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L'uccello del paradiso

C'era una volta un re che aveva tre figli. Tre figli? Tre gioielli: belli forti e... allegri e brillanti proprio come quelle gioie. Tutti e tre se ne erano andati di testa per una  principessa, bella assai e dai capelli d'oro. La principessa era assai felice delle attenzioni dei tre ma non si decideva a sceglierne uno. Un giorno decise:   "Sposerò chi riuscirà a portarmi l'uccello del paradiso", disse.

Il primogenito allora un bel mattino appena sveglio, scese nel giardino e vide su di un albero un bell'uccello: "Ma... ma è lui! Sì è proprio l'uccello desiderato dalla principessa", gridò.

L'uccello, disturbato, prese la via del cielo sparendo alla vista.

Non poteva finire così. "Era sull'albero. Tornerà!", pensò il principe numero uno.  Pensato. Fatto.

Prese tutto l'occorrente per dormire e si trasferì sotto l'albero, insieme al suo fucile, in attesa del ritorno dell'uccello.  Passarono i giorni: dell'uccello nessuna notizia. Non chiudeva occhio, non mangiava. Gli faceva compagnia il suo fucile. La stanchezza viene se non si riposa. Infatti una notte i suoi occhi non ebbero più la forza di resistere e... si nascosero sotto le palpebre. Un rumore... un frullio d'ali... gli occhi si aprirono appena in tempo per vedere la coda dell'uccello sparire oltre il giardino.

Fu allora che chiamò un servo e si fece preparare lì per lì, sotto l'albero, un letto di spine. "Mo' ti voglio, furbacchione! Devi venire al masone!", gridò al vento. Quella trovata infatti non gli avrebbe permesso di dormire.

All'alba, appena l'uccello del paradiso spuntò, il suo fucile fece faville: "Bim bam bum". Tutto fumo? No, stai a sentire.

L'uccello arrivava, il principe mirava, quello si avvicinava, il principe sparava. Sfortuna e fortuna. Infatti: non vuoi che a quel macello di spari l'uccello, impaurito, se la svignò? E non vuoi che per la paura il povero uccello non tenne tutte le sue penne e una penna d'oro, ondeggiando, si posò sui piedi del deluso principe?

Delusione, sì. Ma più determinazione. Prese la penna e si decise: "La maga Turchina! Con questa penna... sì, lei mi dirà il da farsi!".

S'inoltrò nel bosco e giunse alla casa della maga Turchina.

Con la penna, la maga fece le magherie sue tra fumiodori e alla fine: "Figlio di Re, i custodi del divenire non vogliono che tu ti avventuri in questa impresa. Ma se proprio devi, va': il cammino è lungo e faticoso. La valle della morte ti aspetta. E' lì che si pasce il cavallo dalla criniera d'oro. Prendilo e con lui ti sarà facile catturare l'uccello del paradiso. Va' ma stai attento. Non dimenticare il consiglio dei custodi del di...", stava concludendo Turchina ma il principe aveva messo le ali e già era lontano, a palazzo.

Al palazzo reale, raccontò ogni cosa al padre ed ai fratelli ed il giorno appresso si mise in viaggio per rintracciare il cavallo dalla criniera d'oro. Cammina e cammina incontrò una volpe: "Ti prego, non farmi morire di fame... Un pezzo di pane e...". "Ma quale pane? Quale fame? Non lo vedi che vado di fretta? Togliti davanti agli occhi!", esclamò il furioso principe proseguendo per la sua strada.

Cammina e cammina, dopo molti giorni giunse stanco alla valle della morte, che teneva per sentinelle migliaia di soldati. Sulla porta c'era un leone che, per aver avuto un pezzo di pane, gli permise di entrare. Con gli occhi aperti e gli orecchi spalancati, Principe si guardò intorno e vide che i soldati dormivano e sentì il loro russare. In punta di piedi arrivò nella stalla dove c'era il cavallo dalla criniera d'oro insieme a molti altri cavalli comuni. Siccome vicino c'erano le briglie d'oro, tolse al cavallo quelle di cuoio, e mise le altre. Non vuoi che tutti gli altri cavalli, in quel preciso momento, si mettono a nitrire? E non vuoi che a tutto quel macello i soldati si svegliarono? E..., insomma, vuoi o non vuoi i soldati lo presero e, lì per lì, lo uccisero.

Il tempo passava e al palazzo si cominciava a stare in pensiero. Il fratello, Principe numero due, non vedendo tornare il numero Uno, volle andare lui a trovare l'uccello del paradiso con la speranza di conoscere la sorte del numero Uno. Senza portarla per le lunghe, anche a lui capitarono le stesse avventure ed ebbe la stessa morte.

Il principe più piccolo, il numero Tre, dopo un certo tempo si fece venire, anche lui, i pensieri per la testa e si mise sulle tracce dei fratelli e del desiderato uccello. Cammina cammina, incontrò la volpe. "Un pezzo di pane? E tieni, ti devo perdere per un pezzo di pane?", disse e fece il Principe buono quando la volpe glielo chiese. La volpe?... quello era uno spirito benigno. Infatti, dopo la buona azione, una voce l'avvertì che quando fosse giunto presso il cavallo dalla criniera d'oro, non avrebbe dovuto cambiargli le redini, ma doveva conservare quelle di pelle. Egli così fece, ed al ritorno dall'impresa la stessa voce, in presenza della volpe, gli disse dove trovare il famoso uccello: "Va', figlio di Re. Continua per questa strada e nel bosco dell'orco, chiuso in una gabbia di ferro, troverai quello che cerchi. Ma, attento: non lo far uscire. Gabbia e tutto portalo con te!"

Anche questa difficile impresa fu portata a termine e, felice e contento, se ne andava al palazzo della principessa per finire questa storia, ma...

Ma... stai a sentire:

Nel palazzo della principessa si trovò davanti tre principesse. Tutte uguali. Tutte bionde e tutte belle. Meno male che la voce dello spirito della volpe l'aveva avvisato. Fu così che...

Giunto al palazzo, quando le tre principesse si presentarono, lui sicuro sicuro tolse le parrucche d'oro a due di esse e si prese quella vera che teneva un neo sopra la punta del naso. Proprio come gli era stato detto.

E proprio come gli era stato detto, avrebbe dovuto superare ancora un'altra prova dopo essersi scansato dalla morte. Sì, perchè se avesse sbagliato nella scelta della principessa sarebbe stato ucciso, come era capitato ad altri pretendenti.

Quel pezzo di pane dato alla volpe non valeva soltanto più dell'oro ma più della vita.

La volpe aveva detto come superare l'ultima prova prima di ottenere il premio di tante fatiche. Quando la madre regina o Regina madre, gli comunicò la nuova prova, lui sapeva come fare.

"Se vuoi la mia principessina, devi portare l'acqua di un pozzo in un'altro pozzo. Solo quando riempirai il pozzo vuoto, il tuo desiderio sarà soddisfatto. Ma bada: se non riuscirai...", concluse Regina mostrandogli un boia pronto con una enorme mannaia.

Il principe s'accinse all'opera, ma il pozzo non si empiva mai.

La giovane Principessa, che, di nascosto, teneva un debole per lui, di notte uscì dalla sua camera e l'avvertì che fra i due pozzi c'era una comunicazione, e quindi non poteva mai svuotarsi uno e riempire l'altro. Perciò gli consigliò di fuggire con lei.

Come la madre si accorse della fuga, fece sparare dei colpi di cannone, ma fu inutile, perché essi giunsero sani e salvi alla reggia.

E lì si svolsero gli sponsali e lì, in quel regno, regnarono i due principi alla morte del re padre e divenendo i sovrani di questa storia a lieto fine.

 

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