In cantiere!

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In cantiere

QUESTA È LA STORIA DEI TRE ZAPPATORI

 Passò un signorino e disse: - Buongiorno!

     Buongiorno!

-      Buongiorno!

Ma il terzo dei zappatori interruppe i "Buongiorno" dicendo: - Non avete capito che il "Buongiorno" era diretto a me?

-         Come? - disse l'altro - Il "Buongiorno" era a me!

-         A te? - disse l'altro ancora - Allora non avete capito niente! Il "Buongiorno" era a me!

 Trovandosi in disaccordo i tre si avviarono sulla strada dell’accesa discussione. Alla fine, quando le grida stavano per diventare pugni e schiaffi, decisero di interpellare il signorino.

-         Signorino, signorino! Aspetta!

-         Che c'è? - domandò Signorino, arrivato allo spigolo della strada.

-         Ci devi dire a chi era diretto il Buongiorno: a me? a lui? o a quest'altro? - indicando il più vicino.

Signorino li guardò e decise: - Il Buongiorno era diretto al più fesso di tutti e tre!

Il primo dei tre, guardando soddisfatto gli altri, disse: - Avete visto? Era diretto a me! - Poi a Signorino: - Per servirla Signorino: il più fesso sono io!

Il secondo dei tre, un tono di voce in più, disse: - Ma chi te l'ha detto? Il più fesso sono io!

Il terzo e ultimo, armatosi di acuti, disse: - A me quest'affronto?  - facendosi avanti - Signorino: avete qui di fronte a voi il più fesso dei tre!

-         No, sono io!

-         No, sono io!

-         No, sono io!

Finché Signorino non intervenne: - Dimostratemi con i fatti questo vostro vanto. Raccontatemi un fatto che vi faccia onore!

Subito il primo, pavoneggiandosi, avanzò e guardando gli altri con aria di grande sufficienza, cominciò: Signorino bello! Sentite il fatto e ditemi voi se sono o non sono io il più fesso. Anni addietro volli soddisfare un grande desiderio: volevo avere ai miei piedi un paio di scarpine rosse. Quelle belle scarpine di lucido rosso… Le desideravo da sempre. Riesco a trovarle. Le compro e le porto a casa. Che gioia averle tra le mani. Quale felicità poteva essere più grande di questa: avevo realizzato il mio sogno. Tra le mie mani avevo… Con quelle stesse mani, vi giuro, feci di tutto per far entrare i miei, vi giuro: i miei, piedi in quelle scarpe. Tutto inutile: le scarpe erano strette. Il desiderio non si era ancora realizzato. Come fare? Come si dice: zappatore, scarpa grossa e cervello fino… decisi. Mi tagliai a tutti e due i piedi, vi giuro: tutti e due… miei… vi giuro, le cinque dita per due e le scarpe entrarono che erano una meraviglia. Che gioia!

Signorino dopo il racconto del primo zappatore disse: - Eh sì! Cari signori devo darvi una brutta notizia: il "Buongiorno" è proprio a questo qui!

-         No caro Signorino mio. Il più fesso sono io e ve lo dimostro con i fatti. - disse il secondo. E poi… - Una volta che ero ammalato, vidi che mia madre che era tornata dalla campagna aveva posato sotto il letto un cesto pieno di bei cocomeri freschi freschi freschi. Avevo la febbre è vero, ma mi venne un gran desiderio di assaggiarne uno. Appena mia madre si allontanò, io scesi dal letto, presi un bel cocomero e, per meglio godere di questo frutto della mia campagna, lo misi intero in bocca. Stavo per schiacciarlo tra i denti allargando al massimo la bocca, quando… sentii avvicinarsi di nuovo mia madre con il medico che era venuto per visitarmi. Cosa dovevo fare? Mi passai il cocomero al lato della bocca e sperai che, per la mia malattia, sembrasse normale il gonfiore della faccia.

Infatti così fu. Era normale che un malato avesse un male ed il dottore quello disse: - Questo gonfiore non mi piace. Da ieri ad oggi è troppo!

Io ridevo dentro di me. e mi divertii ancora di più quando il medico, che era molto preoccupato, decise di fare un taglio per eliminare quel gonfiore. E sarei scoppiato a ridere se non mi fosse impedito dal taglio che venne fatto sulla mia faccia per estrarre il cocomero. Che faccia quella del dottore quando si trovò tra le mani il cocomero.

 Il racconto del secondo zappatore costrinse Signorino ad ammettere ad alta voce: - È vero! Lo ammetto, mi sbagliavo: il "Buongiorno" e a questo qui. Non può essere diversamente!

 -         Un momento, Signorino! - gridò il terzo zappatore - A questo punto - continuò - devo necessariamente fare il mio racconto… ma sia ben chiaro: non lo faccio per vantarmi.

Tutto cominciò il giorno del mio matrimonio. Dopo che gli invitati si ritirarono e noi, io e mia moglie, eravamo felici del passo appena compiuto, decidemmo di andare a letto. Ci eravamo appena coricati quando ci ricordammo di aver lasciato la porta di casa aperta. Fu allora che presi la mia prima decisione di capo famiglia: «Moglie mia, vai a chiudere la porta!». Aspettai ma invece di trovare ubbidienza trovai caparbietà: «Tu sei l'uomo e a te tocca fare questi lavori!».

«Ti ho detto…», «E io ti ho detto…».

Insomma nessuno era intenzionato a cedere. Mi feci furbo e stabilii: «Allora facciamo così, viste le cose come stanno, il primo che parla va a chiudere la porta!».

«Va bene!»

«Va bene!»

Zitta lei, zitto io: porta aperta.

I rumori dalla strada giungevano come se fossero in casa. A un certo momento sentii molte voci avvicinarsi alla porta. Si fermarono sulla soglia e una voce disse: «È qui! Questa è la casa degli sposi!».

Un'altra voce, consenziente, disse: «Entriamo! Che stiamo aspettando.»

I rumori dei passi mi fecero capire che il gruppo era numeroso: cinque o sei persone. I passi si fermarono proprio accanto al letto. Le voci si fecero sussurri: «Sarà questa la sposa?» - disse qualcuno. Erano proprio vicini a me: io, zitto, col fiato in sospeso non gliela volevo dare vinta a mia moglie. Qualcuno allungò le mani e mi toccò il petto - io, furbescamente, sempre zitto .

«Questo è un petto da uomo… qui dorme il marito. Andiamo dall'altra parte!» Girarono intorno al letto e quando furono vicini a mia moglie - furbescamente silenziosa anche lei - sentii, mentre qualcosa si muoveva tra le lenzuola: «Questa è la sposa. Questo è un petto da donna!».

Un'altra voce meno vicina, con tono da padrone, disse: «Portiamola via!»

Se la presero e se la portarono via. Io, zitto, caro Signorino.

Me la portarono dopo tre giorni!

      Concluse così il racconto il terzo zappatore. Il silenzio che si era creato intorno a questa inaspettata conclusione fu interrotto dalla voce di Signorino che, timidamente, azzardò: «Ma… allora tu… sei…» - quasi gli mancava il coraggio, ma poi - «Sei cornuto?», disse tutto d'un fiato.

     «Sì!» - disse il terzo zappatore - «Cornuto! Io sono cornuto, ma a mia moglie non ho dato la soddisfazione di averla vinta: io non sono andato a chiudere la porta.»

      Dopo questa spiegazione, ad ulteriore riprova di quanto ormai era molto evidente, Signorino disse: «Cari signori, devo senz'altro dire che il "Buongiorno" era a quest'ultimo! Statevi bene! Andate a fare il vostro lavoro di zappatura e…

siate sempre contenti come adesso

tanto, ormai, si sa chi è il più fesso»

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