approfondimento

Per necessità di guadagnare spazio, non abbiamo potuto includere la versione sonora.

Se vuoi recuperare la favola sceneggiata, fai clic

LEPRE.jpg (20392 byte)LA LEPRE E LA VOLPEAN03669_.WMF (12782 byte)

C'era una volta una volpe ed una lepre. Erano come due di famiglia. Facevano tutto insieme: cose buone e cose… poco buone. Erano, insomma, amici fidati. Un giorno che l’astuta volpe si trovò da sola pensò e ripensò e le venne di fare un brutto tiro ad un carrettiere che passava puntualmente alla data ora da Tale Punto. Si sdraiò su quella strada e, quando il traino arrivò a Tale Punto, chiuse gli occhi stese tutti i nervi del corpo e si finse morta. Il trainiere, che era un venditore ambulante di olio, quando la vide morta e stecchita pensando di utilizzare la pelle dell’animale blocco il ciuccio che tirava il carro e caricò la volpe sul carro poggiandola sopra le pelli gonfie di olio. Era contento di aver recuperato un bell’esemplare di volpe: quella pelle con il suo fulvo colore poteva arricchire il suo pastrano e quella coda, con i dovuti trattamenti del conciapelli, poteva adornare l’abito invernale della moglie. Tutto questo pensava il venditore ambulante. E, sempre dando le spalle alle pelli d’olio e alla volpe sopra di esse, interpretava quella fortuna come un buon segno per i futuri affari. Con i pensieri e le speranze, l’allegria si affacciò dalla sua bocca e, fischiettando prima e canticchiando poi, intonò il canto del carrettiere:

E io mo’ me ne vajie alla via de la funtanella
E io mo’ me ne vajie alla via de la funtanella
a trovai tre giuvene belle …. lavà li paaanni

Jià à ( con lo staffile incitava il suo dipendente a quattro zampe)

E ji me la peggjiave la chjiù belle di tuttaaaa
E ji me la peggjiave la chjiù belle di tuttaaaa
a cavallo al mio cavallo a cavallo al mio cavallo
ji me la portavo

Jià à ( tenendo il ritmo col suo staffile )

La volpe, creduta morta, dapprima aprì un occhio: spiò orientando la testa dalla parte del carrettiere, poi -sicura dei fatti suoi- aprì l’altro occhio e, prontamente con gli aguzzi denti, si dette a rosicchiare l’otre finché fu in grado di abbeverarsi di una buona parte del biondo liquido mentre una – cattiva – parte si perdeva, sgocciolando, lungo la strada.

Sazia, spiccò un salto e si perse tra l’erba dei campi. Ad un certo punto il venditore si voltò col sorriso sulle labbra a guardare le pelli e quel sorriso gli rimase stampato ma senza più gioia dentro perchè scoprì che un'otre era svuotato e che la volpe non c’era più. Era tardi ma capì l'inganno. Frustò con rabbia il suo mulo e fra sé disse: "Me l'hai fatta!" tirando avanti verso il paese.

La volpe, piena della sua bravata e di tutto l’olio bevuto, raggiunse sul tardi la sua compagna e le disse: "Ho bevuto tant'olio, che posso stare bene in salute per una settimana". La lepre, che non voleva essere da meno, domandò golosa e curiosa: "Quando? Come? E dove hai potuto procurartelo?" E quella le raccontò tutto quanto.

Allora la lepre pensò di imitarla e quando, di nuovo, passò il venditore col carico d'olio, si sdraiò per terra e finse di essere morta. Il carrettiere la vide, la raccolse sul suo traino e poi, prontamente, col coltello le tagliò le zampe. Come urlava la povera lepre, ma l’infuriato carrettiere non ebbe pietà e continuò finché, per farla smettere di urlare, con un sasso le schiacciò la testa dicendo: "Ciò che non ho fatto alla volpe, faccio a te".

Non è una storia a lieto fine? Ma accettiamola e tiriamo le somme: Fa’ il passo per quanto è la gamba? Tira il morso per quanto è la bocca? Meglio ferito che morto? Il polpo si cuoce con l’acqua sua stessa?… e?... Su, pensiamo ad altri proverbi della tradizione che vadano bene per questa storia!

Vai alla Provincia Vai all'indice

  Vai all'inizio della Favola