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  MOLLICA 

Mollica

    C'era una volta un piccolo contadino, figlio di contadino e nipote di contadino, che si chiamava Mollica. 
     Mollica odiava la zappa come il fumo negli occhi, gli sarebbe piaciuto vivere senza lavorare e...  le tentò tutte per riuscirci, ma... 

Mollica un bel giorno,  tornando da scuola, al padre contadino disse che non voleva studiare perché voleva trovare un mestiere dove non si lavorava. 

- Ma prima è meglio che ti istruisci - accennò saggiamente il padre.

- No, voglio fare il calzolaio - e insistette tanto che il padre lo accompagnò da un suo amico calzolaio perché lo avviasse al mestiere.

Erano passate alcune ore? O forse minuti? Insomma poco dopo Mollica si ripresentò dal padre e piangendo gli urlò che quel mestiere non prometteva nulla di buono perché era fatto per chi voleva lavorare.

- Ma per vivere bisogna... - tentò di ribattere il padre.

- ... e io non voglio! -  pestò deciso il piede sul pavimento e le parole nell'aria.

Il padre, troppo buono, anche questa volta chiese cosa voleva fare e anche questa volta Mollica, senza pensarci due volte, decise: 

-Voglio fare il sarto!

Fece il sarto per altri pochi minuti. Per altri pochi minuti fece il falegname e - chissà cos'altro avrebbe voluto fare se avesse avuto un po' di fantasia - alla fine accondiscese, sicuro di non voler tornare a scuola, a fare il contadino.

La vita di Mollica scorreva monotona, giorno dopo giorno: il lavoro stancava e Mollica imprecava. 

Era diventato grande quando gli morì il padre. Dopo i primi pianti e alcuni giorni, gli ritornarono in mente i vecchi sogni: vivere senza lavorare. Si convinse a tal punto di poter campare senza lavorare che si decise ad andare in cerca di fortuna. 

Un giorno appese ad un albero la sua zappa, e le sparò contro un colpo di fucile. Dopo prese un sacco di polvere, un altro di pallini, e col fucile sulle spalle si mise in viaggio. 

Camminò giorni e giorni per pianure e per monti, attraversò campi e boschi, e dopo avere consumate le provviste di polvere e di pallini, cadde nella più nera miseria. E la Fortuna? 

Ridottosi agli estremi e sfinito, stava per ammazzarsi,
quando vide lontano una torre che sorgeva in mezzo ad un folto di alberi. Nella speranza che potesse finalmente rintracciare la sospirata Fortuna, si trascinò fino a quella torre e, trovata la porta aperta, vi entrò. 

Era proprio la torre della Fortuna! Con sua meraviglia vide che nella prima stanza c'era un mucchio di monete d'oro. Sgranò gli occhi per la gioia, e senza perdere tempo si buttò sul mucchio per impossessarsene, ma... 

Proprio allora una voce, la Fortuna, gli trattenne il braccio e gli disse: "Non è roba tua, e non puoi toccarla". Rimase mortificato e deluso, e dopo un po' di esitazione passò nell'altra stanza.

Qui vide un altro mucchio di monete d'argento, più grande del primo. Subito s'affrettò per farsene una provvista, ma immediatamente sentì la voce che lo bloccò. Rammaricato  passò nell'altra stanza e cosa c'era? Una zappa. Giganteggiava su tutto. Come la vide, si turbò e volse il capo altrove, ma la voce gli disse: "Mollica, prendi quella zappa, scava profondamente il terreno, e troverai la fortuna che cerchi".

Egli prese a malincuore la zappa, a malincuore se ne tornò al suo paese, a malincuore si mise a zappare la terra, a malincuore seminò e, quando giunse l'epoca del raccolto, la gioia pareggiò i dispiaceri precedenti. Vendette il raccolto e guadagnò molto denaro. Allora capì il valore del consiglio datogli dalla Fortuna, e si convinse che il padre aveva ragione "Bisogna lavorare per mangiare" e, magari, diventare ricco.

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