approfondimento

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In cantiere.

 

 PORTIERE

Cecco Cecchetto Cecchino

Questa volta i figli erano tre. Questa volta i tre fratelli guaglioni avevano un nome per ognuno: Cecco, Cecchetto e Cecchino, il più piccolo. I tre guaglioni, senza essere gemelli, somigliavano molto e si distinguevano soltanto dal comportamento. Il piccolo Cecchino era riconoscibile facilmente perché, in primavera  ed estate era ricercato da mosche e mosconi: l'immobile ammasso di carne depositato all'ombra del fronzuto e antico carrubo corrispondeva al nostro protagonista; in autunno e inverno era il punto fermo dei pazienti ragni che tessevano le loro insidie sicuri di avere alleato Cecchino.  Spostare un braccio per spaventare mosche o ragni era inutile: lui non s'infastidiva... infastidirsi? Mai e poi mai! Perché andare incontro a fastidiosi imprevisti per scacciare mosche o allontanare ragni? Muovere qualche muscolo... lavorare? Perché? Se poi tutto si rimetteva a posto senza sforzi quando la voce della madre con il suo invito - Si mangiaaaaa! - lo avrebbe messo in movimento? 

- Lavorare non fa bene!" - andava ripetendo il saggio guaglione Cecchino quando doveva muovere la bocca in alternativa al movimento manducatorio - Se stai male, il medico che dice? «Riposo! Riposo assoluto!» Io ubbidisco: il riposo non è fatica.

Gli altri due fratelli andavano dalla madre a lamentarsi: - Mammà, lo vedi a quello? Non fa niente... Tutto noi dobbiamo fare! E che lo teniamo a fare? Mandiamolo a quel paese e non se ne parla più!

- Figli miei, voi avete ragione ma Cecchino è sempre carne della mia carne e... No! Non è questa la soluzione... non posso cacciarlo, no! Forse... - un'idea balenò nella mente della povera madre - forse potremmo... Proviamo a dargli moglie, chissà gli viene la volontà di lavorare.

Lo accasarono e... 
La mattina, alla moglie che si stava per alzare dal letto, Cecchino domandò: - Che fai?

- Come "Che fai?", mi alzo per fare i servizi - rispose Antonietta, così si chiamava la giovane sposa. - Non fare la scema! Torna a letto e statti quieta, ti devi alzare quando mi alzo io.

Buona buona Antonietta tornò a coricarsi. Si coricò e... Ron ron, ron ron, si alzarono a mezzogiorno.

I fratelli: - Capodistozzo... non bastava Cecchino?! Mo' pure la moglie! - andavano a lamentarsi dalla mamma. 

La buona triste donna, considerando la situazione, ad estremi mali... dovette porre gli estremi rimedi: li scacciò tutti e due: - Andate! Fuori di qui. Una coppia come voi merita d'essere svergognata in pubblico. Via! - con l'indice puntato verso la porta del mondo.

Il guaglione, non si dette pensiero e... dovette rendersi conto che qualche cosa doveva fare. - Che fare? Non si deve lavorare! Il dottore... No! Fa male! - andava pensando mentre lentamente metteva un passo dietro l'altro sulla riva del mare.

Il suo occhio si posò su un vecchio pescatore che se ne stava fisso con una canna in mare in attesa di qualche sfortunato pesce.

- Mi faccio pescatore! Sì! Ecco cosa devo fare!

Si fece pescatore e, quello stesso giorno -il primo giorno, catturò uno sfortunato pesce, grosso. Allora decise di portarlo al re, sperando di avere qualche regalo. Giunto dinanzi al portone, trovò il portinaio che per farlo entrare gli disse: - Se mi prometti la metà del regalo che speri di avere, ti faccio passare. 

Egli promise, e salendo le scale incontrò altri tre servi che gli fecero la stessa proposta.

Giunto in presenza del re gli offrì il pesce, ed ebbe in regalo cento lire. 

- No! Non voglio quattrini mio magnifico Re! - disse Cecchino, prendendo distanza con la mano. Il re indignato: - Rifiuti? Perché rifiuti?
- Voglio, al posto dei quattrini, cento frustate. 
Il re scoppiò a ridere: - Cento... - ridendo - Chiamate lo stalliere! - ordinò. Arrivò lo stalliere con lo staffile. 

- Gli siano date cento frustate! - ordinò il re divertito.

Lo stalliere si mise lo staffile sotto l'ascella e sputacchiandosi le mani si preparò ad eseguire.

- Aspetta! - disse Cecchino - Ché ho promesso la metà del regalo che dovevo avere al portinaio. 

Fu chiamato il portinaio... si abbassò la camicia e... - E uno e due e tre... e quarantanove e cinquanta! - contò lo stalliere.

- Ora devo mantenere la parola con gli altri che mi hanno fatto la stessa proposta: Sire, fate chiamare il primo portinaio della prima scala. - chiese Cecchino.

Sorrideva e s'incuriosiva il Re. - Sia convocato! - ordinò!

Fu chiamato... si abbassò la camicia e... - E uno e due e tre... e ventiquattro e venticinque! - contò lo stalliere. 

- Ora tocca al portinaio della seconda scala! - regolamentò il furbo guaglione sfaticato.

- ... e dodici- contò lo stalliere.

 Poi...

- Ora il quarto!

- ...sei!

- Ne mancano? La prima metà, cinquanta, è stata data. Venticinque al secondo; Dodici al terzo... sei all'ultimo, ne rimangono? ...il resto, la mia porzione... cercherò di venderla. Aspettatemi!- argomentò Cecchino ed uscì di corsa lasciando i presenti di stucco.

Sceso nella via s'imbatté in uno sciocco chiamato mastro Francesco, e gli disse: - Vuoi comperarti sette frustate? Te le do a buon prezzo. 

Mastro Francesco, altra moneta falsa, non sapendo e, avendo visto uscire Cecchino dal castello, pensando che per essere cose esistenti nel palazzo reale dovessero convenirgli, accettò.

Salì frettolosamente le scale e quando si trovò in presenza del re e dello stalliere....

- E una e due e tre e quattro ... e sette! - concluse stanco ma felice lo stalliere.

Carico di meraviglie se ne tornò borbottando mastro Francesco; carico di ammirazione si ritrovò sorridendo il re e ... carico di quattrini e provvisto abbastanza godeva Cecchino. 

Il re, apprezzando l'intelligenza e la furbizia del giovane Cecchino, prese a volergli bene e lo nominò primo e secondo e terzo portinaio. Così Cecchino continuò a vivere, senza mai lavorare, felice e contento.

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