - me ne andrò a Napoli -. Si mise la via sotto i piedi e andò.  Cammina di qua, cammina di là, in mezzo a una campagna vide un uomo carponi in terra. - Bel giovane, - gli disse, - che fai lì? Come ti chiami?

- Folgore, - disse quello.

- E di cognome?

- Saetta.

- E perché questo nome?

- Perché l'arte mia è andar dietro alle lepri -.

L'aveva appena detto, quando ne passò una. Lui spiccò quattro salti e la acchiappò.

- Be', sai cosa ti dico? - disse il Magliese. - Vienitene con me a Napoli.  Io ho cento ducati -.

Folgore non se lo fece dire due volte, e partirono, uno a cavallo e l'altro a piedi.

Ne incontrarono un altro. - E tu come ti chiami?

- Ciecadritto, - rispose.

 - Che nome è questo? -

Non aveva finito di dirlo, che passò uno stormo di cornacchie inseguite da un falco.

- Be', vediamo cosa sai fare.

- Accieco l'occhio sinistro del falco e lo butto giù -.

Tirò l'arco e il falco cadde giù con una freccia nell'occhio sinistro.

- Che dici, amico?  Ci verresti con noi?

- Già che ci vengo: andiamo.

Arrivarono a Brindisi. Al porto c'erano centinaia d'uomini che lavoravano, ma tra gli altri ce n'era uno che lo caricavano più d'un mulo come niente fosse. - Che bellezza! - dissero quei tre, - glielo domandiamo come si chiama?

- Come ti chiami? - chiese il Magliese.

- Forteschiena.

- Be', lo sai che c'è di nuovo?  Vieni con noi, che io ho cento ducati e vi do da mangiare a tutti.  Quando non ne avrò piú, mi darete voi da mangiare a me.

Figuratevi gli altri scaricatori, a vedersi scappare Forteschiena, lui che li aiutava tutti!  Si misero a gridare:

- Ti diamo un altro carlino, ti diamo un altro carlino se stai con noi!

- No, no! - disse Forteschiena. - Meglio l'arte di Caifasso: mangiare bere e andare a spasso.

Andarono via tutti e quattro insieme, si cacciarono in una cantina, mangiarono come porci, e vino quanto ne veniva.  Poi si rimisero per strada. Non avevano fatto che cinque o sei miglia, che incontrano uno che teneva l'orecchio a terra.

 - Che fai lì a faccia sotto?  Come ti chiami?

- Orecchialepre, - rispose. - Sento tutti i discorsi che si fanno al mondo: dei Re, dei ministri, degli innamorati.

E il Magliese: - Vediamo se dici davvero.  Aguzza le orecchie e senti un po' cosa dicono a Maglie, in quella casa davanti alla colonna.

- Aspetta, - fece lui.  

Si mise orecchio a terra. - Sento, sento parlare due vecchi sotto la cappa del camino, e la vecchia dice al vecchio: «Ringraziamo Dio d'aver fatto quel debito, marito mio; basta che quel diavolo scatenato se ne sia andato da casa nostra: finalmente stiamo in pace».

- Sí, è vero, - disse il Magliese, - non possono essere che mio padre e mia madre.

Si rimisero in cammino e giunsero in un posto dove lavoravano tanti muratori, tutti trafelati di sudore, sotto il sole alto.

- E come fate, poveri cristiani, a lavorare a quest'ora?

- Come facciamo? Abbiamo chi ci tiene freschi -.  E si vide uno che soffiava: pfuh! pfuuuh!

- Come ti chiami? - gli chiesero.

- Soffiarello, - rispose. - Io son capace di fare tutti i venti.  Pfuu!  Questa è la tramontana. Pffuu!  Questo è lo scirocco.  Pfffuu!  Questo è il levante -. E continuò a fare venti soffiando a piene gote. - E se volete l'uragano, vi faccio pure l'uragano -. Soffiò e cominciarono a cadere a terra gli alberi, a volar per aria le pietre, un'ira diddio.

- Basta, basta! - gli dissero, e si calmò.

Fece il Magliese: - Amico, io ho cento ducati.  Ci vieni con me?

- E andiamo -. Fecero un'allegra compagnia tutti insieme: questo ne raccontava una, quello ne contava un'altra, e cosí giunsero a Napoli. Per prima cosa, andarono a mangiare, è naturale. Poi andarono da un barbiere, si misero tutti in ghingheri e uscirono a passeggio, a fare i guappi.  Passò un giorno, due giorni, tre giorni, e dei cento ducati si cominciava già a vederne il fondo.  Disse il Magliese: - Amici, l'aria di Napoli non mi piace.  Andiamocene a Parigi che è meglio.

Cammina cammina, arrivarono a Parigi.  Sulla porta della città, videro scritto:

Chi riesce a vincere alla corsa la figlia del Re, se la sposa.  Se perde, pena di morte.

Disse il Magliese: - Folgore, a te tocca - e salì a Palazzo reale.  

Si rivolse a un maggiordomo: - Eccellenza, io sono uno che viaggia per divertimento, ma entrando stamani in città ho letto la scommessa della figlia del Re.  Voglio tentare.

- Figlio mio, - rispose il maggiordomo, - te lo dico in confidenza, quella è una pazza. Non vuole sposarsi, e va trovando tutti questi imbrogli, e fa andare a morte tanti bei giovani.  Mi piange il cuore, vederti fare la fine degli altri.

- No, no, - disse il Magliese. - Va' a dirglielo e combina il giorno, che io sono pronto.

Fu fissato tutto per domenica. Il Magliese scese a dirlo ai compagni: - Ah, non sapete niente? Lo spettacolo è domenica! - E andarono alla locanda a fare una mangiata e a combinare il da farsi.  Disse Folgore Saetta: - Sai cosa devi fare?  Sabato sera mi mandi con un biglietto, che t'è venuta la febbre e non puoi correre, e mandi me; se vinco, sposa sempre te, e se perdo sei sempre tu che t'impegni di farti mandare alla morte.  

Così fecero, e la domenica mattina il popolo s'accalcò lungo tutta la strada spazzata che non si vedeva più un granello di polvere. Venuta l'ora, scese la Reginella, vestita da ballerina, e si mise vicino a Folgore Saetta.  Tutti stavano a occhi spalancati.  Diedero il segno.  Prrr!  La Reginella si lanciò come una lepre. Ma Folgore Saetta, in quattro balzi le passò sopra la testa e la lasciò indietro cento passi. Figuratevi i battimani, gli evviva!  

Gridavano tutti: - Bravo l'italiano!  S'è trovato finalmente chi le caccia i grilli, a questa pazza!

Lei se ne tornò con la faccia color becco di pappagallo.  Disse il Re: - Figlia mia, l'idea di questa scommessa è stata tua e adesso ti tocca pigliartelo, sia chi sia -.

Ma lasciamo lei e prendiamo Folgore Saetta.  Tornò in locanda e lì, giù a mangiare e bere con tutta la compagnia.  Ma sul più bello: - Ssssst!! - fece Orecchialepre, e si mise a terra come faceva lui.

- Ce l'ha con noi. La Reginella dice che non ti vuole per marito a nessun costo, che la corsa non vale, e che bisogna farne un'altra. E sta interrogando una magàra, perché trovi qualcosa per non farti vincere.  E la magàra le dice che fa una magaría a una pietra, e la fa incastonare in un anello, e la Reginella deve regalare l'anello a te prima della corsa, e quando l'avrai al dito non lo potrai più togliere e non ti reggeranno più le gambe.

- E io che ci sto a fare? - disse Ciecadritto. - Prima di metterti a correre, tendi la mano, e io tiro una freccia e ti faccio saltar via la pietra dall'anello.  Poi vediamo cosa sa fare, la Reginella nostra!

- Bravo!  Bravo! - dissero tutti, e non ci pensarono più.

L'indomani arrivò al malato un biglietto della Reginella, che si compiaceva per la bravura del suo amico, ma, se non gli dispiaceva, voleva si ripetesse lo spettacolo un'altra volta domenica.

Domenica, lungo la strada c'era ancora più gente.  Venne l'ora e scese lei con le gambe fuori come una saltimbanca, e s'avvicinò all'Italiano porgendogli un anello: - Te', bel giovane, giacché sei stato il solo a vincermi alla corsa, ti regalo quest'anello per ricordo della sposa del tuo amico -. Gl'infilò l'anello, e lui si sentì le gambe che facevano giacomo giacomo, e non si teneva più ritto. Ciecadritto, che lo teneva d'occhio, gli gridò: - Tendi la mano! - Lui, lentamente, a fatica, stese la mano, e proprio in quel momento suonò la tromba.  La Reginella era già corsa via davanti a lui. Ciecadritto tirò, la freccia fece volar via l'anello, e Folgore Saetta spiccò quattro guizzi, arrivò dietro alla Reginella, la saltò alla cavallina, la fece andare a faccia in terra e la passò.

Ma il più gran spettacolo era il popolo!  Evviva, cappelli in aria!  Lo presero in braccio e lo portarono in trionfo per il paese, per la gioia d'aver visto umiliata la superbia della Reginella.

E quando infine i cinque scapestrati si trovarono soli, presero ad abbracciarsi, a darsi manate sulla schiena. - Siamo ricchi! - diceva il Magliese. - Domani, sarò Re e voialtri voglio vedere chi pretenderà di cacciarvi da Palazzo reale! Ditemi cosa volete che vi faccia.

- Ciambellano! - diceva uno.

- Ministro! - faceva un altro.

- Generale! - diceva un terzo.

Ma Orecchialepre fece segno di stare zitti. - Terra mi chiama! - e si buttò giù a sentire. Sentì che a Palazzo reale stavano discutendo d'offrirgli una grossa somma per aggiustar la cosa e non fargli sposare la Reginella.

Adesso tocca a me, - disse Forteschiena. - Le faccio sputare anche l'anima.

La mattina dopo, il Magliese si mise tutto in ghingheri e si presentò a Palazzo.  Fuor della sala trovò un consigliere. - Figlio mio, vuoi sentire il consiglio d'uno più vecchio di te? Se ti prendi per moglie quella pazza, ti prendi il diavolo in casa. Invece, se vuoi qualsiasi somma, chiedila, e vattene in grazia di Dio.

- Ti ringrazio di quel che m'hai detto, - fece il Magliese. - Ma di dire quanti tornesi voglio non mi va. Facciamo che vi mando un amico mio e tutto quel che potete caricargli sulle spalle lo caricate.

Così si presentò Forteschiena: con cinquanta sacchi vuoti da dieci tomoli l'uno. - Mi manda l'amico mio perché mi carichiate. Riempite i sacchi, pieni pieni, e caricatemeli-.

Tutti si guardarono, prendendolo per pazzo. - Dico davvero, - fece lui, - sbrigatevi -.

Entrarono nel tesoro e cominciarono a riempire uno di quei sacchi.  Per caricarglielo sulle spalle ci vollero venti persone a sollevarlo.  Quando gliel'ebbero messo addosso, gli chiesero: - Ce la fai?

- Puh! - disse lui. - Mi pare d'averci un filo di paglia.  Si rimisero a empire sacchi, e finirono il monte dell'oro. Attaccarono quello dell'argento e anche l'argento finì tutto sulle spalle di Forteschiena.  Presero il rame, e neanche il rame bastava.  Ficcarono nei sacchi candelieri, stoviglie, e lui reggeva tutto.

- Come ti senti? - gli chiedevano.

- Scommettiamo che mi carico anche il Palazzo?

Vennero i compagni e videro una montagna che camminava da sola, con sotto due piedini.  E si misero in strada per andarsene, in grande allegria.

Avevano fatto cinque o sei miglia, quando Orecchialepre che ogni tanto si chinava ad ascoltare, disse: - Compagni, a Palazzo reale stanno tenendo concistoro.  C'è il consigliere che sapete cosa dice?

«È possibile, Maestà, che quattro saltafossi ci abbiano lasciati nudi come vermi, che non possiamo nemmeno comprarci un soldo di pane?  Tutto quel che avevamo, si son presi!  Presto! Mandiamo un reggimento di cavalleria e facciamoli a pezzi!»

- Be', è finita, - disse il Magliese. - Tutte le altre le abbiamo arrangiate, ma ora, con gli schioppi, chi ci si mette?

- Ah, scemo! - disse Soffiarello. - Ti sei scordato che io faccio alzare l'uragano e li mando tutti a gambe all'aria?  Voi andate avanti, che vi faccio vedere io!

Si sentiva già lo scalpito dei cavalli. Appena furono a tiro, Soffiarello cominciò a soffiare, prima pian piano: pf, pf, poi piú forte: pfff!, che cominciarono a essere accecati dalla polvere, poi fortissimo: pfffffuuu!, e si videro i cavalieri rotolare sotto i cavalli, gli alberi con le radici per aria, i muri che crollavano, i cannoni che volavano! 
Quando fu sicuro d'averne fatto una frittata, raggiunse i compagni, e disse: - Eh, questa non se la sognava il Re di Francia!  Se lo tenga per detto e lo racconti ai figli suoi. 


Così tornarono a Maglie in grazia di Dio, si spartirono quattro milioni per ciascuno, e quando si ritrovavano tutti insieme dicevano: - Alla faccia del Re di Francia e di quella pazza di sua figlia!

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