C'era
una volta una principessa tanto tanto sapiente, tutto lei sapeva; tanto
che sapeva spiegare tutti gli enigmi e tutti gli indovinelli che le
proponevano. Il padre Re, un po’ per orgoglio, un po’ per divertimento e un po’ perché doveva pur fare qualcosa, emanò un decreto in cui dichiarava che:
Col
dolore nel cuore, la povera mamma, prevedendo una brutta fine, come era
successo a tanti e tanti altri, gli preparò una focaccia avvelenata, per
farlo morire senza sofferenze e prima di presentarsi a corte.
“Addio!”
“Addio!” Il giovane, focaccia nella bisaccia, bisaccia in spalla, si mise su di un asino chiamato Sciascia e partì alla volta della capitale. Cammin facendo la bestia cominciò a ragliare per la fame, ed egli, testardo come l’asino, poiché voleva concludere il viaggio il prima possibile per sposare la principessa, gli dette metà della focaccia, per cui la povera bestia dopo un po' di strada smise di ragliare e, steso per terra, cominciò a lamentarsi in preda ad atroci sofferenze.
L’ingenuo
pastore, credendo che il suo fedele amico fosse si lamentasse ancora per la
fame, gli dette l'altra metà della focaccia e, senza volerlo, mise fine anche
ai lamenti perché l'asino all’istante morì. L’esperienza aguzza l’ingegno? E da questa esperienza maturò la realizzazione del primo indovinello che avrebbe detto alla principessa: "Sciascia si mangia la pizza e muore!". Stava per riprendere il cammino, quando scorse una lepre. Imbracciò il fucile e fece partire un colpo preciso preciso. Dopo averla ammazzata la prese per scuoiarla e si accorse che era incinta e che aveva ucciso anche i leprotti che portava nel ventre.
Allora
ideò l'altro indovinello: "Spara chi vedi, e colpisci chi non
vedi!".
Cammina
e cammina, passò un giorno, poi venne la notte e… arrivò. Era appena
arrivato che si scatenò un temporale con una pioggia torrenziale. Come doveva
fare? Dove ripararsi? Trovò un grosso tetto sporgente e lì sotto si riparò.
La pioggia cadeva cadenzando la crescita di un altro indovinello: cadevano
delle gocce di acqua dal tetto che, toccando il terreno, a poco a poco
scavavano la pietra sottostante. "Il molle rompe il duro!"- risultò alla fine della pioggia. E fu allora che volle rifocillarsi e andò alla ricerca di qualcosa da mangiare.
Entrò
in una panetteria e chiese un quarto di pane.
“Anna
un pane a questo giovanotto!”, disse il panettiere. Sette giovani fanciulle si presentarono con un pane per ciascuno. Non sapeva quale prendere e chiese chi fosse Anna, perché da lei avrebbe preso il pane. Tutte si chiamavano Anna. Da questo fatto ideò l’ultimo indovinello: "Un quarto di pane di sette Anne".
Giunto
al palazzo reale chiese di essere ammesso a corte. Alla presenza della
principessa il pastore così parlò:
“Sciascia
si mangia la pizza e muore!
Dopo
che ebbe raccontato i suoi indovinelli alla principessa, fu congedato con:
“Fra cinque giorni l’enigma sarà risolto! Addio!”
Doveva
aspettare e si dette da fare per cercare qualche alloggio. Lo trovò e lì
restò in attesa.
Intanto
la principessa si disperava perché non riusciva a risolvere nessuno di quegli
indovinelli. E, poiché non voleva darsi per vinta, pensò e ripensò e alla fine escogitò: si fece dire dove il giovane alloggiava e, di sera, travestita da povero viandante, si recò da lui e gli chiese il permesso di dormire insieme quella notte, poiché gli alberghi erano tutti occupati. Con questo inganno, una parola tira l’altra, una chiacchiera ne tira un’altra… riuscì a farsi spiegare gli indovinelli. Trascorsi i cinque giorni, il pastore, all’ora esatta, si recò alla reggia e quando la principessa gli spiegò tutto per filo e per segno non si stupì. Egli, che fesso non era, svelò quello che era successo la notte precedente e, poiché la principessa negava la sua colpa, egli mostrò un anello ricco di brillanti che ella aveva dimenticato nella stanza dove aveva albergato. Dinanzi a quella prova il re, abbassò la cresta, con un sorriso forzato e, per finire tutto quello che era iniziato con la morte di tanti giovanotti, dovette credergli e dovette assistere al matrimonio di quella figlia saputa.
Alla
morte del re, il pasto-re divenne -re. |