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Il calzolaio coraggioso

C'era una volta un uomo assai ricco, la cui ricchezza era sangue dei poveri. Egli aveva la moglie, un figlio e tre figlie, e possedeva un palazzo di ventotto stanze; tutte erano piene di mobili di lusso.

Comprava sempre masserie, imbandiva ogni giorno pranzi, ma i suoi quattrini non diminuivano mai. Non sapeva più dove spenderli. Arrivò il tempo in cui egli morì, e la sera lo portarono al camposanto. Intanto la famiglia era riunita in una stanza e piangeva. In quel mentre sentirono un rumore nella stanza attigua. Andarono a vedere: non c'era nessuno. Tornarono nella camera dove stavano prima, e sentirono di nuovo il rumore, ma così forte, che madre e figli dovettero scappare via.

Il povero figlio passeggiava intorno al palazzo e pensava alle ricchezze in esso rinchiuse che doveva lasciare. Allora decise di chiamare alcune guardie, e ordinò loro di guardare il palazzo. Quando esse sentirono tanto rumore, se ne scapparono.

Il giovane andò a chiamare altre guardie, ed anche queste sfortunatamente se ne fuggirono. Allora si presentò un calzolaio zoppo e disse: "Io ti guarderò il palazzo, a patto che tu mi procuri mezzo quintale di schegge di legno, mezzo ettolitro di vino, e mezzo quintale di carne".

Egli prima credette che il calzolaio volesse scherzare; poi capendo che diceva veramente, gli procurò tutto quello che voleva.

Quando lo zoppo si sedé davanti al palazzo, accese il fuoco, arrostì vari pezzi di carne, mangiò e bevve il vino da saziarsi come un porco. Allorché fu mezzo ubbriaco, si sentì chiamare. Guardò in su, nel fumaiuolo della cucina del palazzo, e vide un uomo in piedi.

Il calzolaio disse: "Che vuoi ché mi chiami?" Quello dal fumaiolo rispose: "Mi getto con le braccia?" "Gettati con le braccia". "Mi getto con la testa in giù?" "Gettati con la testa in giù". "Mi getto con le gambe?" "Gettati con le gambe". "Mi getto per metà del corpo?". Gettati per metà del corpo". "Mi getto tutto?" "Gettati tutto". E difatti si precipitò giù.

Quando fu nella stanza, prese il calzolaio per mano e gli disse: "Vieni con me". Il poveretto si fece coraggio, s'alzò di terra ed andò. Salirono nel piano superiore e girarono tutte le ventotto stanze. Finalmente giunsero ad una camera che aveva la porta sigillata. L'ombra l'aprì, e si vide una cassa funebre. Il calzolaio esclamò: "Oh! Madonna mia, forse ora debbo morire. Aiutami tu!". Invece l'altro aprì la cassa funebre, e mostrò che vi erano tanti marenghi d'oro; indi disse: "Caricati questa cassa, e vieni con me".

Il povero zoppino ubbidì e con la santa pazienza gli andò dietro. Finalmente arrivarono in una stanza, in cui era un asciugamani presso un catino. Quegli disse: "Metti la cassa a terra, e spremi l'asciugamani nel catino . Lo zoppo appoggiò la cassa a terra, spremette l'asciugamani nel catino e vide che ne usciva sangue.

Allora l'altro gli disse: "Io sono l'anima del proprietario di questo palazzo. Il sangue che tu hai spremuto, è tutto sangue di poverelli. Questi marenghi d'oro li devi dispensare ai poveri, e fa l'elemosina pure a mio figlio. Fa molta carità altrimenti non potrò riposare in pace".

Il calzolaio disse: "Vattene in pace, e non pensarci più".

Eseguì tutto quello che aveva detto il morto, ed egli fu ricco per il coraggio mostrato. In quel palazzo lo spirito non uscì più. Quelli rimasero ricchi e contenti, io venni via, e non ebbi niente. Lunga la strada, lunga la via. E' stato buono il racconto mio?

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