MASCIARA

Orlando e al masciara di Gravina

C'era una volta Orlando paladino di Francia, venuto in Italia per combattere i Longobardi nemici del suo re. Giunto in queste contrade (Murgia tra Gravina e Spinazzola), trovò che erano soggette ai malefici della masciara di Gravina che opprimeva e tiranneggiava la popolazione. La quale chiese aiuto all'eroe cristiano, la cui fama correva per tutte le contrade d'Europa. Allora per liberare il popolo da questo giogo, Orlando sfidò a duello la strega.

Andò a trovarla nel suo covo, a Gravina e le propose:

«Chi di noi due vincerà il duello, resterà signore di Gravina e dei suoi territori. Accetti tu, strega malefica?»

La masciara prese tempo; rifletté. Orlando era giovane e valoroso, il più forte e coraggioso fra tutti i paladini di Francia. Possedeva una spada eccezionale. Lei invece era vecchia e debole, non poteva alla sua età combattere con la spada. Ma aveva un'arma ben più potente: la magia nera. Avrebbe usato questa a tradimento. Perciò mostrò di accettare il combattimento ad armi pari e offrì il suo giovane figlio come suo spadaccino contro Orlando. Questi accettò e, temendo qualche tranello, chiese che si combattesse in campo neutro, lontano da Gravina, sulla Murgia del Gragnone. Così fu fatto. Ma la masciara aggirò l'ostacolo arrampicandosi fin sulla punta del campanile della cattedrale di Gravina. Da lì, sia pure molto da lontano, riusciva a vedere il Gragnone e i due duellanti. Individuato bene Orlando, cominciò a fissarlo e a lanciargli la sua magia. Con formule oscure, con sguardi saettanti, con la bacchetta magica e i gesti stregoneschi delle mani lo ipnotizzò; contemporaneamente dette un po' di forza e coraggio a quel pusillanime di suo figlio. Fu così che Orlando, pur inseguendo continuamente il vile figlio della strega che gli fuggiva davanti, non riusciva mai a raggiungerlo e a colpirlo con la sua spada. Eppure era una spada forte, precisa, quasi magica. Si chiamava Durlindana; era fedelissima ad Orlando; non aveva mai sbagliato un colpo. Orlando non si dava pace: come mai stavolta Durlindana falliva? Spronava il suo cavallo e inseguiva forsennatamente l'avversario che correva in tondo. E tanto corsero entrambi che gli zoccoli del cavallo di Orlando addirittura consumarono la pietra di quella Murgia, fino a renderne piatto il cocuzzolo. Da allora essa apparve e fu detta «p'sèjte» cioè pestata come si usava anticamente per trebbiare il grano: lo si calpestava con le zampe di muli bendati che giravano sempre in tondo, fino a quando tutti i chicchi del grano non fossero usciti dal loro guscio nelle spighe. La «pesatura» era proprio quel cerchio tondo e piatto dove si pestava il grano. Ecco perché la Murgia «p'sèjte» appare, ancor oggi, l'unica piatta in mezzo a tutte le altre tondeggianti. Fu un duello lungo ed estenuante, trasformatosi per tutta la giornata in una giostra, in un carosello perenne senza vincitori nè vinti. Fino a quando arrivò la sera. Finita la giornata, finì il duello.

Orlando, furioso e deluso per non aver saputo vincere, abbandonò il campo di battaglia e, spostatosi un po' più avanti, gettò con rabbia la sua spada sulla roccia, per spezzarla e buttarla via con queste parole: «Ah Durlindana infedele! non sei più buona a nulla ormai. Io ti getto alle ortiche!»

Ma la spada, invece di spezzarsi, tagliò in due nientemeno che la roccia. Nacque così la famosa «Pietra del Garagnone», tagliata dalla Murgia come una fetta di pane.

Allora Orlando comprese che non Durlindana l'aveva tradito, ma la stregoneria della masciara di Gravina. Per cui riprese la spada e tornò immediatamente indietro, in cerca del suo avversario. Intanto la masciara di Gravina, sicura ormai di aver salvato suo figlio e sconfitto Orlando, era scesa dal campanile e si era allontanata. Privo della protezione materna, suo figlio fu subito raggiunto, colpito e abbattuto da un tremendo fendente della Durlindana di Orlando.

Così la città e il popolo di Gravina furono liberati dalla cattiva strega che fuggì lontano. Solo allora il paladino di Francia si dette pace e riposo dopo quella tremenda giornata. Ma il cavallo era assetato per il lunghissimo combattimento. Nitriva e protestava, mentre Orlando sulla Murgia del Garagnone non riusciva a vedere una goccia d'acqua tutt'intorno. Allora il cavallo si fermò davanti alla pietra del Garagnone, si impuntò, nitrì, si alzò sulle zampe posteriori e con quelle anteriori battè più volte con lo zoccolo sulla roccia. Improvvisa, come per miracolo ne sgorgò acqua pura di sorgente ove l'eroe e il suo destriero si dissetarono. E ancor oggi quella fonte di chiama «Fontana d'Ogna» per ricordare che fu creata dall'unghia del cavallo di Orlando.