LA SIGNORA DEL CANCELLIERE O IL TESORO DEL CASTIGLIONE

Dovete sapere che sul fianco della montagna del Castiglione, ogni cento anni, giusto alla mezzanotte dell'ultimo giorno, si aprono due porte, grosse grosse, e là dentro si vede questo e quell'altro mondo: oro a non finire, catenine di tutte le misure, pendagli e orecchini quanto una 'panetta' di pane, certi anelli grandi quanto i cerchi che noi rotolavamo per la rotabile. Ed è tutto oro vero, quello proprio buono, quello antico, non quello che vendono ora, che danno per diciotto carati ed è tutto ottone e dell'oro c'è solo l'odore. In un altro stanzone (che vi devo dire!), vi sono tanti mucchi di pietra di tutti i colori che lampeggiano come se fossero occhi di gatti durante la notte. Sono tutti i brillanti e altra roba che noi non conosciamo. Poi, in un'altra stanza ancora, vi sono mucchi di soldi, ma non soldi di ora, che valgono un bottone fracassato. Sono tutti soldi d'oro zecchino, marenghi d'oro, napoleoni d'oro, sterline d'oro, dollari d'oro. Vi è tanta roba da sfamare tutti noi; potremmo mangiare per tutta la vita, carne e maccheroni ogni giorno, e tenere sempre il fiasco pieno, vicino. Voi scherzate! Chi si trova in quel momento lì vicino può prendere tutto ciò che vuole e, poi, se ne può liberamente andare; ma deve mettere un pezzo di ferro dietro la porta per 'ferrare' le brutte bestie che guardano il tesoro.

Una volta, sentite, si trovò a passare di lì, proprio al momento giusto, la buonanima di Chicco, requie a lui, che tornava a casa con l'accetta in spalla. Quando vide tutto quel ben di Dio entrò e con tutta la tremarella che gli era venuta posò l'accetta dietro la porta e si riempì d'oro le tasche, la bisaccia che portava e anche la 'pitturà'. Così carico uscì bello e buono dal Castiglione. Giunto sulla via si ricordò di aver lasciato dentro l'accetta (che aveva pagato a Troia due carlini); così tornò per riprendersela. Entrò e prese l'accetta. Quando arrivò alla porta per uscire, si tolse la 'ferratura'; si sferrarono i diavoli e allora finì il mondo. Proprio il mondo finì, figli miei! Si sentì nei paesi vicini come un terremoto; persino alla piana di Ariano tremò il terreno e il povero Chicco fu portato vivo fino all'inferno. Così capita a coloro che per badare all'acino di sale perdono la minestra. Veniamocene a noi, ora.

A Faeto, a quel tempo, viveva una 'signora', moglie del Cancelliere. Questa donna aveva un diavolo per ogni capello; si era messo in testa che doveva, signorsì, fare aprire il Castiglione prima del tempo. Vedete, figli miei, cosa fa fare l'ingordigia dei soldi: fa perdere i sensi ai migliori cristiani!

La 'signora' mise in subbuglio molti paesi; ma alla fine riuscì a trovare un mago, di quelli coi mustacchi, come si dice, che le insegnò il segreto adatto per mandare 'a quel servizio' i 'brutti' che guardavano il tesoro del Castiglione.

Questo mago aprì gli occhi quando vide la 'signora' con un bel borsello in mano. Subito le domandò che cosa volesse. E quando la 'signora' gli raccontò ogni cosa e gli dette il borsello, il mago allegramente rispose: - Stammi bene a sentire. Torna a Faeto, trova un nido di gallo di bosco (upupa) e quando saranno nati i piccoli, mettiti di guardia, aspetta che la madre sia uscita e ottura il buco del nido. Allorché la madre sarà tornata coi vermiciattoli in bocca, essa non potrà entrare; sentirà solo i poveri uccelletti che si lamentano perché manca loro l'aria nel nido. Allora la povera madre per il dolore comincerà a saltellare da un ramo all'altro, come una pazza; poi si ricorderà di conoscere un segreto e subito partirà, come una disperata, per il posto che solo lei conosce. Prenderà col beccuccio un poco d'erba di "sferracavallo" e tornerà al nido.

Quest'erba ha la virtù di fare aprire e spalancare proprio tutte le porte anche se sono guardate dai 'brutti'.

Il povero uccello, per aiutare i figli, tradirà il segreto; porterà un poco di "sferracavallo" che poggerà sul nido; solo così potrà aprire il nido e salvare i figli.-

La 'signora' rientrò a Faeto e fece chiamare due uomini ai quali piaceva il lavoro come ai ragazzi piace andare a scuola.

Si chiamavano Piciapicia e Cussciant.

Dette loro due bei borselli di soldi e li mandò in giro in cerca di nidi di upupa.

Ma, gira di qua e gira di là, passò una stagione intera e il nido non lo trovarono. I soldi, però, li avevano consumati nell'osteria di zia Tracculla:r ed in quella di Rompazapp; la 'signora' per la rabbia avrebbe voluto mangiarli vivi.

Passarono pochi giorni e la 'signora' pensò di andare a trovare un altro mago più esperto che le insegnasse una maniera migliore per ingannare i 'brutti'. Questo mago, dopo aver conservato nel tavolino i quattrini che aveva sborsato la 'signora', disse:

- Sentimi bene e non ti scordare di niente. Devi prendere un'anima battezzata e devi attendere la mezzanotte in punto, quando c'è la luna piena, piena come una focaccia di granturco. Trovati proprio allora sul cucuzzolo del Castiglione, segna con un bastone un bel cerchio per terra e poggia proprio in mezzo al cerchio il piccolo, ben avvolto da una fascia e coperto da una bella cuffia. Vedrai che arriverà colui che ti porterà la chiave con la quale potrai aprire anche le porte di quella montagna nonostante i diavoli lo proibiscano. - Tutta allegra, la 'signora' ritornò a Faeto e subito si dette da fare per avere una creatura battezzata. Ma non ci fu verso, malgrado i mezzi di cui disponeva. E allora pensò di prendere in giro i diavoli.

Il mago aveva detto che occorreva un'anima battezzata, ma non aveva detto che occorreva l'anima di un fanciullo.

Si potrebbe battezzare un coniglio e sarebbe lo stesso, pensò. E così fece. Ma i preti che stavano in paese, non vollero dare il sacramento al coniglio. Allora la 'signora', che era indemoniata, andò a Roseto a trovare un certo Vito La Penna che si era spogliato da prete.

Questi stava a guardare il sole come tutti quelli che tradiscono il Signore, i quali non hanno requie e non mettono carne addosso. Per guadagnarsi due soldi, si prestò a fare ciò che voleva la 'signora'. Questa buona donna, poi, credeva che i diavoli li avrebbe trovati con gli occhi chiusi. Sì, sì... quelli hanno il nome con loro; pensate un po' se i diavoli si sarebbero lasciati prendere per 'le cornecchie' da una donna!

Dunque, veniamo a noi.

La 'signora' si procurò un coniglio, lo fece battezzare da Vito e attese che la luna fosse piena piena.

Quando fu il momento lei, Vito ed un altro uomo di pochi scrupoli, che portava il coniglietto fasciato, con la cuffietta in testa, avvolto entro due pannolini e una bella copertina con fiocchi e strisce di tutti i colori, si portarono sul Castiglione.

Allo scoccar della mezzanotte, Vito tracciò il cerchio come aveva raccomandato il mago e al centro vi depose il coniglietto, vestito da bambino; la Signora, invece, iniziò a dire le parole "nere e rosse" per chiamare i diavoli. All'improvviso, dalla direzione di Rovitelli, essi uscirono come carboni di fuoco.

Si udì un rumore assordante di catene come quando due o tre ventine di fusti di ferro rotolano, vuoti, sulle pietre.

Ai tre si presentò il capo diavolo con gli occhi rossi come un tizzone acceso; aveva la bocca nera come la camera di cottura del forno di 'Muzzchill' e, ridendo, cacciava dalla bocca tante faville così come esse escono da un camino zeppo di fuliggine, che sta incendiandosi.

Il capo dei diavoli aveva una chiave in mano che era grossa quanto un aratro; era la chiave per aprire il Castiglione. Prima di consegnare quella specie di 'chiavetta', alla signora, che non poteva nemmeno parlare perché tremava come una foglia, ma, tuttavia, si dava coraggio solo per la bramosia dei soldi, si avvicinò alla creatura per prendersela. Allora successe il finimondo.

Come la soppesò, si accorse che non era un essere umano; la lanciò in terra con quanta forza aveva ed emise un grido che fu sentito nella piana di Avellino.

La montagna del Castiglione cominciò a tremare come se le fosse venuto il male di Santo Donato o come se fosse stata morsa da tutte le tarantole che stanno su questa terra. Sussultò con un rumore che sembrava dovesse finire proprio il mondo. Cominciarono a cadere lampi e saette e chicchi di grandine quanto una pagnotta di pane benedetto. E si alzò un vento che sradicò cerri e querce portandoseli per aria come fuscelli. Sembrò che il cielo e la terra stessero lì lì per unirsi.

Ma il Signore che sta in cielo e che non si scorda mai dei figli suoi, mise tutto a posto e fece sparire, come neve di marzo, tutti i diavoli. La gente dei dintorni corse piangendo alla Chiesa di San Vito per ringraziare il Signore.

E quelli che volevano menare nel sacco i diavoli, sapete dove andarono a finire? La signora del Cancelliere se la portò una tempesta di vento, proprio come una girandola pirotecnica, di qua e di là, facendola cadere, poi, in un pantano nei pressi di Manfredonia; quando ritornò a casa, il marito non la riconobbe più perché aveva il 'viso del peccato' ed i capelli bianchi. Il rosetano fu trovato nel bosco di Ciccariéll tra spine e rovi, nudo, come l'aveva fatto la madre, perché la tempesta gli aveva strappato i panni di dosso.

Quell'altro uomo, invece, si trovò appeso come un topolino in cima ad un albero nei pressi di Casalbore; aveva le ossa rotte ed il corpo pieno di lividi come se l'avessero battuto con il correggiato.

Il resto, poi, lontano sia, lo ebbero quando arrivò il loro momento. Sapete che trattamento di lusso e che carezze avranno avuto in quell'altro mondo da quelli che tengono i 'piedi spaccati'!

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Tratta da

"LA MEMORIA CHE RESTA": vissuto quotidiano, mito e storia dei braccianti del basso tavoliere, Foggia 1981